Il museo della Merda

29 Apr 2015 | 0 commenti

Museo-della-cacca

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CAPOLAVORI DI MERDA! DALLO SCARABEO STERCORARIO A PLINIO: A PIACENZA NASCE IL PRIMO “MUSEO DELLA MERDA”: UNA GRANDE METAFORA DELL’UMANITA’ – IL PRECEDENTE DI “MERDA D’ARTISTA” BY PIERO MANZONI

A Castelbosco (Piacenza) nasce il primo Museo della merda: tutto merito di Gianantonio Locatelli, l’Andy Warhol del Grana Padano, un imprenditore agricolo col pallino per lo sterco e per l’arte – Gabinetto di curiosità contemporaneo, il museo trova il suo principio guida “nella scienza e nell’arte della trasformazione”… Siamo nella merda, ma non precipitiamo. C’è merda e merda, e da quella vera possiamo solo imparare: è la promessa del Museo della Merda inaugurato ieri in quel di Castelbosco, provincia di Piacenza. Le cose sono andate così: nell’azienda di Giangiacomo Locatelli ci sono 2500 bovini iperefficienti (bovini padani, mica extracomunitari, direbbe Salvini), che producono 300 quintali di latte e soprattutto 1000 quintali di sterco al giorno. Una produzione talmente massiccia da aver creato problemi strutturali al pregevole castelletto tardogotico confinante con le stalle. Ma come canta il poeta, se dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fiori, e non solo. Trasformando e riciclando quella cascata di nitrati Locatelli ha ricavato prima di tutto quei fertilizzanti naturali di cui oggi, con i terreni resi esausti dai concimi chimici, si risente una gran necessità; poi energia alternativa attraverso un innovativo sistema di digestori; infine, diversi materiali da costruzione.

Il mattone realizzato con il 90 per cento di sterco e il 10 per cento di argilla ha fatto furore tra i creativi, al recente Salone del mobile. Evoluzione della biomeccanica, ricerca agraria, antropologia: mancava solo il luogo adatto per raccontare l’incompresa natura della cacca, la sua propensione naturale a dare stimoli (e produrre metafore), la sua avventurosa capacità di rinascere nelle forme più insospettabili; da qui, la decisione di ristrutturare il castello tardogotico, ovviamente a partire dalla cloaca originaria, di riscaldarne le sale del piano terra – sempre grazie al letame – e di trasformarlo in museo. E siccome da sempre chi dice merda dice anche arte, altre sale ospitano una breve ma significativa storia delle creazioni umane in materia. Ci sono gli scarabei buongustai già venerati dagli antichi Egizi, una documentazione fotografica sulla Capanna villanoviana di sterco e paglia dei Giardini Margherita di Bologna, una serie di installazioni di artisti contemporanei; chi prende spunto dalle ricette farmaceutiche descritte da Plinio il Vecchio nelle Storie Naturali, chi dai batteri luminescenti che nutrendosi proprio di quello si irradiano di luce verde, fino alla celebre scena del Fantasma della libertà di Luis Buñuel in cui i convitati siedono e conversano amabilmente davanti a una tavola con le mutande calate, ognuno seduto sulla sua tazza, e se sono sorpresi dal bisogno di mangiare chiedono scusa, si alzano e vanno a chiudersi in uno sgabuzzino.

Mancano alcune celebrità assolute, come la Merda d’artista di Piero Manzoni e le Merde Portafortuna di Osvaldo Licini, ma non è detto che non arrivino in futuro. Il Museo della Merda, che inaugura da maggio le visite al pubblico (orari e informazioni sul sito museodellamerda.org ), è in evoluzione costante come la materia a cui è dedicato. Guai a sottovalutare il fattore M. Mai come di questi tempi quello che è presentato come oro si rivela merda; a Castelbosco vogliono dimostrare che è vero anche il contrario.

Nanni Delbecchi Il Fatto quotidiano 28.5.205. Tratto del sito Dagospia

Immagine in evidenza: Piero Manzoni: merda d’artista

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