GLI UNTORI DEL WEB

GLI UNTORI DEL WEB

 

 

 

Il problema di oggi è che le cose accadono mentre cambiano. Si dirà che è sempre stato così, anzi in passato era anche peggio: la diffusione meno rapida dei fatti ci dava l’idea di un mondo ricostruito con materiali vecchi, con diapositive sbiadite.

Ma, comunque, i fatti erano lì, esistevano o erano esistiti, oggi sembra che ne possiamo fare a meno. Almeno questa è la tesi della autorevole rivista americana New Scientist. In questi anni di silicio e algoritmi i fatti influenzano sempre meno le nostre opinioni. Crediamo a ciò che ci piace credere. Sicché è sbagliato pensare che una verità acclarata abbia la meglio rispetto ad una bufala, magari furba e rassicurante, perché non è così. Il comico americano Stephen Colbert (anche lì hanno il loro Beppe Grillo), ha coniato una nuova parola (truthiness) che possiamo tradurre come “veritezza”, che altro non è che la spinta a credere che una realtà sia vera anche se non basata sui fatti, purché assecondi i nostri preconcetti.

Scrive Gery Palazzotto in un articolo per il Foglio: “L’avversione e il desiderio sono facce della stessa medaglia: sia che moriamo dalla voglia di qualcosa, sia che la detestiamo sempre di ossessione si tratta. Un’ossessione che tradotta in merchandising editoriale significa dare alla gente quel che la gente si aspetta..” In parole semplici: l’informazione è manipolatrice e basta.

Le bufale sono state al centro dell’incontro promosso da Renzi alla Leopolda la settimana scorsa. Che il tema sia delicato, specie per la politica, è evidente, poiché a spararle grosse, blandendo le peggiori emozioni, si vince alla grande. L’uso spregiudicato di Twitter, calpestando fatti, verità e buona creanza, ha contribuito alla vittoria di Trump.

Sempre nell’articolo citato vengono riferiti i risultati di uno studio di un gruppo di lavoro sui media dell’Università dell’Indiana: fra la diffusione di una bufala e quella di un articolo che la smentisce passano circa 13 ore. Osserva Palazzotto: “Un tempo infinito nel moltiplicarsi dei clic sui siti e social network che, con la complicità di Facebook, amplifica a tal punto l’effetto della fake news da rendere inefficace ogni rimedio”. Verità dei post e post-verità vanno a braccetto.

Per tornare alla Leopolda, l’accanimento di Renzi verso il Movimento 5S non sembra dettato solo dalla rivalità politica. Il web ha oramai sostituito piazze e giornali di carta, anche se non i treni (per fortuna incontrare la gente ha ancora un valore), quindi la rete è diventata nevralgica per le democrazie parlamentari. Renzi non ha esitato a denunciare il Movimento come untore del web, cioè l’artefice principale della diffusione in rete di panzane.

Di recente BuzzFeed, il sito americano di raccolta e diffusione di informazioni sul web, ha lanciato una campagna anti-contraffazione. BuzzFeed sembra dare ragione a Renzi, dal momento che ha scritto che il M5S è il leader nel diffondere notizie false. Non solo sul sito-blog di Beppe Grillo, ma anche sui redditizi siti satelliti, quali La Fucina, La Cosa, Tze-tze.

E’ possibile fare qualcosa per fermare questo uso distorto e pericoloso di diffondere bufale anziché notizie?

Due strade vengono suggerite: impedire che chi spaccia bufale la passi liscia, perché oggi è così nel far-west della rete. La tasca o l’oscuramento possono essere le armi opportune, meglio la prima che il secondo.

Poi, nel lungo periodo, il solito lavoro per rafforzare la capacità critica dei webernauti e la lotta ai preconcetti, stereotipi, credenze e credulità varie: vasto programma!

 

 

 

GRANDI E INDECENTI?

GRANDI E INDECENTI?

L’IRONIA DI MASSIMILIANO COME ANTIDOTO ALLA CACCIA  ALLE STREGHE QUANDO PARLIAMO DI SESSO- ECCO UNA GALLERIA DI PERSONAGGI NON IRREPRENSIBILI NELLA VITA MA CHE RIMANGONO GRANDI NELLA CULTURA O NELL’ARTE- LA COSTUMANZA, TERRA DAI CONFINI LABILI E INCERTI.

  

Ma l’opera d’arte non era sganciata dalla vita dell’artista? E dire che Marcel Proust ci scrisse uno dei suoi saggi più famosi, più di un secolo fa, il famoso Contro Sainte-Beuve.

Invece il mondo ha cambiato idea, Hollywood ha resuscitato Sainte-Beuve, è l’ultima frontiera del politicamente corretto.

kevin spacey

Kevin Spacey

E dunque, Kevin Spacey viene cancellato da House of cards, e non solo. Mai più vedremo un film con Kevin Spacey, perché è un molestatore, palpeggiava gli assistenti di studio, importunava perfino maschi minorenni. Non è più il grande attore che era? No. Non vogliamo più vederlo recitare nei film? No. Fatto fuori da tutto, gli si ritira la possibilità di ricevere premi, anzi si medita perfino di togliergli quelli passati, retroattivamente. Si è preso perfino due Oscar, indecente, non se li merita.

schiele

Egon Schiele

A questo punto, però, bisogna essere consequenziali, non possiamo fermarci qui. È sconveniente, per esempio, che continuino a essere esposti al pubblico i quadri di Caravaggio, accusato di omicidio e pure un po’ pedofilo, basti vedere i languidi giovani che posavano per lui. Accusati di pedofilia furono pure Ernst Kirchner e Egon Schiele, via pure gli Espressionisti, e già che ci siamo che dire di quel porco di Paul Gauguin che se ne andò a Tahiti per farsi le tahitiane adolescenti? Ne sposò perfino due, una tredicenne e una quattordicenne. Roba da peggior turismo sessuale predatorio. Male, quindi, pure gli Impressionisti.

CHAPLIN

Chaplin

Non dimentichiamoci di bandire immediatamente Alice nel paese delle meraviglie, in quanto Lewis Carroll fu un altro accusato di pedofilia, si faceva portare bambine nude da fotografare. Non parliamo di Charlie Chaplin, che amava e sposava minorenni (una la sposò dietro la promessa di abortire), e nelle carte processuali di uno dei divorzi si legge come trattasse la moglie «in modo crudele e inumano» e il pubblico ministero lo definì «un cane libidinoso».

PASOLINI

P.P.Pasolini

Da oggi tutti gli Charlot fanno schifo, e anche Il grande dittatore fa schifo (anche perché rispetto alle mogli di Chaplin era trattata meglio Eva Braun da Adolf Hitler), siano cancellati dalla storia del cinema. Non vogliamo certo considerare un maestro un cane libidinoso.

Spariscano subito i romanzi e i film di Pier Paolo Pasolini, il quale fu perfino espulso dal Pci per pedofilia (e Kevin Spacey, rispetto a Pasolini, è davvero un dilettante). A proposito va cancellata pressoché l’intera filosofia greca dai programmi scolastici e universitari, a cominciare da Socrate e Platone, i quali la pedofilia, oltre a praticarla, la giustificavano.

HEIDEGGER

Martin Heidegger

E Louis Ferdinand Céline, Martin Heidegger, Drieu La Rochelle? Non vorremo mica continuare a leggerli? Erano nazisti, quando non collaborazionisti. William Burroughs sparò alla moglie in testa giocando a fare il Guglielmo Tell, un femminicida, da oggi è illeggibile. Verlaine sparò al suo giovane amante Rimbaud, non lo uccise per poco, ritengo comunque sia poco opportuno continuare a stampare e leggere i suoi versi.

Ma pure Rimbaud, attenzione, finì la sua vita come mercante di schiavi, sarà mica un grande poeta? Si faccia un bel falò di Una stagione all’inferno, e vada all’inferno. A pensarci bene Rudyard Kipling era un colonialista, ci scrisse perfino una poesia diventata l’inno dei peggiori colonialisti, Il fardello dell’uomo bianco, da bruciare insieme al Libro della giungla, mi dispiace bambini, questo è il nuovo corso.

PASOLINI CARAVAGGIO

Pasolini e Caravaggio in un autoritratto

Tornando a Kevin Spacey, si è avuto perfino da ridire perché se ne stava su uno yacht con undici uomini, cosa ritenuta disdicevole, non so se per lo yacht o per gli undici uomini, in ogni caso sono cose che non si fanno e rafforzano l’idea di bandire per sempre i suoi film. Sarà opportuno pertanto non indossare più abiti di stilisti, ci vestiamo solo da Zara.

Albert Einstein

Infine non so se lo sapevate ma c’è un’altra bruttissima notizia, di proporzioni cosmiche: Albert Einstein era un grandissimo porco, e ci provava con tutte le studentesse carine, che oggi andrebbero a Le Iene a denunciarlo. Sia quindi immediatamente ritirata la teoria della relatività, lo spazio-tempo smetta di essere curvo e si torna a Isaac Newton, una persona perbene.

Articolo di Massimiliano Parente per www.ilgiornale.it

 

Ma non è finita: il Principe Azzurro non è una persona seria e il caso Weinstein finisce anche per colpire le favole. Leggete sempre sul tema quanto scrive Valentina Ruggiu per www.repubblica.it

SARAH HALL CHIEDE L ELIMINAZIONE DELLA BELLA ADDORMENTATA DA SCUOLASARAH HALL CHIEDE L ELIMINAZIONE DELLA BELLA ADDORMENTATA DA SCUOLA

E se la Bella Addormentata non voleva essere baciata? Nel Regno Unito sta facendo discutere la richiesta avanzata dalla madre di due bambini, Sarah Hall, di rimuovere dal programma scolastico della scuola di suo figlio la favola della Bella Addormentata. Dopo aver chiamato la scuola, Sarah ha espresso il suo disappunto anche su Twitter e da quel momento è nata la polemica: il caso Weinstein delle favole.

Il motivo della proprosta Sarah lo spiega in un tweet: “Fino a quando verranno presentati questi testi nelle scuole non riusciremo mai a cambiare degli atteggiamenti che oggi sono ormai radicati nei comportamenti sessuali”.

la bella addormentataPer la mamma a quel bacio manca un elemento essenziale: il consenso. Sorte che, fa notare qualche altro utente nelle risposte, è toccata anche a Biancaneve.

“Nella società di oggi non è appropriato mandare questi messaggi – ha aggiunto la mamma nei commenti successivi -. Mio figlio ha solo sei anni e assorbe tutto ciò che vede. Con lui è ancora presto per trasformare gli input in conversazioni costruttive su questo tema”.

In molti hanno criticato l’osservazione di Sarah. Lei però ha risposto prontamente a tutti spiegando che le tante storie di abusi raccontate dai media dopo il caso Weinstein e la campagna social #MeToo, l’hanno portata a riflettere sui messaggi che, anche involontariamente, aiutano a creare una cultura in cui il consenso non è considerato importante. “Le fiabe – ha spiegato la donna – dicono ai bambini cosa è giusto e cosa è sbagliato”.

BELLA ADDORMENTATA“Non credo – continua Sarah – che eliminare dalla circolazione questa fiaba sia giusto. Penso che possa rappresentare una grande risorsa per i bimbi più grandi, con cui si può fare un ragionamento più complesso e spiegare loro la questione del consenso e di come la principessa si può sentire”.

“A preoccuparmi sono i bambini più piccoli. Non chiedo molto, solo di aprire un dibattito sulla possibilità o meno di considerare queste favole adatte anche a loro”. E a quanto pare ci è riuscita.

 

IL VAGABONDO DEL MANGA

IL VAGABONDO DEL MANGA

ECLETTICO E GIRAMONDO, PLURIPREMIATO, MA SOPRATTUTTO CURIOSO- IGOR TUVERI DISEGNA  SEMPRE LA MEMORIA E IL TEMPO, STRATIFICANDO PASSATO E PRESENTE CON LA SENSIBILITA’ DELL’ARTISTA CHE SI INNAMORA DI CIO’ CHE VEDE E DISEGNA PERSONE NON PERSONAGGI.

 

“Mi piace: il suono dei geta nelle strade di Tokyo, la musica di Fats alla mattina presto, leggere Cechov quando viaggio, parlare con una bella donna e innamorarmi della sua intelligenza, i quadri di Redon esposti al buio, nei piani alti del Musée d’Orsay, la birra Sapporo bevuta nel 94 a Sendagi. La luce del pomeriggio nella mia casa di Parigi, il frusciare delle palme a Capitana, il telefono che tace, andare al mare di primavera e scrivere, Buster Keaton, capire come un artista ha disegnato una cosa, leggere le lettere, il white russian, stare seduto, immergermi in altri tempi, altri luoghi. Cucinare qualcosa, stare all’ascolto, immaginare come viveva Hokusai, perdermi, emozionarmi davanti a una bella foto, osservare i palazzi e capire chi li ha abitati.” (presentazione tratta sul suo sito ufficiale http://www.igort.com/).

 

E’ appena uscito Il vagabondo del manga il secondo volume di Quaderni Giapponesi, il diario di viaggio dedicato al Giappone scritto e disegnato da Igort, uno dei più apprezzati e importanti disegnatori italiani contemporanei. Anche questo caso si tratta di un diario di viaggio in cui Igort – che è nato a Cagliari nel 1958 e il cui vero nome è Igor Tuveri – racconta il Giappone antico e contemporaneo attraverso le storie e le opere di artisti, poeti, autori di manga e di anime, mescolate a incontri con fabbricanti di carta dei nostri giorni, sapienti buddisti e hikikomori, gli adolescenti che rifiutano il mondo e vivono isolati per anni. Il volume è una sorta di suggestivo compendio artistico e storico del Giappone, pieno di haiku, commenti su libri antichi, inserti di fotografie vecchie e recenti, raffigurazioni di miti incubi e sogni, disegni ispirati ai manga, tutto tenuto insieme dallo stile raffinatissimo, elegante e lirico di Igort.

Igort, che ha vissuto 20 anni in Giappone, racconta così la nascita del libro:

«Per anni ero tornato in Giappone, un luogo che oramai mi appariva come “casa”. Eppure quella fu la prima volta che mi abbandonai a un viaggiare senza scopo. Non c’erano appuntamenti o incontri da fare, viaggiavo per il gusto di perdermi. E forse, cominciai a capire, perdersi in luoghi sconosciuti permetteva di penetrare in stanze segrete, di un sé più profondo. Mi preparai ad accogliere quello che il viaggio avrebbe portato, come Miyamoto Musashi preparava i suoi duelli. Con la precisione che lascia la porta aperta al caso, per dare il benvenuto all’inimmaginabile»

Il vagabondo del manga è stato pubblicato dalla casa editrice Oblomov, fondata dallo stesso Igort e parte da La nave di Teseo. Si può acquistare anche una versione in edizione limitata, di cui esistono 999 copie firmate e numerate. Oltre al primo volume di Quaderni giapponesi (potete sfogliare qualche tavola qui), Igort ha pubblicato anche Quaderni russiQuaderni ucraini (di cui trovate dieci tavole qui) e Pagine nomadi.

 

 

REGIONALE VELOCE

REGIONALE VELOCE

IL RV TRENO DELLA VITA: SPORCO O PULITO, IN RITARDO O PUNTUALE, VUOTO O PIENO CHE SIA, NULLA PIU’ DEL RV RIASSUME LA PRECARIETA’ DEL VIVERE E L’ARBITRARIETA’ DEL CASO  

 

Da studente mi domandavo, durante gli indugi del pendolare, perché avevano messo il nome di accelerato ad un treno che partiva un po’ a capriccio, arrivava sempre in ritardo, si fermava in aperta campagna (inspiegabilmente, fino a quando la coincidenza con un treno che ci frecciava velocissimo accanto mi faceva capire che, come nella vita, anche fra i treni ci sono delle precedenze da rispettare). Accelerato vuol dire ciò che procede più veloce. Ma di che? Dall’omnibus mosso dai cavalli?

A metà degli anni ’70 del secolo scorso (quando nacquero le Regioni), credo per pudore, o in un attimo di sincerità, cambiarono nome agli accelerati, che divennero treni locali, cioè “roba loro”, che si arrangiassero!  Infatti i locali rimasero sempre sporchi, inaffidabili e cronicamente ritardati.

Anche sui binari, l’aggiornamento semantico segue la regola del political correct. Adesso si chiamano regionali veloci, ibridi della terza specie, che arrancano in una terra di mezzo, dove non arriva affatto la rarefazione tecnologica e sofisticata delle frecce bianche o rosse che siano o dei leprotti di Italo. Unico lusso: gli annunci anche in inglese e qualche raro display bilingue con il nome della successiva fermata. I sedili sono scomodi lo stesso. In quanto ai cessi non so, io vado prima, immancabilmente e… fino in fondo. Prostata permettendo.

Il bello dei regionali veloci è che si torna ai ritmi, agli indugi, alle incertezze di una volta: parto o non parto e quando parto? Sono i primi treni ad essere falcidiati in caso di sciopero. Per quale motivo i macchinisti se la prendano con loro è inspiegabile, dal momento che, proprio alla guida dei regionali, essi si rivedono e prendono una faccia e una voce, e un’aria di importanza. Sospetto che sui frecciarossa in cabina ci siano solo dei robot, e quelli non scioperano, anche se non è detto: se danno ai robot sentimenti umani siamo fritti!

 

Oggi ho voluto appunto tuffarmi nel passato. Non volendo tirare fuori la macchina ho scommesso che mi sarei riposato in treno senza preoccuparmi di arrivare prima (mai) o dopo (quasi sempre), certamente spendendo di meno: 14 euro per circa 120 km, cambio treno compreso. Un affare! Tanto più che, per non partire deserto, alla stazione intermedia, con qualunque ritardo arrivi, trovi sempre per la coincidenza un treno che aspetta, paziente e sonnacchioso.

Nella terra di mezzo, il regionale veloce si muove vibrando e sussultando, fra stridori di lamiere e cigolii, per lo più in campagne aperte e un poco inselvatichite, con i rami degli alberi che quasi sfiorano i finestrini, da dove si intravvedono casolari isolati, piazzali ingombri di macerie, macchine parcheggiate di fronte a case all’apparenza disabitate. Tutte cose che a 350 km orari ti sfuggono e che, adesso, invece vedi come alla moviola.

Il treno regionale veloce è un treno democratico e paritario: esiste sola una classe, la seconda. Se c’è la prima fatichi a capire la differenza, solo un po’ meno affollata. Ma non è detto, anche qui, perché a volte sale del personale trasfertista. In Tailandia mi raccontava un amico, se vai in business ti portano cuscino e stuoia di lino per rilassarti. Qui puoi dormicchiare lo stesso, i controlli sono facoltativi, e se non ricordi il codice di recupero non serve far finta di cercare nelle tasche il biglietto, in qualche modo ci si arrangia.

Il treno regionale veloce è il treno giusto per studenti, massaie con le sporte, i vu cumprà, i portoghesi. E’ anche il treno multietnico per definizione. Avete presente Cafè express  il film di Nanni Loy con Nino Manfredi ? Toglieteci i napoletani di allora e metteteci a gusto qualche slavo, qualcuno del Centro Africa, qualche cinese, è il set è pronto, meglio che al cinema. Solo i controllori, quando si fanno vedere, sono più arcigni e fanno della discesa agli inferi di una stazioncina sperduta del nullatenente (ticket) un fatto personale.

Il treno regionale veloce è frequentato da gente simpatica, che non se la tira, che con la stessa disinvoltura aiuta una vecchia a scaricare i bagagli o glieli frega.

Ecco il fascino che si rinnova sui regionali veloci: l’imprevedibilità, il caso, il Daimon che a passo lento, rallentato, ci sta sempre accanto e si fa beffa del controllore. Anche lui clandestino.

 

LELLA&FAUSTO

LELLA&FAUSTO

LIBERA E DIRETTA, GRINTOSA E ANTICONFORMISTA: COMUNISTA REO-CONFESSA: LELLA FAGNO IN BERTINOTTI RIFIUTA L’IMMAGINE DI UNA SINISTRA PAUPERISTICA E NON RINNEGA NULLA: LE BELLE AMICIZIE, LE PREGIATE COSE DI GUSTO, LE SFILATE DI MODA, IL PRESENZIALISMO SMANIOSO DI NOVITA’. 

La vorrebbero brutta, sciatta, senza cashmere e col congiuntivo debole ma Gabriella Fagno, nota a tutti come Lella Bertinotti, moglie da cinquantadue anni dell’ex Presidente della Camera Fausto Bertinotti, non ci sta. La da sempre rossa Lella, per la prima volta, apre le porte di casa sua e si racconta come non ha davvero fatto mai tra passato, presente e un futuro che mette paura anche ad una donna coraggiosa come lei.

La scelta di farsi chiamare Lella, anziché Gabriella, ha un motivo valido?

Scelta terribile di mio marito. Per via della sua erre moscia, sono stata costretta a diventare da Gabriella, Lella.

C’è ancora qualche parente che mi chiama con il nome di battesimo, ma son veramente pochi. 

E chi è Lella Bertinotti?

Lella Bertinotti è una signora grintosa, che non sa più dove collocarsi e che, ultimamente, è attraversata da pensieri che, tutto sommato, neanche condivide. Un po’ come disse anche Woody Allen.

Perché ha scelto di restare sempre all’ombra di suo marito?

Perché non avevo alcun ruolo, politicamente parlando, ed era giusto che io restassi al mio posto. L’unica posizione che avevo era quella di supportare e sopportare mio marito. 

Possibile che il mondo della politica non l’abbia mai affascinata?

La politica, nonostante abbia perso il suo appeal, resta la mia più grande passione, ma non ho mai pensato di fare altro. Io sono stata una funzionaria pubblica e sono felicissima del mio passato lavorativo.

Esistono ancora i comunisti?

LELLA e FAUSTO BERTINOTTII comunisti non esisteranno più come partito, ma nella mente di molti italiani il comunismo esiste ancora. I comunisti veri, quelli che credono e hanno creduto in quegli ideali, non moriranno mai. Che poi, se ci pensa, le ragioni per cui nacque il movimento sono sempre più attuali: l’uguaglianza e la giustizia in primis.

Che poi lei, se vogliamo, è stata il trait d’union tra la sinistra bacchettona e la destra dei salotti…

Nichi Vendola

No, nessun trait d’union! I giornalisti non fanno più il loro lavoro e, se lo fanno, non lo fanno nel modo giusto. Quando esco con mio marito, e vado a casa di amici, piuttosto che ad una mostra, a teatro o ad altre serate, è pieno di personaggi ed esponenti politici, ma mai nessuno è stato citato, nei vari articoli, come me e mio marito. Ancora oggi continuano a fotografare noi, e non gli altri. Evidentemente i comunisti non avevano, e non hanno ancora, il diritto di partecipare alle cene da amici. I comunisti non hanno il congiuntivo debole e non sono brutti e mal vestiti come vogliono certi cliché, suvvia. 

Si dice che lei sia molto amica di Valeria Marini e Marina Ripa di Meana. Strana comitiva, non trova?

LELLA E FAUSTO BERTINOTTINo, nessuna strana comitiva! Io sono una donna curiosa e molto libera. Non ho amicizie per convenienza e non sto minimamente a pensare al ceto dal quale proviene l’altra persona. Confrontarsi è l’unica cosa bella che ci è rimasta e frequentarsi tra diversi è molto stimolante. 

Suo marito, in un’intervista a Pierluigi Diaco disse: “Colpa dei cafonal di Dagospia se la mia carriera politica ha preso una piega diversa”. Lo pensa anche lei?

Certamente! Mentre noi facevamo questa cosiddetta mondanità, c’erano tanti altri politici di sinistra, ma a loro non è stato mai riservato lo stesso trattamento. Anche Nilde Iotti era una donna elegantissima, eppure non se ne è mai parlato. 

Conosce qualche leggenda sul suo conto?

C’è una leggenda, naturalmente infondata, che vede la mia persona molto influente nelle scelte politiche di mio marito. 

E non è così?

Scherza? Mio marito è incorruttibile. Potevo portargli il mio punto di vista, ma che non aveva alcuna influenza sul suo pensiero, anzi. 

E una leggenda su suo marito?

Quella del cashmere! Oggi ci ridiamo tanto, ma in passato quanto ci abbiamo sofferto…

Si spieghi meglio…

Fausto Bertinotti con Wladimir Luxuria

Mio marito era un ex sindacalista e, ai tempi, non si poteva permettere il cashmere. Sono stati anni difficili, senza contributi, e l’unico stipendio certo, se vogliamo, era proprio il mio. Quando iniziò la sua ascesa in politica aveva un solo golfino rosso di cashmere, che gli acquistai io al mercato dell’usato in via Sannio a Roma.

All’epoca, lo pagai venticinque mila lire. Questa cosa diventò una sorta di tormentone, evidentemente già ai tempi sembrava un lusso non permesso ad un uomo che parlava di comunismo, che al suo settantesimo compleanno tutti gli amici si son presentati con un maglioncino di cashmere. Non sa, ai tempi, le aziende di moda quanto erano dispiaciute di questo misunderstanding, ma quello che volevamo dire è che noi non potevamo permettercelo! Mio marito non aveva neanche il cappotto quando arrivò in Parlamento, fu proprio la casa di moda Rubinacci a regalarglielo. 

Nel 2008 spese belle parole nei confronti di Nichi Vendola. A distanza di quasi dieci anni le spenderebbe ancora?

La verità? Non spenderei più neanche mezza parola per lui.

fausto bertinotti con la moglie lellaCome giudica, da donna e da mamma, la pratica della GPA?

Faccio fatica a comprendere questa nuova pratica. L’utilizzo di una donna, a pagamento o meno, per conto di terzi mi fa orrore.  

Invece, sarebbe favorevole alle adozioni per le coppie dello stesso sesso?

Certamente! Ci sono così tanti bambini bisognosi in giro…

E al matrimonio egualitario?

Da tempi non sospetti! Qualche piccolo passo in avanti l’abbiamo fatto, nonostante l’Italia sia ancora un Paese fortemente omofobo, ma non dobbiamo accontentarci. Tra me e il mondo gay c’è un feeling meraviglioso. Entrambi avvertiamo la nostra autenticità. Conosciamo la vita e le sue mille sfaccettature e non abbiamo paura di dire quel che pensiamo. Loro sanno che, un po’ come loro, non sono mai scappata dalle mie responsabilità. 

Che poi, ripensandoci, suo marito fu il primo a portare una persona trans all’interno del Parlamento…

fausto bertinotti con la moglie lellaNon sa, ai tempi, le lotte interne al partito per questa scelta di mio marito. Io, nel mio piccolo, gli consigliai di continuare a portare avanti questa piccola, ma grande battaglia.

Che ricordo ha di Vladimir Luxuria?

Una persona deliziosa, capace, intelligente, garbata, ironica, curiosa e, soprattutto, molto preparata.

Cosa pensò quando Alessandra Mussolini le urlò in faccia: “Meglio fascista, che frocio’?

Lascio a lei l’immaginazione. Quanta ignoranza, e quanta inciviltà.

Del panorama politico nazionale, oggi, c’è qualcuno che le piace?

Ha una domanda di riserva?

Neanche qualche donna?

No, mi dispiace. 

Lei vive a Roma. La Raggi le piace?

fausto e lella bertinotti foto andrea arrigaIn tutta sincerità, guardai con una certa curiosità l’arrivo dei 5 Stelle in politica. Speravo che il voto di protesta dei cittadini portasse in Parlamento un’energia diversa, ma a quanto pare sbagliavo. Lei mi sembra una donna molto fragile e incapace di portare avanti questo ruolo.

Alle prossime elezioni chi avrà la meglio?

La mega alleanza tra Berlusconi e Renzi. È finita l’era del bipolarismo. Il vero problema, che tutti prendono sottogamba, è l’astensionismo. Come mai così tanta gente non va più a votare? Come si può restituire la fiducia persa agli italiani? Ma sembra che a nessuno interessi dare una risposta a queste due domande. Sono molto preoccupata per il futuro degli italiani.

Qualche anno fa, la cronaca rosa, aveva preso di mira la sua relazione. È vero che c’è stato un momento di crisi tra lei e l’ex Presidente della Camera?

giuseppe consolo con lella e fausto bertinottiC’è stato qualcosa, ma nulla di quello che hanno raccontato.Mio marito non è mai uscito di casa ed è sempre rimasto qui. Che poi chiamarla crisi è anche esagerato: si trattava di un classico bisticcio familiare. Pensi che avevo delle troupe televisive fisse sotto casa. Non facevano altro che chiedermi: “Ma suo marito se ne è andato?”

E lei cosa rispondeva?

“Che piuttosto che permettergli di andar via, l’avrei cacciato io!”.

Che poi qual è il segreto per far durare una relazione così a lungo?

Il segreto? Avere un progetto. E quel progetto va difeso fino alla morte. Noi resistiamo da cinquantadue anni. 

Lei è lontana dai social. Perché?

fausto e lella bertinottiHo così tante cose da fare che i social non rientrano nelle mie priorità. Ho sempre cercato di non apparire ma poi, con il lavoro di mio marito, capimmo che fu impossibile. Mi piace telefonare e pensi che sono così affezionata al confronto che detesto persino le segreterie telefoniche. E poi amo così tanto il profumo della carta e della penna… 

L’ultima lavoro di J-Ax e Fedez si chiama “Comunisti col Rolex”.

Non conosco il disco, tantomeno il testo, ma conosco gli artisti. Non capisco cosa ci sarebbe di male se un comunista avesse il rolex. Io, ad esempio, ce l’ho. Lo presi ad un mercatino Dubai a venti euro dopo una bella contrattazione, ma questo non lo scriva. Pensi che ne voleva venticinque. Io non amo le cose costose e anche mio marito, dopo aver visto lo splendido risultato del mio, ha detto: “Se ci torniamo, stavolta, lo prendo anche io!”.

Intervista a cura di Alessio Poeta per www.gay.it

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