MICHELLE E LE COMPAGNE

MICHELLE E LE COMPAGNE

MICHELE HUNZICHER, INTELLIGENTE E SENSIBILE ARTISTA, NON L’HA MIA MOLLATA PER LA CARRIERA-SE SEI SENZA TALENTO E’ MEGLIO CHE RINUNCI, ANZICHE’ SDRAIARTI SUI DIVANI- LE SUE DISAVVENTURE CON UNA SETTA DI FANATICI, I SUOI PROGETTI PER IL FUTURO

 

hunzikr e tomaso trussardi

Michelle Hunziker con Tomaso Trussardi

“Le denunce delle molestie danno un segnale importante, forte, come se voltassimo una pagina: le donne finalmente fanno squadra, hanno deciso di venir fuori, e per me, da una parte, è sicuramente positivo; dall’altra, dico sempre che è importante dire che la donna che subisce un tentativo di molestie deve alzare i tacchi e andarsene, perché altrimenti diventa corresponsabile. I molestatori ci sono, ma la donna non deve mai cedere ad alcun ricatto, anche se la cosa che sta facendo a livello lavorativo è molto importante, anche se ha paura di perdere il lavoro: non esiste nessuna ragione al mondo per subire una molestia.

È positivo perché queste attrici, queste donne di spettacolo, forse hanno dato coraggio anche alle donne nelle aziende, perché il fenomeno è diffuso a tutti i livelli: i possibili molestatori sanno che oggigiorno le molestie si denunciano e possono venire allo scoperto, e le donne hanno più coraggio. Bisogna lanciare un messaggio importantissimo: non si fa successo andando a letto con registi, fotografi, produttori.

HUNZIKERSono storie. E quelle che hanno ceduto a questo ricatto faranno molta fatica ad emergere, perché alla fine la persona che ti ha ricattato sessualmente è contento e gratificato così e non ti fa andare avanti. Il mondo del lavoro vive di numeri e di successi e la televisione e il cinema non sono diversi: se funzioni è perché hai dei numeri, perché sei brava, perché hai talento e perché quando compari su uno schermo lo buchi e la gente ti vuole rivedere. Punto.

Se ti sdrai sul divano del produttore puoi scrivere la parola “FINE” sotto la tua avventura: nel momento in cui cedi si sparge la voce che sei una di quelle che cede e non farai mai mai successo. Non bisogna cedere alle avances, mai. Neanche se ci si trova davanti al sogno della vita, perché non è così che si realizza. Se io ho subito ricatti? Hanno provato ovviamente in tutte le maniere a spogliarmi, a farmi dei ricatti di tutti i generi, ho subito avances, però io non ho mai ceduto: io volevo far ridere, volevo essere amata dalle donne e dai bambini, volevo essere un personaggio amato dalla famiglia, e avevo un’educazione di un certo tipo – da questo punto di vista ero fortunata, arrivavo dalla Svizzera con una mamma olandese, non avrei mai potuto cedere.

Alcune donne hanno criticato chi ha denunciato? Nel momento in cui ti esponi e dici la tua diventi oggetto di discussione, attaccabile, però fai muovere le cose. Facile stare nel proprio metro quadro, non dire la propria opinione e aver sempre paura del giudizio degli altri: nel caso delle ragazze, delle attrici, che hanno avuto il coraggio di venir fuori, allo scoperto, dicendo qualcosa di estremamente scomodo, hanno mosso tutto quello di cui stiamo parlando oggi. Quindi ben venga”.

A Circo Massimo, su Radio Capital, Michelle Hunziker parla così dello scandalo molestie nel mondo dello spettacolo. Intervistata da Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto, ha presentato il suo nuovo libro ‘Una vita apparentemente perfetta’, in cui racconta che per anni è stata prigioniera di una setta: “Io avevo un papà che soffriva molto di alcolismo, avevo una famiglia di origine abbastanza complicata, erano anni difficili.

MATRIMONIO MICHELLE HUNZIKER EROS RAMAZZOTTI

Michelle con Eros Ramazzotti

Questa persona era venuta a casa nostra per fare una pranoterapia, soprattutto a me perché stavo perdendo i capelli, avevo chiesto aiuto a medici e nessuno riusciva a risolverlo, e lei in due sedute con la sua abilità psicologica mi fece parlare di mio padre e mi fece ritrovare mio padre: sono stata con lui un anno, e poi è morto. Nel frattempo questa persona diventava sempre di più un riferimento: era una dipendenza. Mi ricattavano con l’amore, perché all’inizio ti riempiono di affetto e poi te lo tolgono, e anche con Dio, visto che ero molto credente. Mi davano le risposte che volevo sentirmi dire, ero una preda perfetta. Cominciammo con terapie singole poi sempre più persone vennero reclutate, facevamo gli shabbath il venerdì sera per parlare dei nostri problemi e si facevano le ‘canalizzazioni’.

C’era un codice rigoroso: niente grassi, niente sesso, niente carne, niente latticini, bisognava essere estremamente profumati, oliati di olio di rosa… era un cammino di purezza, facevano leva su questo, e predicavano l’armonia, la luce, l’amore. Poi mi hanno allontanato dai miei affetti e cominciò il periodo delle punizioni, fra cui la peggiore: ti lasciano sola, sei in crisi di astinenza di affetto, quindi l’unica cosa che vuoi fare nella tua vita è tornare da loro.  Nel libro racconto quello che è successo per filo e per segno, così spero di aiutare anche gli altri”.

Quali sono i prossimi progetti televisivi di Michelle Hunziker? “Sanremo? Se dovessero chiedermelo, ci sono. Ormai sono italiana, però vedo Sanremo con l’incanto degli occhi di una straniera: per me è ancora la festa più bella della musica italiana. Se c’è stato già qualche contatto? Non ve lo posso dire… Ius soli? Sono favorevolissima all’integrazione: vengo da un paese, la Svizzera, in cui abbiamo integrato gli italiani che arrivavano dal sud in una maniera esemplare e oggi sono una risorsa. Anche in Germania i turchi sono stati integrati e ormai sono più tedeschi dei tedeschi. È un cammino arduo, durissimo, ma se noi ci impegniamo tutti a integrarli come si deve può essere una legge importante.”

HUNZIKER                        michelle hunziker

 

Intervista di Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto per Circo Massimo – Radio Capital

SVOLTA DELLA CHIESA SUL FINE VITA

SVOLTA DELLA CHIESA SUL FINE VITA

PROTRARRE LA VITA OLTRE L’IMMAGINABILE, ANCORCHE’ POSSIBILE, NON SOLO E’ SENZA SENSO, MA VA CONTRO IL BENE INTEGRALE DELLA PERSONA-OCCORRE ASSUMERSI LA RESPONSABILITA’ CHE DERIVA DAL LIMITE DELLA CONDIZIONE UMANA, ASTENENDOSI DA OGNI ACCANIMENTO NELLE CURE

papa francescoÈ «moralmente lecito rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito “proporzionalità delle cure”». Francesco interviene sul complesso tema del “fine vita” nel suo messaggio inviato a monsignor Vincenzo Paglia e ai partecipanti al meeting regionale europeo della World Medical Association in corso in Vaticano e promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita. Ribadendo quanto già stabilito nel 1980 dalla Dichiarazione sull’eutanasia della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Papa spiega che l’aspetto peculiare di tale criterio è che prende in considerazione «il risultato che ci si può aspettare, tenuto conto delle condizioni dell’ammalato e delle sue forze fisiche e morali». Consente quindi di giungere ad «una decisione che si qualifica moralmente come rinuncia all’“accanimento terapeutico”».

Oggi, in particolare, osserva il Papa, «è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona». Serve pertanto «un supplemento di saggezza»per affrontare tali questioni.

papa francescoBergoglio guarda ai passi avanti fatti dalla medicina e dalla scienza per dare una risposta alle domande sulla fine della vita terrena che hanno sempre interpellato l’umanità, ma che oggi, annota, «assumono forme nuove per l’evoluzione delle conoscenze e degli strumenti tecnici resi disponibili dall’ingegno umano». «La medicina ha infatti sviluppato una sempre maggiore capacità terapeutica, che ha permesso di sconfiggere molte malattie, di migliorare la salute e prolungare il tempo della vita». E «oggi è anche possibile protrarre la vita in condizioni che in passato non si potevano neanche immaginare». Gli interventi sul corpo umano diventano «sempre più efficaci, ma non sempre sono risolutivi: possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute». 

Il «supplemento di saggezza» è pertanto fondamentale. Papa Francesco richiama le parole di Pio XII nel discorso rivolto 60 anni fa ad anestesisti e rianimatori: «Non c’è obbligo di impiegare sempre tutti i mezzi terapeutici potenzialmente disponibili e che, in casi ben determinati, è lecito astenersene», diceva Pacelli.

E Bergoglio insiste: «È una scelta che assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di non poterlo più contrastare». Lo stesso Catechismo della Chiesa cattolica afferma che: «Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire». Questa differenza di prospettiva «restituisce umanità all’accompagnamento del morire, senza aprire giustificazioni alla soppressione del vivere», evidenzia il Papa. «Vediamo bene, infatti, che non attivare mezzi sproporzionati o sospenderne l’uso equivale a evitare l’accanimento terapeutico , cioè compiere un’azione che ha un significato etico completamente diverso dall’eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte». 

Papa Francesco feritoCerto non sempre è facile e non è sufficiente applicare in modo meccanico una regola generale «per stabilire se un intervento medico clinicamente appropriato sia effettivamente proporzionato»: «Quando ci immergiamo nella concretezza delle congiunture drammatiche e nella pratica clinica, i fattori che entrano in gioco sono spesso difficili da valutare», osserva il Papa. Che esorta perciò ad avere «un attento discernimento, che consideri l’oggetto morale, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti».

Inoltre, non va dimenticato che nel percorso di cura e accompagnamento è il malato a rivestire «il ruolo principale», ad assumere le decisioni «se ne ha la competenza e la capacità», a «valutare i trattamenti che gli vengono proposti e giudicare sulla loro effettiva proporzionalità nella situazione concreta, rendendone doverosa la rinuncia qualora tale proporzionalità fosse riconosciuta mancante». Ovviamente tutto «in dialogo con i medici».

Anche questa è un’ardua valutazione dell’attività medica: «la relazione terapeutica si fa sempre più frammentata e l’atto medico deve assumere molteplici mediazioni, richieste dal contesto tecnologico e organizzativo». Senza trascurare il fatto che «questi processi valutativi sono sottoposti al condizionamento del crescente divario di opportunità, favorito dall’azione combinata della potenza tecnoscientifica e degli interessi economici». «Trattamenti progressivamente più sofisticati e costosi – annota Bergoglio – sono accessibili a fasce sempre più ristrette e privilegiate di persone e di popolazioni, ponendo serie domande sulla sostenibilità dei servizi sanitari». Una tendenza sistemica «ben visibile a livello globale, soprattutto comparando i diversi continenti», che è presente all’interno dei Paesi più ricchi «dove l’accesso alle cure rischia di dipendere più dalla disponibilità economica delle persone che dalle effettive esigenze di cura».

papa francescoNella complessità determinata da tali fattori, «occorre – a detta del Vescovo di Roma – tenere in assoluta evidenza il comandamento supremo della prossimità responsabile». Anzi, «si potrebbe dire che l’imperativo categorico è quello di non abbandonare mai il malato». Mai. Anche in quel momento in cui «l’angoscia della condizione che ci porta sulla soglia del limite umano supremo, e le scelte difficili che occorre assumere, ci espongono alla tentazione di sottrarci alla relazione».

Invece no: «amore e vicinanza» sono necessari «più di ogni altra cosa», «riconoscendo il limite che tutti ci accomuna». «Ciascuno dia amore nel modo che gli è proprio: come padre o madre, figlio o figlia, fratello o sorella, medico o infermiere. Ma lo dia!», incoraggia Papa Francesco. «E se sappiamo che della malattia non possiamo sempre garantire la guarigione, della persona vivente possiamo e dobbiamo sempre prenderci cura : senza abbreviare noi stessi la sua vita, ma anche senza accanirci inutilmente contro la sua morte».

papa francesco 3Proprio in questa linea si muove la medicina palliativa che «riveste una grande importanza anche sul piano culturale, impegnandosi a combattere tutto ciò che rende il morire più angoscioso e sofferto, ossia il dolore e la solitudine», sottolinea il Papa. Che chiede «pacatezza» per affrontare argomenti delicati come questi nelle società democratiche: da una parte, infatti, bisogna tener conto «della diversità delle visioni del mondo, delle convinzioni etiche e delle appartenenze religiose, in un clima di reciproco ascolto e accoglienza». D’altra parte, «lo Stato non può rinunciare a tutelare tutti i soggetti coinvolti, difendendo la fondamentale uguaglianza per cui ciascuno è riconosciuto dal diritto come essere umano che vive insieme agli altri in società».

L’ultimo pensiero del Papa è per i più deboli, coloro che non possono far valere da soli i propri interessi. «Se questo nucleo di valori essenziali alla convivenza viene meno, cade anche la possibilità di intendersi su quel riconoscimento dell’altro che è presupposto di ogni dialogo e della stessa vita associata», scrive. «Anche la legislazione in campo medico e sanitario richiede questa ampia visione e uno sguardo complessivo su cosa maggiormente promuova il bene comune nelle situazioni concrete».

Articolo di Salvatore Cernuzio per la Stampa

 

FICO FOOD

FICO FOOD

 

IN ANTEPRIMA PRESENTIAMO FICO, MEGAGALATTICO LUOGO IN CUI TUTTE LE MODE DEL BEN NUTRIRSI, FRUTTO DEL VISIONARIO CARLIN PETRINI E DELL’ABILITA’ MANAGERIALE DI OSCAR FARINETTI, SI OMOLOGANO IN UN NUOVO CREDO: SANTIFICHIAMO IL FOOD QUOTIDIANO, LASCIAMO ALL’AUTOGRILL I PECCATORI DI GOLA.

Oggi apre FICO Eataly Word, 10 ettari fra orti, allevamenti, laboratori di produzione, centri didattici, ristoranti e botteghe. Chi glielo dice a Carlin Petrini, profeta e ispiratore di Slow -food, assertore del “limite” come orizzonte filosofico e operativo, oltre il quale è tutto e solo business? (https://www.ninconanco.it/mangiare-primo-atto-politico/) Domani grande presenze politiche a Bologna e qualche assenza significativa, a cominciare da Renzi (bei tempi quelli della Leopolda!). Fico può significare per Eataly un nuovo avvio, oppure la definitiva omologazione, come Disneyland del cibo, in una catena alimentare come tante. Auguri!

 

Oscar Farinetti, patron di Eataly, piemontese delle Langhe, eclettico imprenditore dell’eccellenza a tavola

L’olandese Randstad è una delle principali agenzie al mondo di lavoro interinale. È finita nel mirino delle proteste studentesche del 13 ottobre 2017 per un progetto intitolato “Un giorno da Fico”. I ragazzi contestavano una delle novità più importanti della legge del governo Renzi sulla Buona scuola: il principio dell’alternanza scuola-lavoro, che prevede l’obbligo per gli studenti dell’ultimo triennio delle superiori di fare un’esperienza formativa – tra le 200 e le 400 ore a seconda che si tratti di un istituto tecnico o di un liceo – in un’azienda, un’istituzione, in un’associazione sportiva o di volontariato, perfino in un’ordine professionale.

Nell’elenco c’è pure Fico Eataly World, la Fabbrica italiana contadina di Oscar Farinetti – una società partecipata da Eataly World, Coop Alleanza 3.0 e Coop Reno – che aprirà il 15 novembre. La Randstad è finita sul banco degli imputati perché accusata di reclutarle manodopera gratuita.

Per capirne di più chiedo ai diretti interessati. Negli uffici dell’ex Mercato ortofrutticolo alla periferia di Bologna, negano accuse e sospetti. Spiegano che il progetto è della Randstad, si svolgerà nelle scuole e alla fine da loro arriverà solo un pugno di ragazzi, “non più di sette o otto”, e comunque “non verranno a fare i lavapiatti”.

A Bologna tutti i poteri cittadini, istituzionali e privati, sono in qualche misura coinvolti

L’amministratrice delegata Tiziana Primori dice che c’è un protocollo “sulla tutela dell’occupazione, la qualità del lavoro e la valorizzazione delle relazioni sindacali” firmato con i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil e il comune di Bologna, per “favorire la piena regolarità delle condizioni di lavoro, l’agibilità sindacale, il diritto d’assemblea e la trasparenza della filiera delle aziende presenti nel parco”. Fico, spiega, darà lavoro stabile a settecento persone, mentre altre tremila lavoreranno nell’indotto.

Ne parlo con Marta Fana, ricercatrice all’università Sciences Po di Parigi, autrice di Non è lavoro, è sfruttamento. “Bisognerà vedere quante saranno le assunzioni stabili e quanti i contratti di somministrazione, dunque precari”, dice. Fana contesta a Farinetti la “gestione politica” della nascita di Fico: “Perché la regione ha speso 400mila euro per la formazione di persone per le quali non c’è la certezza di assunzione?”. A suo parere, le istituzioni locali, guidate dal Partito democratico, non avrebbero dovuto mettersi al servizio di quello che definisce solo “l’ennesimo centro commerciale”.

Dalla Randstad rendono noti i contenuti dell’accordo con la nuova impresa di Farinetti: i dipendenti della multinazionale olandese gireranno le scuole di tutta Italia per “illustrare ai ragazzi i nuovi trend del mercato del lavoro, guidarli in un tour virtuale di Fico Eataly World e lanciare un project work” sul tema dell’innovazione nella filiera agroalimentare. Il progetto coinvolgerà 20mila studenti, appunto, e prevede 300mila ore di alternanza scuola-lavoro, ma a Fico i ragazzi ci passeranno appena una giornata, per assistere a un convegno sul tema della “Food innovation”, al termine del quale saranno premiate le scuole vincitrici.

Istituzioni, università, entusiasti
Gli studenti non sono andati molto per il sottile, accomunando Fico ad Autogrill e a McDonald’s. Ma alla Fabbrica contadina bolognese respingono anche questi paralleli. Nello staff di Fico molti hanno lavorato a Slow food o hanno studiato all’università di Scienze gastronomiche fondata da Carlo Petrini a Pollenzo, in Piemonte, molti hanno lavorato a Eataly.

L’amministratrice delegata Tiziana Primori arriva invece da Coop adriatica ed è l’anello di congiunzione tra Eataly e il mondo cooperativo. Mi riceve nel suo ufficio, dove campeggia una frase di Italo Calvino: “Se alzi un muro, pensa a cosa lasci fuori”. Su un grande tavolo di legno apre una mappa del progetto e spiega: “Questo non è un luogo dove si viene esclusivamente per comprare o per mangiare, ma per conoscere”.

Matteo Renzi e Oscar Farinetti durante una manifestazione politica alla Leopolda di Firenze

I visitatori, dice, potranno seguire l’intera filiera del prodotto. Prima di sedersi a tavola per mangiare un piatto di pasta, per esempio, saranno condotti da un “ambasciatore del gusto” a vedere un campo di grano, la macinazione in uno dei due mulini a pietra e la nascita di una tagliatella di Campofilone in uno dei tre pastifici. A supervisionare il tutto saranno le facoltà di veterinaria e agraria dell’università di Bologna.

Fico sarà un esempio dell’Italia che riparte? O è un modo furbo per capitalizzare la tendenza a mangiar bene, pulito e sano

A Bologna tutti i poteri cittadini, istituzionali e privati, sono in qualche misura coinvolti. Il comune ci ha messo la struttura, che varrebbe 55 milioni di euro. Per la ristrutturazione sono stati raccolti 75 milioni di euro di fondi privati: 15 milioni sono arrivati dal sistema cooperativo, dieci da imprenditori locali e altri 50 da casse previdenziali professionali.

Vittorio Sgarbi con Oscar Farinetti

Al progetto partecipano centocinquanta imprenditori grandi e piccoli (da piccoli artigiani a grandi consorzi come quello del Parmigiano reggiano), i ministeri dell’ambiente e dell’agricoltura, l’associazione dei borghi più belli d’Italia e l’Ente nazionale italiano per il turismo (Enit), Slow food, le università di Bologna e quella di Napoli, la Suor Orsola Benincasa .

Nelle ambizioni dei fondatori, la “Disneyland del cibo”, com’è stata soprannominata, dovrebbe attirare quattro milioni di visitatori il primo anno e arrivare a sei milioni nel giro di tre. Il sindaco Virginio Merola è così entusiasta che è andato a Manhattan per presentarla alla stampa americana sulla terrazza del Flatiron building, il grattacielo all’incrocio tra Broadway e la Fifth avenue che oggi ospita Eataly New York. Per portare i turisti che immagina diretti a frotte verso la periferia bolognese, ha annunciato un servizio di bus elettrici.

Dentro il parco
Mi portano a visitare la struttura: centomila metri quadrati, di cui 80mila coperti, percorribile a piedi o su piste ciclabili con l’immancabile carrello della spesa. Ci sono due ettari di campi e stalle con più di duecento animali, dal maiale calabrese alla pecora di Altamura, e duemila cultivar. Solo un piccolo agrumeto è coperto, per ragioni climatiche.

All’interno, 40 fabbriche contadine producono carni, pesce, pasta, formaggi e dolci. C’è anche una torrefazione del caffè. A ricordare che siamo a Bologna ci pensano una fabbrica di Grana Padano e un intero padiglione dedicato alla mortadella. Al centro ci sono un auditorium, un teatro e un cinema che sarà gestito dalla Cineteca di Bologna.

Tiziana Primori, amministratore delegato di FICO E.W.

Qui, fino all’altro ieri, sorgeva il Centro agroalimentare di Bologna (Caab), nato negli anni novanta ma progettato nei settanta. Il presidente era Andrea Segré, ex professore di politica agraria all’università di Bologna e ideatore del Last minute market, un mercato nato per recuperare e riciclare i prodotti invenduti. A quattro mesi dalla nomina, capito che il Caab languiva e non avrebbe avuto futuro, Segré aveva contattato Farinetti “per sviluppare l’idea del parco agroalimentare che da anni mi frullava nella testa”.

Fico, Bologna, 9 novembre 2017. - Michele Lapini

Fico, Bologna, 9 novembre 2017. (Michele Lapini)

Era il novembre del 2012 e, ora che tutto si è realizzato, sarà lui a presiedere la fondazione Fico, che dovrà promuovere programmi di “cultura della sostenibilità economica, sociale, ambientale ed alimentare”.

Il comitato scientifico, presieduto dall’europarlamentare Paolo De Castro, ex ministro delle politiche agricole nei governi D’Alema e Prodi, ha già messo in cantiere le prime iniziative: una giornata sulla dieta mediterranea e la creazione di un frutteto della biodiversità.

L’architetto ferrarese Thomas Bartoli ha rimesso a nuovo la struttura, salvando pure un pezzo del vecchio mercato, che non chiuderà del tutto. Bartoli è un fedelissimo del fondatore di Eataly. Mi spiega di aver mantenuto la vecchia architettura industriale ma con l’obiettivo di creare una “sensazione contadina”, creando un continuum tra l’interno e i campi, e che il suo progetto è a “cemento zero”, anzi ha recuperato due ettari “per aumentare la superficie verde”. Ma, si schernisce, “l’idea di Fico è talmente forte che la realizzazione architettonica è passata in secondo piano”.

Frantonio per olio

Una Disneyland del cibo
Tutto bene, dunque? Fico sarà un esempio dell’Italia che riparte da cibo e turismo, cioè due dei suoi punti di forza? O, come sostengono i critici, è solo un modo furbo per capitalizzare la tendenza a mangiar bene, pulito e sano, come sostiene un fortunato slogan coniato dal fondatore di Slow food, Carlo Petrini?

In un libro intitolato La danza delle mozzarelle, lo scrittore Wolf Bukowski prende di mira il modello di narrazione del cibo che parte da Slow food, e prima ancora dal Gambero rosso, per finire a Coop, a Eataly e alla sua ultima evoluzione: la Fabbrica contadina di Bologna, appunto. “Fico non è solo un parco giochi per rudi cooperatori e costruttori edili, ma è proprio una Disneyland, un mondo dove fantasia e realtà del capitale si rispecchiano reciprocamente”, scrive Bukowski, che attacca frontalmente l’ideologia di Renzi e Farinetti, improntata al marketing e all’ottimismo, in politica come al supermercato, in cui il conflitto è visto come qualcosa di anormale.

Bukowski vede in Fico la saldatura tra il pensiero di Farinetti e il capitalismo emiliano di derivazione postcomunista: una sorta di socialdemocrazia economica in una regione dove il pubblico governa e le cooperative rosse prosperano. Definisce Bologna “la città coop”, portando come esempio il fatto che nel giro di poche centinaia di metri, in pieno centro cittadino, sono nati negli ultimi anni il Mercato di mezzo, che è stato voluto dall’amministratrice delegata di Fico, Primori, e può essere considerato un prototipo del Parco, e una libreria Coop con annesso punto vendita Eataly. Tutto attorno, una teoria di super e ipermercati Coop.

I due alleati
Oscar Farinetti ci scherza, ma si intuisce che non gli va di essere contestato sia da destra sia da sinistra, di essere dipinto come un compagno e allo stesso tempo come una specie di Berlusconi nei cui negozi il quarto stato marcia con i sacchetti della spesa, come mostrava qualche tempo fa una parodia del celebre dipinto di Pellizza da Volpedo esposta all’interno di Eataly Roma. Al contrario, ci tiene a mostrare di conoscere i suoi dipendenti uno per uno. All’ingresso dell’ex Air terminal vicino alla stazione Ostiense, a Roma, si compiace dei clienti che lo avvicinano e della sua popolarità. Stringe mani e parla della qualità dei prodotti e di come diffonderli ancora di più.

Da quando quelli con il marchio Slow food sono finiti sugli scaffali di Eataly, la loro diffusione è decuplicata. La richiesta di collaborazione è arrivata pure per Fico, e dall’associazione di Petrini hanno risposto sì, pur mantenendo uno sguardo critico.

Ne parlo con Carlo Petrini, l’uomo incoronato da Time tra gli “eroi del nostro tempo”, in quanto guru di una filosofia e di un movimento nel frattempo divenuti globali. A suo avviso il problema, a questo punto, è di “governare il limite”. Spiega che qualsiasi produzione, se supera una certa soglia, diventa “invasiva”, pur se buona, pulita e giusta. Il fondatore di Slow food ritiene invece che si debba evitare il “rivendicazionismo sui prezzi”, altra critica frequente. A suo parere va bene che un alimento di qualità costi di più se tutti sono pagati meglio, dal contadino al trasportatore.

Oscar Farinetti nella versione di Benny by Libero

Sulla questione della produzione ritiene Farinetti che ci siano margini ulteriori di crescita. “In Italia ci sono 14 milioni di ettari di terreni coltivati, negli anni ottanta erano 19, anche se oggi si produce di più”, dice. Vuol dire che l’agricoltura di qualità (convenzionale a residuo zero, biologica, biodinamica, simbiotica) può svilupparsi ancora molto e puntare al mercato italiano (tuttora gastronomicamente poco educato a dispetto delle apparenze) e soprattutto a quello estero.

È su quest’ultimo punto che il patròn di Eataly ha trovato l’intesa con Coop Alleanza 3.0. Sebastiano Sardo, che ha selezionato i produttori del neonato Parco agroalimentare, dice che l’obiettivo è “creare una piattaforma dei prodotti italiani da esportare” per contrastare i cosiddetti italian sounding, il mercato dei prodotti venduti come italiani ma che non lo sono. Secondo i dati dell’Assocamerestero, l’associazione che raggruppa le 78 camere di commercio italiane all’estero, l’italian sounding ha un giro d’affari di 54 miliardi di euro, mentre l’ industria alimentare italiana si aggira sui 132.

L’accusa di monopolio
A opporsi a questo clima di consenso generale ed entusiasmo diffuso sono stati gli anarchici e gli antagonisti che il 12 dicembre 2016, mentre nell’aula magna dell’università di Bologna si presentava il progetto, hanno lanciato letame e caramelle a forma di vermi contro una coop e una pizzeria biologica di Alce Nero. Quel che contestavano era la grande illusione denunciata da Wolf Bukowski: pensare che si possa trasformare la società educandola a fare la spesa e a cucinare in maniera corretta.

I contestatori ritengono che nei padiglioni dell’ex mercato ortofrutticolo il renzismo di Farinetti si saldi con gli affari delle coop, creando un monopolio di fatto nella distribuzione e nel consumo di cibo.

Gli anelli istituzionali di congiunzione sarebbero il sindaco di Bologna Virginio Merola, già nel mirino per gli sgomberi di spazi occupati e centri sociali, e il ministro del lavoro Giuliano Poletti, ex presidente di Legacoop e ideatore insieme al governo di Matteo Renzi del Jobs act. Questo contribuisce a spiegare le proteste studentesche e lo scetticismo di un pezzo di sinistra radicale.

Al fondatore di Eataly si imputa di essere diventato il “braccio imprenditoriale di Slow food” e non gli si perdona l’infatuazione per Matteo Renzi, culminata nella partecipazione alle manifestazioni organizzate dal segretario del Pd all’ex stazione ferroviaria fiorentina della Leopolda.

Carlin Petrini

La prima volta è stata nel 2012, quando ha detto che “la politica è come la maionese impazzita e Renzi vuole rifarla da zero”. Nel 2013 l’allora sindaco di Firenze ha tagliato il nastro di Eataly Firenze e nel 2014 l’ha accolto come “l’amico Oscar”. Lui ha ricambiato dimostrando sintonia con lo spirito della Leopolda. “Questo è un posto dove ci si lamenta poco, mentre ciascuno esprime con sintesi le proprie idee di soluzione”, ha dichiarato a La Stampa.

Un anno fa, alla vigilia del referendum costituzionale del 4 dicembre che è costato le dimissioni a Renzi, fiutando il clima sfavorevole ha affermato: “Dobbiamo tornare a essere simpatici”. Un anno dopo, appare più disincantato ma non ha cambiato opinione. “Renzi è stato tradito dal suo carattere, però è onesto”, dice. Nel frattempo, a inaugurare Fico è stato invitato il più mite Paolo Gentiloni.

Articolo di Angelo Mastrandrea per Internazionale

 

L’ISOLA CHE VORREMMO NON CI FOSSE…

L’ISOLA CHE VORREMMO NON CI FOSSE…

LE IMMAGINI DI CAROLINE POWER NON PARLANO DI RIFIUTI, MA DI NOI E DI COME STIAMO DISTRUGGENDO, INSIEME, BELLEZZA E VITA- MA QUANTO POTRA’ DURARE E COSA LASCEREMO AI NOSTRI FIGLI?

 

“Pensate mai a dove finisce la plastica che usiamo tutti i giorni?”. Quella di Caroline Power non è una semplice domanda ma un invito a riflettere sulle responsabilità di ognuno circa la produzione di rifiuti e l’inquinamento che ne deriva. Qualche giorno fa la fotografa navigava al largo di Roatàn, un’isola tropicale del Mar dei Caraibi al largo delle coste dell’Honduras, quando si è trovata ad assistere a uno spettacolo spaventoso: uscita per una gita in barca si è imbattuta in una vera e propra isola di plastica. Bottiglie, buste, contenitori. Chilometri di rifiuti galleggianti – trascinati in mare aperto durante la stagione delle piogge e raccolti dalle correnti in enormi agglomerati – si estendevano davanti ai suoi occhi. Caroline ha documentato lo scempio e ha pubblicato le fotografie sul suo profilo Facebook denunciando ciò che accade in quello che un tempo era considerato un vero e proprio paradiso incontaminato e invitando più persone possibili a effettuare una donazione al Roatàn Marine Park. L’associazione si occupa, tra le altre cose, di proteggere i mari e la barriera corallina nei pressi dell’isola dall’inquinamento e dall’azione dell’uomo

Ovunque abbiamo guardato, sacchetti di plastica di tutte le forme e dimensioni: sacchetti di chip, ziplocks, drogheria, spazzatura, snack bags, altri imballaggi. Alcuni erano interi e il resto erano solo pezzi. Purtroppo molte tartarughe, pesci, balene e uccelli marini sbagliano i pezzi di plastica per il cibo.

“Abbiamo poi raggiunto un’area di circa due miglia di larghezza che aveva molte linee di spazzatura che si estendevano dall’orizzonte all’orizzonte

“C’era anche un numero apparentemente infinito di forchette di plastica, cucchiai, bottiglie di bevande e piatti. C’erano rotti palle da calcio, spazzolini da denti, tv, tante scarpe e flip-flop “.

Foto / Caroline Power

IL PAESE DEI BALOCCHI

IL PAESE DEI BALOCCHI

CHE FARE, FRA CICALE E FORMICHE, FRA CASSANDRE E INGUARIBILI OTTIMISTI? RIFLESSIONI SENZA REVERENZE O PELI SULLA LINGUA SULL’ECONOMIA ITALIANA- COSI’ LA PENSA LUCIGNOLO  

 

Strana ed interessante pulsione l’ambizione.

Etimologicamente da ambire (andare intorno, brigare), e quindi desiderio di andare ovunque, forse anche dove non si dovrebbe .

Assistiamo quotidianamente alle contorsioni dei politici, che fanno di tutto per assicurarsi la possibilità di governare, anche attraverso il cambiamento delle regole (dal latino regere, guidare diritto) che vengono invece piegate ed adattate di continuo alle convenienze particolari e contingenti.

Ma chi vorrebbe razionalmente candidarsi, sgomitare e barare per arrivare alla guida di un’impresa insolvente, destinata a fallire? Qualche giorno di inchini, seguiti da anni di fuga dai creditori defraudati e dalla rabbia dei collaboratori e dei dipendenti licenziati?

E questa Italia che  i politici vogliono governare, ovviamente per puro spirito di servizio, in che condizioni è?

Un paese con un debito pubblico al 133% del Pil , del valore di 2300 miliardi di Euro (quando la Grecia saltò nel 2009 il suo rapporto debito Pil era del 129%).

Un debito che volteggia sulle teste di tutti ma che non è responsabilità di nessuno e non è di nessuno, per cui nessuno ci pensa mai.

Un debito espresso in una valuta che non è quella nazionale ma che condividiamo con la Germania (!!!) , di modo che non potrà mai essere monetizzato dalla Banca d’Italia. Anche se lo stampare moneta creando inflazione è comunque una tassa, subdola e travisata, che grava sui creditori svalutando sostanzialmente il loro avere.

Un debito che continua ad aumentare ma di cui paghiamo solo gli interessi, e che i mercati e la finanza ( biechi, vituperati e senza cuore) continuano a rinnovarci. Un debito di cui possiamo pagare gli interessi solo perchè la Banca Centrale Europea, presieduta da un italiano, ha portato i tassi in negativo ed ha acquistato 2000 miliardi di debiti in tutta Europa per rilanciare l’economia .

Come potrebbe sostenersi il debito pubblico italiano se gli interessi, come più volte chiesto dalla Germania, fossero portati ad un livello compatibile con le economie nordeuropee che stanno vivendo momenti di massima espansione, mentre l’Italia nel momento di accelerazione del Pil mondiale cresce di un 1,3% per cento all’anno? O a contrario, come si sosterrebbe il debito se si verificasse un’altra recessione mondiale, in un contesto di avversione al rischio in cui nessuno è disposto far credito ?

Per scendere nel concreto, se i tassi fossero al 4% invece che a 0, lo Stato, semplificando molto, dovrebbe pagare 92 miliardi di soli interessi all’anno.

Ma al di là dei dati finanziari quali sono le condizioni reali dell’economia italiana e della nazione, tali da indurre all’ottimismo ?

Patuelli,Padoan,Guzzetti e Visco, durante la recente cerimonia di reinsediamento di Visco a governatore

I debiti privati forse? E cioè i crediti problematici delle banche, pari al 17% dei loro attivi, più del triplo della media europea e tali da annullarne il capitale? Banche che peraltro investono a piene mani nei BTP, certo non (ancora) classificati tra i crediti problematici.

Il numero di brevetti registrati nel nostro paese? In un mondo sempre più informatizzato ed automatizzato, ma le cui meraviglie vengono tutte ideate e prodotte fuori dall’Italia?

Il fatto che importiamo immigrazione non qualificata quando i pochi giovani  preparati per trovare uno sbocco e sfuggire alle raccomandazioni vanno all’estero, mentre i laureati che rimangono si presentano agli esami di abilitazione professionale (e quindi dopo la laurea, la pratica ed i corsi di abilitazione professionale) senza saper scrivere in italiano?

Supermario Draghi governatore BCE

Siamo così sicuri che un po’ di turismo, un po’ di moda e po’ di gusto per le cose belle (finchè dura) basteranno a mantenerci e a farci onorare i nostri debiti?

E nella vita di ognuno  questa situazione che conseguenze può avere?

Tragico nel tragico i Giudici Tutelari autorizzano ai tutori ed ai curatori degli incapaci il solo investimento in BTP (il solo non speculativo e sicuro per definizione)….

Riscattare la laurea ai fini pensionistici? La controparte e cioè l’Inps, tra dieci o venti anni sarà solvibile? In un paese con un tasso di occupazione del 58% rispetto al 70 e più dei paesi avanzati? In un paese in cui lavorano 4 persone su 10 ed in cui il discorso più comune sul treno o al bar è: “non mi lasciano ancora andare in pensione”…

Stipulare un’ assicurazione sulla vita per tutelare i propri cari ? Comporta versare i propri risparmi ad un’assicurazione la quale per costituire le sue riserve tecniche comprerà dei BTP (per definizione l’investimento più sicuro)…

Se poi qualcosa non andasse nel verso desiderato la risposta più ovvia sarebbe: “Caro Signore, Cara Signora, chi avrebbe mai potuto prevedere? Chi avrebbe mai pensato?”

Con questo articolo inizia la collaborazione di Lucignolo con il blog. Gli diamo il benvenuto.

 

 

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