LA TORRE DI BABELE

30 Dic 2016 | 0 commenti

 

 E’ passato sotto traccia, ma da noi avviene sempre più spesso, il discorso che il Papa ha fatto ai vescovi in occasione del Natale. Eppure quanto succede Oltretevere dovrebbe suscitare ben altro interesse perché è in atto un braccio di forza fra conservatori e innovatori, destinato ad influire, nei prossimi decenni, ben oltre la sfera religiosa, anche nella vita civile.

Bergoglio ha colto l’occasione per lanciare in plenaria un severo monito a quanti recaltricitano: le resistenze, ha scandito Bergoglio, sono di tre tipi. Ci sono quelle aperte che nascono spesso dalla buona volontà e dal dialogo sincero. Quelle nascoste dei cuori impauriti o impietriti , le parole vuote del “gattopardismo” spirituale. Ed infine le resistenze malevole, che germogliano in menti distorte e si presentano quando il demonio ispira intenzioni cattive, spesso “in veste di agnelli”, ha scandito: Questo ultimo tipo di resistenza si nasconde dietro le parole giustificatrici e, in tanti casi, accusatorie, rifugiandosi nelle tradizioni, nelle apparenze, nelle formalità, nel conosciuto, oppure nel voler portare tutto sul personale senza distinguere tra l’atto, l’attore e l’azione.

Un attacco duro e circostanziato, rivolto in particolare a quel gruppo di cardinali che hanno apertamente contestato le posizioni del Papa e che spingono senza troppi timori reverenziali perché egli riveda le sue posizioni.

Testa d’ariete dei contestatori è, ancora una volta, il cardinale americano Raimond Burke, uno dei quattro firmatari della richiesta di chiarimenti dottrinali sul documento papale Amoris Laetitia, inoltrata a Bergoglio a settembre.

Una vicenda scivolosa, apparentemente secondaria, che però si trascina tribolata, serpeggiando nel magma dell’opposizione al Pontefice. I quattro cardinali vedendo che il Papa ha scelto di ignorare la loro richiesta di spiegazioni, hanno affidato a Burke l’incarico di inviare una specie di ultimato. Burke intervistato da un sito  americano – Lifesitenews –  ha tracciato un limite temporale oltre il quale, a suo dire, è necessario ottenere risposte.

Si aspetterà fino “a dopo Natale, e qualche tempo dopo l’Epifania”.  Poi solleciterà un chiarimento, con un atto pubblico e ufficiale che potrà spingersi fino alla richiesta di correzione del Papa dei suoi errori dottrinali in materia di fede. Un atto di aperta ostilità, inquadrabile, grosso modo, in uno scontro conservatori-progressisti.

Ricordiamo che i quattro cardinali – Raymond L. Burke, Walter Brandmuller, Carlo Caffarra, Joachim Meisner – avevano formalmente espresso a Francesco cinque “Dubia” (dubbi), che riguardano sia la discussa questione della comunione ai divorziati risposati, sia soprattutto il valore delle norme morali riguardanti la concezione della vita cristiana sui quali si intravedono errori nell’impalcatura della dottrina cattolica.

 L’atto formale di correzione di un Papa è qualcosa di rarissimo nella vita della Chiesa. Pare abbia avuto un solo precedente nel 14esimo secolo, sotto il pontificato di Giovanni XXII, quando questo Papa fu pubblicamente sfidato dai cardinali, dai re, dai vescovi e dai teologi a smentire che le anime dei giusti fossero ammesse alla visione beatifica dopo la morte, invece che insegnare che questa visione è rimandata fino alla risurrezione generale della fine dei tempi.

Cardinale Raymond Burke, statunitense

 In punto di morte il pontefice ritrattò, affermando di essersi espresso esclusivamente come teologo privato, senza impegnare il magistero che comunque deteneva. Benedetto XII (1335-1342), eletto papa dopo la morte di Giovanni XXII, chiuse la questione con una definizione dogmatica.

 Ora si tratta di vedere se l’ultimatum del cardinale Burke è una dichiarazione fatta sopra le righe, oppure se ha veramente intenzione di portare avanti un iter che tecnicamente richiederebbe la totalità dei cardinali e, inevitabilmente, la messa sotto accusa del pontefice per la difesa della retta dottrina.

I quattro cardinali dovrebbero tenere ben presente una cosa che certo non ignorano: la ricchezza di voci, di orientamenti, di opere e testimonianze che arricchiscono la Chiesa devono poter conservare un fattore comune, un baricentro dogmatico che tutto riassuma e governi, pena la dissoluzione. La vera torre di Babele deve ancora venire?

 

 

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