Il colore della carta da zucchero

20 Apr 2015 | 0 commenti

Ci sono delle cose, magari piccole e marginali, sulle quali vale la pena riflettere, con altrettante domande: ad esempio, perché il colore della carta da zucchero, quando era ancora comprato sciolto, era rigorosamente di quel celestino tendente al grigio che i più vecchi ricordano?

Vi siete mai chiesti perché negli abiti delle donne le asole sono opposte a quelle degli abiti maschili? Quale può esserne l’utilità, ancora oggi poi?

La forma strana che ha la prua delle gondole, così sbilenca, da dove nasce, da un’esigenza di navigazione per via di un solo remo che manovra? O cosa?

L’elenco lo potete continuare voi, resta il fatto che parecchi aspetti del nostro vivere quotidiano, modi di fare, di costruire, modi d’uso sono dati per scontati, restano immutati nel tempo, senza apparente ragione sottratti al vento della moda, al mutare dei gusti e degli usi, all’avanzare della tecnologia.

In quanto agli oggetti, una spiegazione può essere legata al fatto che alcuni di essi hanno nel tempo raggiunto una forma ideale, cioè rispondente pienamente ai fattori ergonomici più ampi. Pensate alla forma dell’uovo e a quella di un cucchiaio: sono forme perfette e sintesi definitive, in cui il materiale e il disegno sono un tutt’uno con il concetto logico-funzionale che ne sta alla base. Idea e materia si sono in un certo modo “inverate”.

Quanto agli usi, va fatto un diverso ragionamento, nel senso che l’elemento tradizione o credenza o costume hanno un maggior peso che non la funzionalità, per cui i motivi del permanere di usi “superati” vanno ricercati al di fuori dell’uso stesso, magari nella inerzia della dimensione sociale o economica tipica di molti paesi che non definirei statici o arretrati, ma semplicemente più ricchi di storia e complessi in quanto a stratificazione culturale.

Pensate che, in alcuni paesi del Sud d’Italia, pienamente emancipati o evoluti, se due giovani non intendono o possono celebrare sponsali con i plebiscitari inviti, hanno ancora in uso di fare la “fuitina”, atto a volte semplicemente enunciato, ma che ha di per sé un potere esimente e gode ancora di riconoscimento e approvazione sociale.

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