L’APOCALISSE DI CARTA

18 Nov 2016 | 0 commenti

ESISTONO VERE ALTERNATIVE AL SI’ NELLA CONSULTAZIONE DEL 4 DICEMBRE? NON NE VEDO, SE RESTIAMO NEL MERITO E NON TRASFORMIAMO IL REFERENDUM IN UNA RESA DEI CONTI, IN UNA GUERRA DI PALAZZO. COSI’ LA PENSA GEPPETTO.

 

Geppetto

 

Il 4 dicembre al referendum voterò sì. L’ho deciso nel merito, cioè guardando il testo delle modifiche, meglio sarebbe dire studiandole, in particolare il famigerato art. 70. Fatelo anche voi collegandovi al sito http://documenti.camera.it/leg17/dossier/pdf/ac0500n.pdf, dove il testo attuale e le modifiche sono messe a confronto. Lettura che dà qualche brivido, lo convengo, ma non è una novità che le leggi in Italia siano scritte con i piedi; mi sembra di risentire l’ammonimento del mio professore di diritto costituzionale a Napoli. Soppesando pregi e difetti, ma soprattutto davanti alla certezza che le cose, in caso di vittoria del No, resterebbero quelle di oggi, ho deciso per il SI’.

Ma non mi agito troppo in vista del 4 dicembre, non sarà un’apocalisse. In un caso come nell’altro, la partita non è quella che fa vincere un campionato. Il Sì servirebbe almeno a non correre il rischio di finire squalificati, perché dopo la vittoria di  Donaldone –one-one Trump in USA, il mondo si è rimesso in moto e l’Italia con i problemi di sempre, l’immutabile classe dirigente (si fa per dire), la sua cultura strapaesana, arruffona e mariuola, è sempre lì, ferma come una statua di sale.

A Matteo Renzi va riconosciuto il merito di averla voluta la riforma, ma con parecchie sviste, contorsioni ed errori non solo tattici, che forse saranno la causa della sua “ruina” per dirla con l’altro toscano, il fiorentino Machiavelli. E con la sua un po’ anche la nostra.

Il presidente del Consiglio Renzi

Il presidente del Consiglio Renzi

La c.d. personalizzazione era una trappola comunicativa inevitabile, dal momento che un governo è sempre chiamato in causa. Renzi doveva capirlo ed esporsi meno, non dico derubricare la cosa, ma spendersi di più per il lavoro e lo sviluppo, la scuola e la famiglia. Avete presente la spending review? Chi ne parla più? Eppure gli italiani la cinghia se la sono stretta, magari da soli. Ecco, una cosa così! Avrebbe dato meno armi ai conservatori inveterati, annidati a sinistra come a destra, ad accademici e legulei spersi nella ragnatela dei loro sofismi, e soprattutto avrebbe evitato il micidiale “combinato disposto” fra riforma costituzionale e legge elettorale. Tutto fiato per la spompata opposizione interna al PD, già agonizzante e ora ringalluzzita, pronta a caricare a testa bassa. Vai tu a spiegare, all’elettore risentito e demotivato, al bauscia milanese o al caruso siciliano, che anche la residua libertà di scrivere nella scheda il nome del deputato del proprio collegio nel 25% dei casi gli viene sottratta, perché l’avete già deciso voi! (sono i 155 deputati eletti con sistema proporzionale). Per la restante parte, eletta col maggioritario, ça va sans dire.

Si dirà, questa è politica, così controlli mezza Camera dei Deputati. Renzi, magari insufflato da Alfano e Verdini, questa idea sul proporzionale l’ha fatta sua. Errore imperdonabile! Per due vecchi arnesi come Alfano e Verdini, adusi al manuale Cencelli e alle liturgie della palude parlamentare “senza vincolo di mandato”, si tratta di un peccato veniale, un modo per tirare avanti. Hanno famiglia e sono circondati da nani e ballerine, bisogna capirli. Ma per Matteo è un peccato mortale. Soprattutto è una visione vecchia… e per un rottamatore, come diceva Toto, ho detto tutto!

Renzi e Zagreblensky nel confronto a La7

Renzi e Zagreblensky nel confronto a La7

L’ascesa, prima di Grillo, oggi di Donaldone-one-one sono le ennesime riprove che la politica politicante non tira, non tirano i partiti. Il consenso prende altre vie che non gli apparati, magari quelle di un cinguettio su twitter o un sms. Le istituzioni sono vecchie, in alcuni casi marcie, e le controlli col carisma, la visione strategica, la popolarità delle politiche, il consenso legato alla visibilità di un dialogo diretto, semplice e comprensibile a tutti. Modello plebiscitario? Forse, non è il migliore, andrebbe evitato, ma…..? Alla gente piace la semplificazione elementare, cioè: sapere chi decide e cosa decide. Misurare le cose che si fanno e come si fanno, non gli annunci, le mediazioni, le burocrazie, il giovane puledro che è battezzato cavallo quando entra in aula e poi ne esce asino e invecchiato.

Le revisione costituzionale semplifica perché elimina (male, ma chissà a quali compromessi e mediazioni il testo ha dovuto piegarsi per conservare i numeri); elimina (in parte, purtroppo) il ping-pong fra due Camere fotocopia; definisce (male, ma ci tenta) cosa spetta allo Stato e cosa alle Regioni. Ridurre i tempi ed evitare liti continue nel contendersi l’osso che è rimasto dell’Italia, mi sembrano ragioni più che sufficienti per il Sì.

Ci sarebbe voluto più coraggio e, magari, i numeri che mancavano alla maggioranza di governo, per una riforma vera, incisiva e coerente, ma accontentiamoci del possibile perché dell’impossibile si muore.

 

Massimo Dalema e Matteo Renzi

Massimo D’alema e Matteo Renzi

Un’ultima domanda: esistono poi vere alternative al Sì in questa consultazione? Non ne vedo, se restiamo sul quesito da votare e non trasformiamo il 4 dicembre in una resa dei conti, in una guerra per bande per la presa del Palazzo. A meno che D’alema, Bersani, Brunetta e compagnia cantando non vedano un’alternativa nel facinoroso Salvini, nella pruderie verginale di Grillo (vorrei,…. non vorrei,… forse non posso), nella destra sbandata che officia strillante il crepuscolo del suo capo e fondatore ( il No di F.I. è veramente contro natura!). Se è così quelli per il No dovrebbero dirlo, per chiarezza se non altro. A futura memoria, almeno di quelli che fra di loro sopravvivranno.

 

 

 

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