Ho davanti tre libri

17 Mag 2015 | 0 commenti

Lo scrittore Mario Tobino

Lo scrittore Mario Tobino

Ho davanti tre libri. Uno di Mario Tobino, l’autore di Per le antiche scale e Le libere donne di Magliano, scrittore che nessuno ora ricorda più. Il libro si intitola Due italiani a Parigi ed è dato per romanzo. In realtà è un resoconto di viaggio edito nel 1954. “Libro vitale e curioso” dice la copertina; a me è sembrato viceversa un libro disorganico, sgangherato, che tenta maldestramente di dipingere Parigi come città peccaminosa, popolata di licenziose donnine, su sfondi come Pigale, l’Opéra e le  Follie Bergères, ridotti a pantomima grottesca. D’accordo, Tobino usciva dal Fascismo, ma uno sforzo maggiore per dipingere una Parigi che non fosse un bordello di cartapesta  se lo poteva permettere.

 

Fabio Poggiali, scrittore e cineasta

Fabio Poggiali, scrittore e cineasta

Il secondo libro, è frutto della devozione di un attore verso la Compagnia dei Giovani, tale Fabio Poggiali. La Compagnia (fondata nel 1954 e sciolta nel

1970), fu una presenza centrale nel teatro italiano di quegli anni, per la grande professionalità e il coraggio delle messe in scena. Io stesso studente nel 1965/70 a Torino accorrevo squattrinato ( per fortuna come claque, strategicamente piazzata in platea o sui  palchi del piccolo e glorioso Carignano, in cui allora si entrava da una bussola di legno, da cui vidi un pomeriggio sbucare radiosa Valeria Moriconi, attrice marchigiana allora in auge) a vedere i Sei personaggi o il magnifico Giuoco delle parti. Poteva venirne fuori un interessante affresco di quegli anni che vanno dal primo dopoguerra e quelli del miracolo italiano. Ma, anche questo libro, se si escludono le interviste adoranti a De Lullo, Falk, Guarnieri, Valli ecc. non dice molto, essendo l’accostamento di scritti disomogenei e non filtrati secondo un progetto, un’idea che non fosse una cronologia o un elenco di fatti.

Il terzo è una marchetta editoriale del Mulino di Bologna al socialista Antonio Giolitti, si intitola Lettere a Marta, ricordi e riflessioni. L’intento è dichiarato nel titolo. Che la nipote Marta si sia divertita o abbia appreso qualcosa dal libro ne dubito. Si tenta di ordinare lo scritto con capitoli dal titolo ambizioso, quasi si trattasse di un libro di uno storico. In realtà sono riflessioni extra vaganti, brani di lettere scritte o ricevute nel corso delle lunga carriera politica del nipote del più famoso Giovanni. Il libro si ferma alla fine degli anni ottanta e Giolitti, nonostante il pessimismo caratteriale, non si mostra consapevole né della fine del comunismo, né della caduta del Muro di Berlino, né spende parole (magari critiche, visto che Giolitti era lombardiano e quindi della sinistra socialista) per la parabola craxiana, allora nelle sua fase di ascesa.

Antonio Giolitti con Giorgio Napolitano

Antonio Giolitti con Giorgio Napolitano

Giolitti chiude il libro con un pensiero sulla “sinistra europea” citando lo scritto dello storico Francois Guizot del 1956, un modo come un altro di guardare indietro credendo di guardare avanti.

Questi tre libri li ho cercati dopo avere letto di loro incidentali citazioni sul Domenicale del Sole 24 Ore, insieme alla sottolineatura della loro statura memorabile .

Ho avuto così la conferma: di marchetta in marchetta, di citazione in citazione, credo che nessuno degli articolisti questi libri li abbia mai avuti fra le mani.

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