Fiction e illusioni

26 Ott 2015 | 0 commenti

Preti buddisti in preghiera

Preti buddisti in preghiera

 

Scriveva G.G. Marquez, premio Nobel per la letteratura: “ La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”.  Quali sono le implicazioni fra i percorsi di crescita personali e le narrazioni che ne facciamo? Giovinezza, amore, delusioni, successi, fallimenti richiedono davvero una storia intimamente legata al processo con cui costruiamo noi stessi?  Per rispondere devo contraddire quanto riportato in asserto al blog, secondo il quale saremmo un… nulla pieno di storie.

Luciano Vassalli nella Bassa

Luciano Vassalli nella Bassa

Sebastiano Vassalli, di recente scomparso, scrivendo questa frase la pensava come il prete buddista circa l’illusione dell’individualità che rende l’uomo infelice. Siamo schiavi di una narrazione, quella del Sé (chiamiamolo come vogliamo identità, carattere, personalità ,anima, ecc.) di cui dubitiamo l’esistenza; una ingegnosa invenzione occidentale che proiettiamo nel tempo, un sé che desidera essere qualcosa di reale, anche se ci costa fatica o sofferenza. I sostenitori della tesi del bisogno narrativo sono molti. I romanzi non sono altro che una sofisticata risposta a questo bisogno, anzi più la nostra esistenza si complica, più si acuisce l’esigenza di storie complesse e roboanti .

Tim Parks in una foto di Basso Cannarsa

Tim Parks in una foto di Basso Cannarsa

Ciò spiega, fra le altre cose, il successo di Facebook e Twitter, ma anche perché essi, un iper-uranio per ghostwriter semplificatori, non sembrano appagare mai.  Le storie in cui rispecchiarci e di cui abbiamo bisogno, sono fatte di parole che – come osservava Tim Parks nella lettura ad alta voce fatta al recente Bookcity di Milano- denotano realtà naturali, ma soprattutto parole che si portano dietro intere narrazioni. Qualche esempio? Dio, diavolo o angelo, fantasma , i nomi di tutte le “teorie” che ci servono per spiegare il mondo, ecc. Parole inventate- come sono tutte le parole- ma che sono esse stesse racconti.

Jonathan Gottschal

Jonathan Gottschal

L’istinto di narrare è un bel libro scritto da Jonathan Gottschal, pubblicato in Italia da Bollati-Boringhieri. Vi leggiamo: “ la mente umana ha bisogno di narrazione. Elabora racconti persino quando dorme in quelle libere fiction autogestite che sono i sogni, di cui è spettatore e regista”. Può il “racconto” costruirci una realtà assolutamente falsa e illusoria della nostra vita? E’ un rischio che la scuola dell’esperienza può aiutarci ad evitare, ma è sempre meglio che ridursi a pensare che l’individualità sia una illusione, a meno di non essere quel prete buddista che prima si diceva.

 

In evidenza foto di Ales Andresi

 

 

 

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