SENO

SENO

 

REINTERPRETARE IL SENO, MOSTRARE I SUOI MIRACOLI-TORNARE ALLE RADICI, FRA TURBAMENTO E ABBANDONO- INSENATURE ACCOGLIENTI DOVE TROVARE PACE OPPURE SBALLOTTATI DALL’ASSILLO DEL DESIDERIO. SENO, IL NOME DI UN PRESAGIO E IL DESTINO NEL NOME.   

Sînus, che sta per sinuoso, come in effetti è. Seno. Prolungamento dell’anima che le sta sotto, se essa coincide col cuore, che poi è passione, slancio. Ma forse, appoggiando l’orecchio, potrebbe sentirsi, come da piccoli, fra una ciucciata a l’altra di latte materno, la risacca del mare, quell’onda su onda, come si fosse in un’insenatura, stesi sulla sabbia ancora calda, o addormentati. fra due barche 

Portare in seno, sta per tenere segreto, cioè nascosto perchè tutto ci appartiene, ciò che, anche quando si distacca, rimane dentro, con noi, si fa sepolto e gioca ad occultarsi. Il taglio del codone ombelicale chiude un tempo, per aprirne un’altro, indefinito e perciò infinito come l’universo in espansione.

Poppa,il richiamo è sempre al nutrimento, che infatti si chiama pappa, quando papparsi evidenzia il peccato veniale della gola, la gioia delle papille gustative, il piacere solitario e segreto, che non sprigiona odori, da cui non sprizza goccia, bensì il nutrimento fisiologico del sangue, delle viscere, condito col sale del sudore e l’apprensione dello sguardo.

Minna, zinna, mammella, tette. Seno. Nomi e nomi che non riescono a definire appieno un oggetto che si vuole misterioso, per dire la stessa cosa sempre diversa. Il seno che si fa spettacolo a pois, che spunta sul carro di Tespi della satira politica, si fa grottesco e si snatura, si dilata, si maschera,  ma seno rimane. Oppure si imbelletta nel decolletè liscio e abbronzato di mannequin che mai hanno conosciuto gravidanze o zampillato latte sulla bocca famelica di un neonato.

Seno, che si fa collettivo, un rito oleografico, che nella esposizione fasulla delle gioie della maternità perde la funzione sua reale, e i neonati  stanno lì, appesi come bambole di pezza.

Scena di Amarcord di Federico Fellini

Anche il seno ha il suo straniamento, perde allora l’intimo ardore, si fa sterile e asettico. Una parabola discendente. Ecco allora la triste teoria di seni al silicone che non sarebbero piaciuti a Fellini, che amava invece annegare i turbamenti puberali fra le poppe delle tabacchaie, morbidi cuscini senza lussuria. Quanti sono fra di noi coloro turbati nei sogni dalla propria madre che, inconsapevole, apriva chinandosi il seno profumato, un ultimo guizzo di luce e di vita palpitante, prima di spegnere la luce e dare la buona notte?

SENO, la parte per il tutto, quella più citata da tempi immemorabili, da filosofi o da guitti, con humor inglese o sapida arguzia. Detti maschilisti, spesso, di ammirazione appiccicosa, da parte di saputelli che paiono pretendere di conoscelo meglio delle donne che lo portano. Detti memorabili o aforismi, proverbi. Eccone alcuni. 

Il paradiso in terra si trova nel seno di una donna, sul dorso di un cavallo, nelle pagine di un libro.
(Proverbio arabo)    

Una donna senza seno è un letto senza guanciale.
(Anatole France)

Ringrazio Dio di non avermi fatto nascere donna. Avrei passato tutto il giorno a toccarmi le tette!
(Woody Allen)

Se un uomo ricorda il colore dei tuoi occhi dopo il primo appuntamento vuol dire che hai le tette piccole.
(Anonimo)

Sotto la quarta non può essere vero amore.
(Claudio Bisio)

Dovreste smetterla di giudicare le donne dalle tette, ché se queste cominciano a giudicarvi dalle palle, molti di voi sono spacciati.

(Anonimo)

Hai le tette, vogliono il culo. Hai il culo, vogliono le tette. Hai tette e culo, vogliono le altre.
(antofirstlady, Twitter)

Ho i piedi piccoli perché all’ombra non cresce niente.
(Dolly Parton)

Il mio seno ha una carriera tutta sua.
E sta andando meglio della mia.
(Jennifer Love Hewitt)

Quando il seno è piatto si è più vicini al cuore.
(Louis Bouilhet)

Ma forse è bene finire in poesia, e per imparzialità riportare alcuni versi di una poetessa milanese, turbata nella mente e nel cuore, che da poco ci ha lasciati, e quelli del più noto poeta spagnolo, omossessuale, antifranchista:

“Amore, il mio seno era caldo e calda la mia potenza. Hai preso il mio seno per un bivacco e hai pianto a lungo sul cuore. Infine siamo morti di sogno.”
(Alda Merini)

“Mi perderei
Nei tuoi seni tremanti
Nelle profonde oscurità
Del tuo corpo soave.”
(Federico García Lorca)

Ma come dimenticare, in chiusura, la delicatezza del Cantico dei Cantici, compreso nell’antico testamento, fra gli scritti più ispirati a noi pervenuti sul tema: 

“I tuoi seni sono come due cerbiatti, gemelli di una gazzella, che pascolano fra i gigli.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL SANTO LUPPOLO

IL SANTO LUPPOLO

 

 

I birrifici della cattolica Baviera è dal 1516 che seguono la Legge di Purezza della Birra: acqua, orzo e luppolo. Solo che quest’ultimo elemento venne inserito proprio dal monaco dello scisma

 Sdraiati su due sedie davanti a quello scorcio di Oceano Pacifico che tocca la spiaggia di Venice Beach, California, due uomini parlottavano del più e del meno di vecchie storie del passato. Un passato comune, che partiva dall’altra parte dell’Atlantico e finiva in quell’America che aveva visto nascere il primo e accolto il secondo. Un passato comune che sapeva di malto e luppolo, biondo e abbastanza alcolico da far star bene e non abbastanza da far perdere il senno. “Per i bavaresi tre cose sono sacre: Dio, la Baviera e la birra, la birra che viene prodotta in Baviera”. Lyman Frank Baum ascoltava e nulla aveva da obiettare. A parlare era Löb Strauß, che già era diventato Levi Strauss, che al Dio dei bavaresi non credeva in quanto ebreo, ma di birre se ne intendeva e con lo scrittore de Il meraviglioso mago di Oz si intratteneva per non perdere “l’abitudine al tedesco e perché, quando ero in California per il teatro, avevo piacere a stare con lui, a bere le sue birre, perfette come quelle che mio nonno faceva a Chicago, seguendo la ricetta di purezza bavarese”, scrisse sull’Aberdeen Saturday Pioneer raccontando il suo rapporto d’amicizia con il fondatore della nota marca di jeans.

 

A Monaco di Baviera esistono sei storici birrifici e una sola birra. Hofbräu-München, Paulaner, Löwenbräu, Augustiner, il birrificio più antico di Monaco – che produce birra dal Trecento –, HackerPschorr e Spaten. E’ dal 1516 che seguono la Legge di Purezza della Birra promulgata da Guglielmo IV di Baviera. Tre soli ingredienti: “Niente deve essere usato od addizionato per produrre birra che non sia orzo, luppolo ed acqua”. E un corollario di regole da rispettare per poter avere la licenza di birraio. In pratica la più antica regolamentazione nel settore igienico-alimentare che è giunta sino a noi. L’acqua era il liquido, l’orzo il corpo, il luppolo il conservante: serviva a dare stabilità alla birra in quanto, grazie agli olii contenenti nei fiori della pianta femminile, permetteva di mantenere le caratteristiche organolettiche della bevanda.

Errore. Perché il vanto della produzione bavarese, il prodotto più esportato, il simbolo della purezza della cattolica Baviera in realtà porta in sé il frutto del lavoro di una rivoluzione avviata da Martin Lutero, ossia il teologo iniziatore della riforma protestante, l’altra parte della Germania, quella che i bavaresi chiamano, con un certo sdegno Prussia.

Furono infatti Lutero e i suoi seguaci, ben prima dell’affissione delle 95 tesi riguardanti il valore e l’efficacia delle indulgenze sulla porta della chiesa di Wittenberg, a promuovere l’uso del luppolo nella birra. Per loro era un atto di ribellione contro la Chiesa cattolica che all’epoca deteneva il monopolio sul gruit, ossia un mix di erbe amaricanti, utilizzato per la produzione di diverse bevande tra le quali la birra. Il gruit era tassato, utilizzato dalla chiesa come fonte di ricavi. Il luppolo tra queste però non compariva in quanto, essendo un’erba infestante, era considerata dalla chiesa bavarese immonda, priva di ogni qualsivoglia nobiltà d’utilizzo.

Lutero entrò nel monastero agostiniano di Erfurt nel 1505, nel 1507 fu ordinato sacerdote. Fu proprio a Erfurt che i suoi studi teologici incontrarono la produzione della birra. E in questo settore, prima ancora della svolta sul rapporto tra Dio e uomo, iniziò a diventare un esempio da seguire. I suoi studi sull’utilità del luppolo partirono da Erfurt, Turingia, e raggiunsero la Baviera. Fu proprio l’Augustiner, birrificio fondato nel 1328 dai monaci agostiniani, il primo a inserirlo la tra gli ingredienti della birra. Birra che divenne in poco tempo la più apprezzata non solo dal popolo, ma soprattutto dalla corte del Ducato. Gli stessi che qualche anno dopo, pur di preservare la birra dalle possibili contaminazioni, ne ha redatto una Legge di Purezza.

E così per paradosso, mentre il cattolicesimo della Baviera veniva difeso dall’invasione protestante, mentre la Baviera diventava la roccaforte di una fede messa in discussione in tutte le altre parti di quella che secoli dopo diventerà Germania, mentre la Baviera si ergeva a strenuo difensore della fede, portava in grembo, la prima rivoluzione di Lutero. Quella del luppolo.

Articolo di Giovanni Battistuzzi  per www.ilfoglio.it

 

WONDER

WONDER

IL FILM GIUSTO PER GIUSTI: A NATALE TUTTI PIU’ BUONI- COMMUOVIAMOCI DAVANTI AL GRANDE SCHERMO CON JULIA ROBERTS E OWEN WILSON E TANTI PICCOLI ATTORI SIMPATICI E BRAVI.    

 

WONDERPreparate i fazzoletti, perché la gentilezza, soprattutto di questi tempi, è un’arma infallibile. E la gentilezza associata ai bambini è un’arma ancora più infallibile. Arriva anche da noi, forte del successo americano inaspettato e clamoroso, 109 milioni di dollari in cinque settimane, questo commovente e riuscitissimo Wonder, diretto da Stephen Chobsky, già autore del non dimenticato Noi siamo infinito nonché sceneggiatore della Bella e la Bestia disneyana.

WONDERIl film, tratto dall’omonimo romanzo del 2013 di strepitoso successo scritto da R.J.Palacio, e interpretato da un megacast perfetto, Julia Roberts e Owen Wilson come genitori amorevoli, Izabel Vidovic come la sorella maggiore con qualche problema, e Jacob Tremblay, il bambino di Room, come protagonista nel ruolo di August Pullman detto Auggie, il bambino con una terribile deformazione facciale, sommerge lo spettatore di buoni sentimenti e di sensi di colpa, ma è anche molto divertente.

WONDERQuesto, grazie anche al lavoro che Chobsky e i suoi sceneggiatori, Jack Thorne e Steven Conrad, fanno sul testo originale, ma anche grazie alla cura del regista nel dirigere gli attori bambini, c’è anche il Noah Jupe di Suburbicon come Jack Will, il miglior amico di Auggie, e nel continuo capovolgere le situazione più drammatiche vissute dai piccoli protagonisti in situazioni di commedia. Saranno i loro sguardi, la loro gentilezza a far accettare a Auggie se stesso.

WONDERGiustamente è stato scritto che non è un film sul dolore del vivere con una malformazione, addirittura facciale, che è poi quella di Auggie, proprio mentre sta affrontando i suoi primi giorni di scuola nella pur democratica e civile New York, adorato e protetto dalla sua famiglia, quanto su quello che noi stessi, più o meno “normali” scegliamo di vedere.

WONDERSe Auggie, per non affrontare lo sguardo degli altri bambini su di lui, sceglie di guardare in basso, vedendo le loro scarpe, gli altri bambini, poco a poco, si rendono conto di poter convivere con lui vedendolo in un modo diverso, da un’altra angolazione. Se la meraviglia, il wonder del titolo, è il carattere di Auggie e la sua capacità di portare gli altri bambini a vederlo in modo diverso e quindi a migliorarsi umanamente, la meraviglia è anche il sentimento di pace e di unione tra persone diverse quando si rendono conto che tutto questo è possibile.

WONDERPer questo il romanzo e il film sono costruiti sì attorno a Auggie, che è una sorta di sole rispetto ai componenti della sua famiglia, ma dando spazio soprattutto alle voci esterne, il suo amichetto Jack Will, la sorella Via, l’amica della sorella, ecc. Ognuno di loro ha una serie di problemi che in qualche modo la presenza eccessiva di Auggie contribuisce a far esplodere, ma anche a curare.

WONDERE ognuno di loro cerca di spostare lo sguardo del mondo su di sé, giocando sulla forza magnetica di Auggie come freak. Anche se giocato con un bel po’ di zuccherume e di effettoni, Wonder rimane un film intelligente e benissimo costruito che si lega benissimo a Noi siamo infinito. E i piccoli attori, da Jason Tremblay a Noah Jupe sono magnifici. In sala dal 21 dicembre.

Articolo di Marco Giusti per Dagospia

 

 

 

 

 

DAI MATTONCINI AI QUANTI

DAI MATTONCINI AI QUANTI

DAI MATTONCINI AI QUANTI FRA SCIENZA E FANTASCIENZA– RESTANO UN REBUS I FONDAMENTI DEL MONDO: I QUANTI SONO CONCENTRATI DI ENERGIA CHE CAMBIANO DI NATURA, SI INFLUENZANO MUTANDO, ANCHE SE LONTANISSIMI, E DI CUI NON SIAMO IN GRADO DI STABILIRE, CONTEMPORANEAMENTE, VELOCITA’ E POSIZIONE

 

ALL’ ISTITUTO DI FISICA DI FRASCATI UN CORSO SPIEGA LA MECCANICA QUANTISTICA E LE SUE APPLICAZIONI PARLANDO DI FILOSOFIA  

 

La meraviglia di fronte alle cose, la capacità di provare stupore per la bellezza e il mistero del mondo: questa è l’origine della filosofia secondo il grande filosofo greco Aristotele. Nella Metafisica si legge infatti: “Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole o degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell’intero universo”.

Da insegnante di filosofia con la passione per la scienza, devo dire che è stato proprio il sentimento della meraviglia a dominare il mio animo mentre attraversavo il cancello d’ingresso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Frascati alle porte di Roma che, in lontananza, appariva placida e sorniona.

Qui a Frascati le fonti della meraviglia non si ritrovano solo nell’infinitamente grande (lo studio degli impressionanti fenomeni cosmici, dall’evoluzione delle stelle ai buchi neri e alle onde gravitazionali) bensì anche nell’infinitamente piccolo, mediante lo studio profondo della materia e dell’energia: stiamo parlando di livelli di misura incredibilmente piccoli, livelli in cui opera la fisica delle particelle, ossia dell’ordine di 10ˉ34 m (scala di Planck), dove ci appare un mondo assolutamente sorprendente, con fenomeni che divergono radicalmente dalla nostra esperienza quotidiana della realtà. Ed è proprio per conoscere la teoria fisica che si occupa di spiegare i sorprendenti fenomeni subatomici, che sono partito dalla lontana e assolata Gallipoli per arrivare a Frascati, fiore all’occhiello della ricerca scientifica italiana: si tratta della meccanica quantistica.

La meccanica quantistica è la teoria fisica che, insieme alla relatività di Albert Einstein, ci consente di dare una spiegazione abbastanza soddisfacente di tutti i fenomeni che osserviamo in natura, dal comportamento delle particelle subatomiche più piccole (per esempio i quark) fino alle stelle e alla loro evoluzione più estrema (per esempio i buchi neri). La fisica quantistica è un campo molto difficile e complesso, ma allo stesso tempo anche molto misterioso e affascinante; uno dei suoi grandi fondatori, Niels Bohr, osservò infatti: “Se ti sembra di aver capito la fisica quantistica, allora non hai capito niente!”. Eppure la fisica dei quanti ha trovato (e trova) un grande riscontro sul piano sperimentale e, in effetti, permea di sé buona parte della nostra vita quotidiana, ma spesso non ce ne rendiamo pienamente conto: senza di essa, per esempio, non potremmo fare una risonanza magnetica nucleare quando abbiamo un problema di salute, non potremmo usare il laser quando andiamo dall’estetista o dal dermatologo, non potremmo scrivere al computer né fare una telefonata dal nostro cellulare, non parliamo poi di cucinare col forno a microonde o guardare la televisione! Insomma, senza la meccanica quantistica la nostra vita sarebbe piuttosto diversa da come siamo abituati a percepirla; e nemmeno sul piano strettamente scientifico riusciremmo a capire granché di elettronica, di chimica moderna, di scienza dei materiali e nanotecnologie.

Frascati sorge sui Colli Albani, attraversata dalla via Tuscolana e in posizione dominante rispetto a Roma, gode di un clima prettamente mediterraneo con un paesaggio collinare molto simile a quello toscano, punteggiato di oliveti, vigneti e sopiti casali. L’INFN si inserisce discretamente in questo contesto, con laboratori avveniristici e sempre in piena attività, intervallati da verdi prati su cui crescono, rigogliosi, lecci, lentischi, pini marittimi, in un’atmosfera amena e rilassante che sicuramente favorisce la riflessione intorno alle tematiche più profonde della fisica moderna. C’è davvero bisogno di calma e concentrazione per affrontare i tre giorni di corso: sono pienamente consapevole che la meccanica quantistica è un “osso duro” perché presenta una struttura matematica molto complessa che si coniuga con una visione della natura decisamente astratta e lontana dal modo ordinario di percepire le cose. So che da docente di filosofia parto in condizione di svantaggio rispetto ai colleghi di matematica e fisica, ma non importa, non voglio scoraggiarmi! e decido di affrontare il corso con la mente aperta e curiosa, con la passione verso la conoscenza di concetti nuovi, di modi diversi di vedere la realtà, inconsueti e sorprendenti, come se si trattasse di studiare e risolvere un affascinante mistero. E mi sovvengono le parole intrise di curiositas proferite da Guglielmo da Baskerville, il frate detective protagonista de Il nome della rosa di Umberto Eco: “Mio buon Adso, non dobbiamo farci influenzare dalle farneticanti voci sull’anticristo ma dobbiamo affrontare i problemi come se dovessimo trovare la soluzione a un complesso enigma”. Dopotutto, mi dico, ciò che più conta per un docente di filosofia, al di là degli aspetti tecnici (matematici), è proprio la Weltanschauung (come dicono i tedeschi), la “visione del mondo”, il guardare al mondo da una prospettiva nuova, e questo, a mio avviso, è l’unico modo per ridare “vigore” a una ricerca filosofica che ormai da molti anni in Italia giace esangue sulle secche di uno storicismo autoreferenziale e inconcludente. Qui all’INFN di Frascati scopro un mondo inaspettato dove scienza e filosofia traggono sostegno e vitalità l’una dall’altra e riscoprono le loro radici comuni: la contrapposizione fra le due culture, umanistica e scientifica, qui non esiste ma sono spontaneamente portate verso il dialogo! D’altro canto, la meccanica quantistica presenta una natura profondamente filosofica dalle conseguenze concettualmente straordinarie, a cui la filosofia dovrà necessariamente aprirsi. In effetti, fin dall’inizio, molti sono i filosofi che sento citare nei vari interventi che si dipanano lungo i tre giorni del corso: da Anassimandro a Democrito, da Aristotele a Newton, da Leibniz a Kant! Alla fine del XIX secolo la maggior parte degli scienziati e dei filosofi appariva convinta di essere vicino alla comprensione dei principi fondamentali della Natura. La meccanica di Isaac Newton e l’elettromagnetismo di James C. Maxwell sembravano in grado di spiegare ogni fenomeno naturale, dal movimento dei corpi nello spazio al comportamento delle cariche elettriche, e l’intero universo risultava sempre più un grande “meccanismo” caratterizzato da dinamiche chiare e deterministiche. La comunità scientifica sembrava sul punto di realizzare il grande sogno di Pierre S. Laplace, secondo il quale se fosse stato possibile, in un dato istante, conoscere tutte le forze agenti in natura e la posizione di tutti i corpi che in essa si muovevano, allora avremmo potuto calcolare con precisione matematica tutta l’evoluzione dell’universo da quel momento in poi, indefinitamente!

Tuttavia, a uno sguardo più attento non poteva sfuggire che all’interno di tale “paradigma classico” di tipo meccanicista si stavano profilando difficoltà e contraddizioni difficilmente razionalizzabili nell’ambito della fisica classica. La termodinamica, ad esempio, pervenendo all’individuazione di fenomeni irreversibili si collocava al di fuori di tale paradigma, fondato invece sulla reversibilità e riproducibilità dei fenomeni e degli esperimenti. D’altronde, anche gli studi sui fenomeni elettrici e magnetici creavano non poche difficoltà all’impostazione classica in quanto ammettevano l’esistenza di una forza (elettromagnetica) di natura completamente diversa da quella meccanica. Maxwell poi, mediante una serie di storiche equazioni, sul finire dell’Ottocento, aveva unificato elettricità e magnetismo all’interno della nozione campo elettromagnetico. La luce stessa appariva come un fenomeno elettromagnetico dalle caratteristiche ondulatorie: si riapriva, pertanto, la vexata quaestio concernente il rapporto dualistico fra la teoria corpuscolare della luce sostenuta da Isaac Newton e quella ondulatoria sostenuta da Christiaan Huygens.

Se tali problematiche hanno certamente preparato il terreno per la crisi della fisica classica e l’avvento della fisica quantistica, è stato lo studio approfondito dell’atomo quale costituente fondamentale della materia a segnare l’inizio della rivoluzione quantistica. Da questo punto di vista la meccanica quantistica costituisce certamente la più grande trasformazione che la scienza ha subito nel XX secolo e rappresenta, ancora oggi, nei suoi principi fondamentali, la teoria essenziale per capire cosa avviene nella materia a livello subatomico: il mondo atomico risulta profondamente diverso dalla realtà che sperimentiamo quotidianamente con i nostri sensi; i costituenti ultimi della materia sono governati da una intrinseca dualità: si comportano sia come particelle che come onde; energia e materia sono equivalenti e non rappresentano un processo continuo bensì discontinuo. E’ stato il fisico tedesco Max Planck a comprendere la sostanziale discontinuità che caratterizza sia la materia che l’energia, e proprio a lui dobbiamo il temine “quanto” (da cui quantistico) ovvero “pacchetto di energia”, l’entità elementare di tutti i processi naturali, dai quark alle stelle.

Pertanto, tutte la particelle che costituiscono gli atomi, ossia gli elementi di cui siamo fatti noi uomini e tutta la natura, si compongono di pacchetti concentrati di energia definiti “quanti” che si comportano sia come corpuscoli che come onde a seconda delle situazioni sperimentali: corpuscoli, come dimostrato da Einstein nel 1905 con l’esperimento sull’effetto fotoelettrico che portò all’individuazione dei fotoni o “quanti” di luce; onde, come dimostrato da Clinton Davisson e Lester Germer nel 1927 con l’esperimento sulla diffrazione degli elettroni passanti per una doppia fenditura. Uno dei primi fisici a comprendere pienamente tale duplicità (un vero e proprio dualismo onda/corpuscolo) della materia e ad associare un’onda a ciascuna particella è stato il francese de Broglie nel 1924; l’anno successivo il tedesco Erwin Schrödinger ha descritto in termini matematici le proprietà della vibrazioni d’onda mediante la funzione d’onda ψ: questa contiene tutte le informazioni dinamiche di un sistema fisico.

Last but not least, per completare la “stranezza” del mondo dei quanti apprendo che vi sono ancora due ingredienti davvero stupefacenti. Il primo: quando si cerca di reperire informazione sulla posizione e sulla velocità di una particella subatomica (ad esempio un elettrone) ci veniamo a trovare di fronte a una sorta di aut-aut: quando proviamo a determinare la sua posizione siamo costretti a trascurarne la velocità; viceversa, quando proviamo a determinarne la velocità perdiamo di vista la sua posizione. Si tratta, in altri termini, della natura indeterministica e probabilistica del mondo quantistico, riassunto in modo straordinariamente efficace dal principio di indeterminazione di Werner Heisenberg: “non è possibile stabilire con esattezza e contemporaneamente due variabili quali posizione e quantità di moto di una particella”. Inoltre, occorre sottolineare che tale indeterminismo non dipende dai limiti dei nostri strumenti di misurazione, si tratta piuttosto di una caratteristica intrinseca alla materia!

Il secondo ingrediente, forse quello più straordinario e paradossale, è strano anche nel nome: entanglement. Per comprendere il fenomeno dell’entanglement (intreccio) immaginiamo di far interagire due particelle subatomiche (ad esempio due elettroni) per un certo periodo di tempo per poi procedere alla loro separazione, collocando una di esse dall’altra parte dell’universo. Se ora modifichiamo lo stato fisico della prima particella, quella collocata dall’altra parte dell’universo subirà la stessa identica modificazione nel medesimo istante! Sembra fantascienza ma in realtà non lo è affatto, ci sono esperimenti scientifici, come quelli effettuati presso il Caltech di Pasadena in California nel 1998, che hanno dimostrato la presenza oggettiva dell’entanglement, ossia la capacità delle particelle di comunicare fra loro trasmettendo ed elaborando informazioni in modo istantaneo, a dispetto del principio di località classico secondo il quale “ogni azione su un sistema non può cambiare la realtà fisica di un altro sistema separato spazio-temporalmente dal primo”.

Quindi, come abbiamo osservato più sopra, il mondo dei quanti, che è poi il mondo reale in cui viviamo quotidianamente, è molto diverso e infinitamente più sorprendente rispetto a quello a cui i nostri sensi ci hanno abituato: dietro il velo di Maya si cela una realtà estremamente più complessa e meravigliosa che, grazie alla scienza e alla tecnica, stiamo imparando a conoscere.

Tra oggetti che possono trovarsi in stati ben distinti nello stesso istante, corpuscoli e onde; fra oggetti che possono influenzarsi a distanza in modo immediato; il tutto descritto da una fisica che si muove in un contesto indeterministico e che può fare previsioni semplicemente probabilistiche ma con importanti successi tecnologici: insomma, se Aristotele potesse sedere sulle comode poltrone della grande sala delle conferenze, qui all’INFN di Frascati, non avrebbe alcun dubbio: la filosofia nasce proprio dall’osservazione di questo meraviglioso mondo della Natura!

Articolo di Massimo Stevanella, che con questo lavoro inizia la sua collaborazione con ninconanco.it

L’autore insegna filosofia nei licei ed è autore del libro La scoperta scientifica e la sua logica, Mimesis editore, 2012

DICONO CHE TUTTI I GIORNI…

DICONO CHE TUTTI I GIORNI…

 

 

Dicono che tutti i giorni dobbiamo mangiare una mela per il ferro e una banana per il potassio. Anche un’arancia per la vitamina C e una tazza di thè verde senza zucchero per prevenire il diabete. Tutti i giorni dobbiamo bere due litri di acqua, anche se poi espellerli richiede il doppio del tempo che hai messo per berli.

Tutti i giorni bisogna bere un Actimel o mangiare uno yogurt per avere gli indispensabili bacilli L. Casei Defensis, che nessuno sa bene che cosa cavolo siano, però sembra che se non ne ingoi per lo meno un milione e mezzo tutti i giorni, finisci per vedere sfocato.

Ogni giorno un’aspirina per prevenire l’ictus, e un bicchiere di vino rosso contro l’infarto, più un bicchiere di bianco per il sistema nervoso, ed uno di birra che già non mi ricordo per cosa era, forse la memoria. Se li bevi tutti insieme, ti può provocare un’emorragia celebrale, ma non ti preoccupare, poiché non te ne renderai neppure conto.

Tutti i giorni bisogna mangiare fibra, molta, moltissima fibra, finché non riesci a evacuare un maglioncino.

Si devono fare tra i 4 e i 6 pasti quotidiani, leggeri, senza dimenticare di masticare 100 volte ogni boccone. Facendo i calcoli, solo per mangiare se ne vanno 5 ore. Ah, dimenticavo, dopo ogni pasto bisogna lavarsi i denti. Ossia, dopo l’Actimel e fibra lavati i denti, dopo la mela i denti, dopo la banana i denti, e così via… finché ti rimarranno 3 denti in bocca.

Bisogna dormire 8 ore e lavorare altre 8, più le 5 per mangiare fa 21. Te ne rimangono 3, sempre che non ci sia traffico. Senza dimenticarti di usare il filo interdentale, di massaggiare le gengive e di fare il risciacquo con Listerine.

Secondo le statistiche vediamo la tele per 3 ore al giorno. Già, non si può perché tutti i giorni bisogna camminare almeno mezz’ora, facendo attenzione a tornare indietro dopo 15 minuti, sennò la mezz’ora diventa una. Bisogna mantenere le amicizie, perché sono come certe piante, da innaffiarsi tutti i giorni. E bisogna pure tenersi informati, leggendo almeno due giornali e un paio di articoli di riviste, per una lettura critica. Ah, importante, si deve fare l’amore tutti i giorni, però senza cedere nella routine. Bisogna essere moderni, creativi e rinnovare la seduzione. Bisogna avere il tempo per spazzare per terra, lavare i piatti, i panni, e non parliamo se hai dei figli o magari un cane.

Insomma, per farla breve, i conti danno 29 ore al giorno. Non c’è niente da fare: devi fare varie cose insieme. Si chiama multitasking, non c’è altra soluzione! Per esempio, ti fai la doccia con acqua fredda e con la bocca aperta, così almeno ti bevi i due litri canonici. Mentre esci dal bagno con lo spazzolino in bocca e fai l’amore (tantrico) con il compagno/a che nel frattempo guarda la TV e ti racconta, mentre tu lavi il pavimento. Ti rimane una mano libera? Chiama i genitori o qualche amico. Dopo aver chiamato i genitori, avrai senz’altro bisogno di un goccio di vino per tirarti su.  Il Bio Puritas con la mela te lo può dare il partner, mentre si mangia la banana con l’Actimel, e domani fate il cambio.

Adesso ti lascio, perché tra lo yogurt, la mela, la birra, il primo litro d’acqua e il terzo pasto con la fibra, già non so più cosa sto facendo. Mi è venuta la confusione mentale. So che devo andare urgentemente in bagno. Così ne approfitto per lavarmi i denti. E, se mi rimangono due minuti liberi, invio una copia di questo messaggio ai miei amici, che devono essere innaffiati come una pianta. Se avessi già mandato questo messaggio, chiedo perdono. E’ l’Alzheimer che, nonostante tutte le cure, non sono ancora riuscito a debellare.

 

 

 

Testo di autore/ce ignoto/a, pervenuto dal web e che volentieri ospito per l’humor inglese che ha. 

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