MAURIZIO, LO SGUARDO DISSONANTE CHE INCANTA

4 Giu 2016 | 0 commenti

 

LE IMMAGINI DI MAURIZIO FIORA SULLA NATURA E LE COSE-COME RIUSCIRE AD ASTRARRE INSEGUENDO FORME E LUCI-EQUILIBRIO ED ELEGANZA NELLA METAMORFOSI DEL QUOTIDIANO TRASFORMATO IN ICONA. 

 

 

Maurizio Fiora

Maurizio Fiora

Incuriosito dalla macchina fotografica fin da ragazzo si è ritrovato a fare di mestiere l’avvocato. Ma più che stare nella sala delle udienze, maggiore piacere trova a guardare il mondo attraverso l’otturatore di un obiettivo. Dopo una serrata insistenza, da un cassetto tira fuori alcune immagini e me le invia. Ora siamo qui a parlarne, davanti ad un calice di prosecco, sotto un cielo grigio, osservando  oltre i vetri il via vai indaffarato nella piazza.

Il tratto distintivo di Maurizio Fiora è la gentilezza dei modi, un poco impedita della stazza imponente. Sembrerebbe Apollinaire redivivo se non fosse per una certa flemma del  nostro, sconosciuta al poeta francese, più damerino e presenzialista. Maurizio Fiora parla volentieri di come cattura le immagini. Non c’è premeditazione, un piano di lavoro, solo la fiduciosa attesa che qualcosa si affacci davanti al suo obiettivo. Non qualcuno?- gli domando. Infatti, nelle sue istantanee non c’è una persona, un volto. Le persone lo affascinano, confessa, molto, ma la posa è complicata, e rubarle al volo suscita reazioni non prevedibili. Meglio la natura, gli oggetti inanimati. Chiedo se quando punta l’obiettivo ha in mente qualcosa, un risultato. Sì, risponde, ho in mente le foto studiate dei grandi fotografi, o quelle dei quadri visti nelle gallerie che ho visitate. Parla con competenza di arte astratta, di come il suo gusto estetico, i chiaroscuri, le proporzioni, l’accostamento dei colori facciano da filtro alle immagini. Lo scatto arriva solo quando questi elementi si ricompongono secondo quell’equilibrio che ha in mente. Parliamo di Helmut Newton, di Steve MCCurry, di Annie Leibovitz, di Sebastião Salgado.

Newton lo trova troppo coinvolto nello star-sistem, cosa che lo rende estetizzante. McCurry, bravo, ma lo cucinano ogni mese in ogni parte del mondo e  in tutte le salse, con qualche avvisaglia di rigetto negli spettatori. Salgado è un maestro, che padroneggia in pieno la dimensione sociale. Gli chiedo se ha visto Il sale della terra, cinedocumentario a lui dedicato di Wim Wenders. Mi fa: Quel genere di fotografia è la più impegnativa, la più faticosa, ma è l’unico genere che rimarrà, se non altro perché è lo specchio di quelle storie e di quella gente. 

helmut_newton_bergstrom_over_paris

Helmut Newton: bergstrom over Paris

 

steve mcCurry

Foto di Steve McCurry

 

leibovitz

Annie Leibovitz ritrae Meryl Streep

 

salgado

Foto di Sebastião Salgado

 

Ma parliamo delle sue foto. Quando Maurizio Fiora gira per le città, le strade o i quartieri, preferisce soffermarsi nelle periferie, nei punti poco frequentati o abbandonati, ad osservare le cose che conservano la memoria del passato, o recano i segni dell’uso che ne ha fatto l’uomo. Anche quando la città è una grande metropoli francese, come in questa serie di foto in bianco e nero.

Un deposito locomotive lo attrae perché espone la sua storia, leggibile e aperta; in esso si colgono i segni del tempo che, come nella foto Locomotive, trasformano in pelle rugginosa le vecchie lamiere. La scansione dei tre piani è studiata con cura, il bianco della carta strappata esalta e rivela una profondità indefinita (sembra quasi un lavoro di Burri), mentre la superficie arrugginita a sinistra è trasformata dall’obiettivo quasi fosse un terreno lunare, cosparsi di puntiformi crateri. 

 

Locomotive

Locomotive

Lo stesso gioco di profondità evocate sulla superficie piana tripartita abbiamo con la foto La nuage arriere la tente. Il titolo è suggestivo e poetico e dimostra la capacità di astrazione dalla sorda materia, che pare alleggerirsi, catturando luminosità e riflessi di luce. L’eleganza della composizione sta nell’equilibrio dei chiaroscuri e in quella tenda, molto pittorica e materica, che sembra ripiegata con cura e non dal caso.

La nuage arriere la tente

La nuage arriere la tente

Il bianco e nero di La Vie arriere le mur, rotto da un cielo perlaceo sul qual sventola come un pennacchio un esile albero, rimanda a certe atmosfere metafisiche. La solidità del primo piano, fortemente sagomato, contrasta con l’immagine instabile della montagnola che rompe l’orizzonte, creando insieme un contrasto di superfici e di significati.  

 

La Vie arriere le mur

La Vie arriere le mur

Il gioco delle ombre di A l’ombre serve al fotografo per uscire dalla solidità dei corpi e dalla precisa scansione delle superfici, per evocare cose e oggetti non definibili, volutamente sfumati. Un muro basso in primo piano, un altro che si staglia chiaro e possente, rotto da un rettangolo scuro in cui si indovina una inferriata. La composizione sembra un Sironi in bianco e  nero, per la enigmatica e statica evocazione del paesaggio. 

A l'ombre

A l’ombre

L’immagine di Les murs de Menton porta questa cifra stilistica alle estreme conseguenze e ad un felice esito compositivo. La scena viene ritratta libera da una semplice lettura naturalistica, peggio riproduttiva. Infatti, il muro rievocato nel titolo non si vede, al più si intuisce; il segnale stradale in primo piano ha cessata la sua funzione, per diventare puro segno iconografico; i fori, sottratti dalla coltre dell’ombra, tracciano un cerchio che sarebbe piaciuto a De Chirico, quasi fosse quello di un tirassegno. 

Les murs de Menton

Les murs de Menton

Possiamo sinteticamente quindi dire che, in questo suo lavoro in bianco e nero, Maurizio Fiora dimostra di sapere sapientemente astrarre e ricomporre ciò che è sotto il suo obiettivo. Riutilizzare ciò che c’è e nello stesso tempo assegnare alle cose, alle loro relazioni, un significato diverso, a volte poetico a volte spiazzante, è una delle caratteristiche più significative e personali del giovane fotografo.

 

Le mur oublié

Le mur oublié

A questa serie di fotografie, più lontane nel tempo, possono essere accostate alcune istantanee a colori, colte al volo girando per le strade. Ancora una volta l’occhio di Maurizio Fiora non si sofferma sulle persone o i volti, ma è attratto degli oggetti inanimati, magari buttati alla rinfusa su una bancarella. Questa volta non c’è traccia(apparentemente) della cura della forma, del sapiente gioco delle luci e del contrapporsi delle superfici. La casualità della costruzione, se non il disordine, conservano però alle immagini lo stesso effetto un poco straniante che abbiamo visto prima.

 

 

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Whatever the occasion never forget to wear your red lipstick

Whatever the occasion never forget to wear your red lipstick

Alla serie può essere accostato Scarlet bolts, una delle foto più belle. Il gioco delle ombre, che esalta il rosso scarlatto, diventa raffinatissimo. La scansione con la quale i bulloni si dispongono (stavo per dire sulla tela) è perfetta. Le loro ombre sono proiettate in direzioni diverse, così l’asimmetria delle superfici in ombra: elementi che non si spingono fino a rompere l’equilibro dell’immagine, che resta compatta, ma introducono in essa una dissonanza visiva. Ancora una volta quello che c’è e si vede, sotto l’obiettivo del fotografo, sembra astrarre a simbolo di qualcosa di diverso.   

 

Scarlet bolts

Scarlet bolts

Veniamo infine alle foto sulla natura. Qui il gioco dell’astrazione diventa più difficile, forse impossibile. Ma Maurizio Fiora non si perde d’animo, ne’ viene meno il suo sguardo acuto per forme e colori. Ecco allora alcuni scatti in cui il gioco diventa quello non di reinventare ma di penetrare fino a cogliere la bellezza e l’armonia della natura come intimo elemento comune fra chi guarda e cosa è guardato. Si sente l’occhio amorevole e delicato di chi penetra l’intimità delle cose oltre le apparenze per coglierne la vera essenza. E’ il particolare destinato a dare il giusto segno alle cose: magari una foglia rossa su una foglia verde, o una ingiallita che spicca sulle altre perché impreziosita da gocce di rugiada che sembrano gemme. Le sfumature delle composizioni, dal turchese dell’acqua su cui foglie rossicce galleggiano, al verde marcio, sfumato fra seppia e terra di Siena, prima che dall’obiettivo sono colte da una sensibilità non comune, come dimostra di avere Maurizio Fiora con questi suoi lavori.    

 

 

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