FRA CASSANDRE E GUFI

FRA CASSANDRE E GUFI

 

IL CAMMINO DEI FUNAMBOLI GIALLOVERDI: DAL DECRETO DIGNITA’ ALLA MANOVRA DEL POPOLO, POI TOCCHERA’ AL TEAM MANI DI FORBICE.  PROSSIMA L’ABOLIZIONE DELLA POVERTA’. COSI’ LA PENSA GEPPETTO

 

Castore e Polluce, cavalieri gialloverdi, scalpitano indomiti, sordi a invettive, moniti e richiami dei soliti gufi e varie Cassandre. Vediamo perché, cercando di capire se dietro le mosse di Salvini e Di Maio ci sia una strategia, oppure è solo la sventatezza e l’inesperienza a muovere i passi degli apprendisti stregoni (che sarebbe peggio, meglio non augurarselo).

Le stroncature ad alzo zero di tutta la libera stampa alla nota di aggiornamento del DEF, erano scontate. Scontate, ma poco credibili, perché fatte prima ancora di conoscere i dettagli della manovra- dove di solito si nasconde il diavolo- e non solo computando i fatidici decimali. La stampa estera, in particolare tedesca e il solito N.Y.T., non poteva mancare al coro delle critiche. Ma lì siamo in pieno capitalismo delle finanziarie e multinazionali disinvolte ed esentasse, e ci sta.

Pare che chi conta(va) in Italia, fra piazzale Fochetti, via Monterosa, via Solferino e il Lingotto, oltre a esibire il petto e a “non avere paura” come il PD domenica a Roma, non sembra aspettare altro che la marea dello spead, tifando per il downgrading delle agenzie di rating o confidando nella bocciatura della Commissione UE.

Unica certezza, nel momento in cui scrivo, è che bocciata o meno la manovra, Castore e Polluce hanno già vinto la battaglia che sta loro più a cuore: le elezioni europee.

Infatti, se la U.E. boccia, apriti cielo! La campagna elettorale è bella che fatta, senza nemmeno esporre al ludibrio la faccia un po’ ebra di Junker.

Se non boccia? Ve l’avevamo detto, cazzo!…bisogna alzare la voce, battere i pugni!! E chi se ne frega!, ripeterà con insolita grazia e moderazione il ministro degli Interni. Che potrà fare campagna elettorale nello Stretto di Messina, in vedetta dei “negher” .

Ha fatto scalpore l’apparizione notturna sul balcone di palazzo Chigi di Luigino di Maio. Non è quello delle adunate oceaniche di Palazzo Venezia, ma.. alla sinistra al caviale è piaciuta poco. Per la verità, a me il ragazzo è sembrato più simile a Petrolini, quando si rivolge al pubblico che, prima che apra bocca, lo subissa di BRAVO!! GRAZIE!, BRAVO!!

Castore e Polluce sono un po’ sboroni, vivono molto di slogan e selfie, o comparsate esemplari, come quella di Di Maio sull’aereo “di Renzi”, sono immersi in una realtà allargata la cui narrazione sconfina oramai nei toni mitici ed eroici. Per loro è un po’ come attraversare le colonne d’Ercole, bisogna capirli. Altro che stanza dei bottoni. Insomma, sono “uno dei nostri”, stanno contro il Palazzo, col Popolo, la vogliamo capire o no? Ma che, vogliono fare la rivoluzione? Fanno sul serio? Questa è l’angosciante domanda che aleggia fra piazzale Fochetti, via Monterosa, via Solferino e il Lingotto.

Anche Mario Monti ha detto la sua, parte con cautela il senatore a vita, ma poi sentenzia sul Corriere della Sera: “Possiamo allora concludere che questa manovra è effettivamente maldestra e azzardata. Diciamolo pure, è irresponsabile. Però questo è vero solo dal punto di vista del bene del Paese, dell’interesse generale, della Nazione, del popolo e della sovranità, che verranno tutti danneggiati.” Amen.

Il ministro Tria, che già di suo ha una faccia stropicciata, ha rilasciata una sobria intervista al Sole 24 Ore, in via Monterosa, appunto. Più che da economista argomenta da politico:

“L’ equilibrio e il pareggio di bilancio rimane un nostro obiettivo fondamentale, anche se il percorso per raggiungerlo viene allungato nel tempo per dare spazio all’ esigenza fondamentale di rilanciare la crescita.

Il mio auspicio è che spiegando la manovra che stiamo preparando, e gli strumenti che mette in campo per l’obiettivo centrale della crescita, l’ allarme rientri.”

“Non avviare le riforme avrebbe finito per creare una prospettiva disastrosa: ancora bassa crescita, alta disoccupazione e difficoltà crescente a conciliare la discesa del debito con la stabilità sociale. Bisogna poi valutare che uno degli elementi di crescita è anche la stabilità politica.”

“So bene che nel bilancio c’ era già molto spazio per investimenti e che il problema è rappresentato dal fatto che i fondi non vengono spesi…. Questo ci ha convinti che valeva la pena di scommettere. Ma non è una scommessa senza rete. Nel senso che se vinciamo la scommessa di spendere le somme in bilancio per gli investimenti avremo più crescita, altrimenti si ridurrà il deficit perché le risorse rimarranno a bilancio. Se avremo meno crescita, in altre parole, questo non comporterà un disavanzo maggiore.”

“Il reddito di cittadinanza dovrà essere un intervento duplice: di sostegno al reddito nei periodi di transizione, in cui si cerca il lavoro, e nello stesso tempo di aiuto all’ uscita da sacche di povertà che sono indegne per un Paese come l’Italia, la settima potenza industriale del mondo. Dovrà essere, quindi, contemporaneamente un intervento di stabilizzazione sociale e di politica attiva del lavoro.”

Insomma è una scommessa redistributiva di redditi che (forse) si faranno. Cinque milioni e mezzo di italiani sotto la soglia di povertà non saranno certamente contro questo azzardo. Dice Tria: se non riusciremo a fare gli investimenti i soldi rimarranno lì, nella casse dello Stato, altrimenti reddito di cittadinanza, tagli fiscali, ecc. daranno uno scossone, alzeranno i consumi e il PIL. E se l’azzardo non riesce? Interessante e nuova e la risposta di Tria: inseriremo clausole di salvaguardia, non il famigerato aumento dell’Iva, ma tagli alle spese a cura del club Mani di forbice. Auguri! 

Oggi e nel corso della settimana vedremo cosa succederà. Posso sbagliare, ma non mi aspetto reazioni al fulmicotone. Lo scenario è inedito, il governo pure, i mercati saranno più prudenti, magari incuriositi. Il fatto è che soggetti affidabili a cui affidare i propri risparmi o investimenti, sono una specie in estinzione.

Coprire i debiti con altri debiti non è rigorosamente in linea con le dottrine economiche. Ma non siamo in un’epoca di eclissi della politica a favore della finanza, degli esperti a favore dei no-vax, della realtà a favore delle fake-news? Che sia questo un modo per invertire il senso di marcia e tornare un paese normale?

 

OTTANTOTTO GIORNI PER NASCERE. QUANTI PER MORIRE?

OTTANTOTTO GIORNI PER NASCERE. QUANTI PER MORIRE?

 

 

OTTANTOTTO GIORNI PER NASCERE, OTTANTOTTO PER MORIRE?- LA STRADA PER IL NUOVO GOVERNO E’ TUTTA IN SALITA- QUALCUNO LO SOFFOCHERA’ NELLA CULLA O AVRA’ ALMENO IL TEMPO DI CONSUMARE LA POCA BENZINA? COSI’ LA PENSA GEPPETTO  

 

Per il neo presidente del Consiglio Conte, durerà meno di cento giorni la luna di miele che accompagna di solito l’avvio di un governo.

Lo sconosciuto professore di diritto privato potrebbe essere una sorpresa, se non fosse stretto fra due vice che già guardano in direzioni diverse. Di Maio, a rabberciare il traballante piedistallo su cui Grillo lo mantiene in mancanza di alternative; Salvini, per cannibalizzare quel che resta di Forza Italia.

Nei prossimi giorni non dovremo guardare più i mercati per misurare la salute del governo: Trump, con l’accordo dei fondi di investimento americani, continuerà a darci una mano, rastrellando i bot emessi dal Tesoro. Un’Italia debole o a gambe all’aria è una prospettiva, evidentemente, meno allettante di una Germania intransigente, o di un Macron che segue sulla scia, come un rimorchiatore la nave ammiraglia.

Immagine tratta dal sito Dagospia

Questo è un governo che, più presto che tardi, si farà male da sé. Non tanto per l’inesperienza (almeno Salvini non è certo di primo pelo), ma perché non potrà contare sul solido terreno di una visione riformista, cioè di un’agenda di cose praticabili e compatibili. Si nasce e ci si ingrossa con l’incitamento delle piazze, ma si governa bene solo in solitudine, perché governare vuole dire scontentare.   

Un’agenda di governo, per non essere un libro di sogni, deve avere almeno due caratteristiche: l’indicazione delle priorità e i mezzi per realizzarle. Il famoso “contratto”, purtroppo, non ha né l’una né l’altra.

Carlo Cottarelli, paziente,irreprensibile e fugace presidente incaricato.

Si potrebbero fare alcuni esempi, affinché ciò non sembri una affermazione prevenuta. Ma i giornali ne hanno parlato in lungo e in largo e finirei per annoiarvi. Basti dire che nelle 57 pagine, nei 30 paragrafi scritti con una prosa incerta e burocratica, compaiono solo 3 (dico tre) cifre: i 780 euro del famoso reddito di cittadinanza, i 3000 euro di detrazione fiscale per le famiglie, i 5000 euro delle pensioni d’oro (netti precisano). Stop. Il buon Cottarelli dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani deve essersi scompisciato leggendo il testo, lui abituato a maneggiare numeri e bilanci pubblici. Secondo Cottarelli il contratto di governo tra Lega e Movimento 5 Stelle ha costi compresi tra 108,7 e 125,7 miliardi, mentre le coperture indicate ammontano a 550 milioni di euro. La conclusione amara è la seguente: Di Maio e Salvini hanno fatto la lista della spesa, ma non hanno soldi, non dicono come intendono reperirli, né si sa da dove vorranno iniziare.

E pur vero che i programmi politici si fanno e poi si chiudono in un cassetto, almeno qui da noi. Sarà per questo che i due capi politici hanno voluto sottoscrivere il “contratto” con autentica notarile. Tanto per fidarsi. Anche Salvini l’aveva chiesto a Berlusconi, come patto di fedeltà. Abbiamo visto com’è andata. Uno al governo, l’altro all’opposizione.

Eppure un bilancio occorrerà farlo e subito, anche perché si preannuncia una manovra correttiva sui conti 2018 di circa 5 miliardi. Giustamente scriveva il Sole 24 Ore: “In politica quello fra numeri e parole è sempre un rapporto complicato, e il «contratto di governo» chiuso da M5 S e Lega è un documento politico e non una manovra di bilancio. Per tradurlo in pratica, … servono però decreti e leggi di bilancio, con tanto di «bollinatura» da parte della Ragioneria generale. E qui gli affari si complicano.”

Non serve il bollino, invece, per altre cose che non costano, come la legge sul conflitto di interessi, le manette agli evasori, la lotta alla corruzione. I lumbard salviniani o  i ceti parassitari del Sud di Di Maio, lo consentiranno?

In altri punti del contratto, di chiara ispirazione leghista, si intende mettere mano ai diritti civili, al diritto di famiglia, ai vaccini, agli asili nido, alla difesa personale. Se questo disegno restauratore fosse attuato sarebbe un ritorno al passato, con la cancellazione dei numerosi provvedimenti che sono stati fiori all’occhiello dei governi Renzi e Gentiloni. 

Non resta che aspettare, solo allora potremmo capire il profilo culturale di questo governo, e se definirlo di cambiamento o di restaurazione, se ce ne darà il tempo.

 

Alcune delle foto sono tratte dl sito Dagospia. com, che si ringrazia.

 

LE STELLE SONO 5, MOLTI SARANNO I VOTI, MA…

LE STELLE SONO 5, MOLTI SARANNO I VOTI, MA…

 

 

LE REGOLE FASULLE DEL MOVIMENTO- GRILLO MISTER TENTENNA SEMBRA INCAPACE DI DARE UNO SBOCCO AI CINQUE STELLE- DI MAIO PREMIER?, VAI AVANTI TU CHE A ME VIENE DA RIDERE- VOTARLO PER CADERE DALLA PADELLA ALLA BRACE? COSI’ LA PENSA GEPPETTO.

 

Le vicende della politica in Italia sono un pessimo osservatorio per farsi un’idea di come gira il mondo. Siamo ininfluenti e non generalizzabili perché troppo eccentrici e troppo sintomatici.

Eppure bisogna osservare, a meno che non si voglia ingrossare le fila degli assenteisti poco o male informati, salvo poi mettersi, con intonsa coscienza, alla metaforica finestra, in attesa magari che qualcuno prima o poi si affacci in orbace al mitico balcone, illuminato dal sol dell’avvenire.

Prodi e Veltroni ai tempi dell’Ulivo

Nel mazzo dei contendenti, assai poco interessano le convulsioni della Sinistra, ammesso che abbia ancora senso usare questa sbiadita etichetta. Sembra arrivato, da quelle parti, l’ultimo atto di una storia mai veramente gloriosa, che non finirà in tragedia solo perché la statura lillipuziana degli epigoni antagonisti, non sembra in grado di sfiorare nemmeno la farsa. Una volta si incolpava, del triste destino delle “masse”, con annesse guerre, dispotismi e povertà, il complotto imperialista, immancabilmente americano; il liberalismo sfrenato; i burocrati ladri e corrotti, insomma i padroni in genere.  Oggi in Italia c’è chi addossa ancora la colpa del declino dei movimenti socialisti e dei partiti di massa in generale  a Tangentopoli, al Muro di Berlino, non si capisce se perché crollato troppo in fretta oppure, inopinatamente, perché una Cortina ci stava bene, meglio se di ferro. Chi ha l’indole storica, da parte sua, addita il male nelle continue scissioni, e dell’inane destino dei “compagni” riformisti all’emorragia inarrestabile da esse prodotte. La storia è più semplice: il mondo è andato avanti, la Sinistra è rimasta indietro. Stop. I pochi che hanno tentato di uscire dall’immobilismo non ci sono riusciti perché non hanno saputo leggere il nuovo e hanno dato ricette sbagliate. L’estremo tentativo di voltare pagina è stato l’Ulivo di Prodi e Veltroni. Sappiamo com’è andata. Oggi, la Sinistra italiana, o quel marasma che rimane, Renzi o non Renzi, è una forza conservatrice, antiriformista, che difende i ceti parassitari e i privilegi. Il sindacato non è da meno. Da lì arrivano i voti, non dai giovani, da coloro (e sono milioni) che la crisi ha messo in parcheggio, emarginati per sempre. Stop.

Quanto alla destra e al suo redivivo Lazzaro, che dire? Sconta un vizio d’origine: l’idea che recuperando le macerie della Prima repubblica si potesse edificare il nuovo. L’abbiamo vista alla prova, già allora una salsa insipiente cucinata con ingredienti scaduti da un padre-padrone, in patente conflitto di interessi. A volte il vintage conserva un suo fascino e l’elisir dei Dulcamara ora lo vende anche Amazon. Quindi, il Centro-destra reggerà ancora, potrà avere qualche sprazzo e più di qualche scranno parlamentare, ma qual è la visione di fondo che propone? Tornerà il motivetto del trio Lescano (Berlusca, Melloni, Salvini): meno tasse per tutti? Con le greppie che succhiano voraci e un debito pubblico al 132,6% del PIL? (solo negli ultimi 20 anni ha divorato di soli interessi 1.700 miliardi di euro) Meglio distrarre le “masse” e prendersela con la Germania per fantomatici golpe o tornare alle “mille lire al mese”.

Non resta che il nuovo “d’annata” (data di fondazione 2009), quel movimento voluto da un comico e da un guru prematuramente scomparso, i Cinque Stelle.

Che un merito l’hanno avuto finora: hanno incanalato malessere e proteste prima che, montando la rabbia, potessero sfociare in violenza. Entrando nel Palazzo, hanno pagato lo scotto della vertiginosa e inaspettata crescita di consenso, fatto errori e preso topiche imbarazzanti, sostenuto candidati sbagliati, come succede agli analfabeti politici. Tutto normale, tutte cose che si superano con l’esperienza. I Cinque Stelle hanno mantenuto un sapore genuino di fondo ed una freschezza grazie al carisma dei fondatori. Ma adesso?

Vediamo i punti che andrebbero sciolti per transitare, com’è inevitabile, dalla fase movimentista a quella di forza affidabile di governo del Paese.

Forma partito: il blog di Beppe Grillo, governato da una società privata che agisce con opacità, va superato a favore di una struttura democratica e partecipativa, così come è previsto dalla Costituzione. Anche un committee all’americana ha regole e strutture chiare e trasparenti. Poco importa, anzi!, se l’art. 49 Cost. è inattuato per volontà dei partiti tradizionali. Le decisioni non si prendono in piazza o nel blog, ma nelle sedi e con le regole previste.

Uno vale uno: se vista come regola di espressione paritaria di voto mi parrebbe scontata; se intesa come una livella che parifica responsabilità e ruoli è velleitaria, irrealistica e dannosa. Forse anche ipocrita.

Di Maio, Raggi, Di Battista. Lombardo

Regola di autoesclusione: come insegna la sociologia dei partiti, la capacità di trovare alleati è un elemento fondante delle stessa logica politica. Vuole dire mediazione dialettica e sintesi degli interessi, che è ciò che i partiti devono fare. Oltre, naturalmente, alla selezione della futura classe dirigente. E’ da Tangentopoli, tramontati i partiti, che in Italia tale funzione è venuta meno, e si sente! Non basta dire, come dice Di Maio, che “ci misuriamo sui programmi”. I programmi vengono sempre dopo poiché sono conseguenti ad una medesima strategia e a obiettivi condivisi di medio-lungo termine, come si dice ad una “visione”. E per condividere bisogna parlarsi, per gestire sporcarsi le mani. Tale regola, figlia della più pura etica politica, non verrebbe meno anche in caso di maggioranza autosufficiente dei seggi.

Classe dirigente: qualunque sia il sistema elettorale, i candidati devono essere non solo onesti ma preparati. Un disonesto capace forse farebbe meno danno di un onesto incompetente. Dal 2009 ad oggi il movimento non ha selezionato, per le regole che si è dato, nessuna personalità di rilievo, professionalmente autorevole e apprezzata. La candidatura a primo ministro di Di Maio è un’ammissione di impotenza. Messi di fronte a questi donne e uomini, i Diba, i Fico, la Raggi, la Lombardi, veri quisque de populo, parecchi elettori si chiederanno se votando Cinque Stelle non si cadrebbe dalla padella alla brace. La presentazione di una lista autorevole di ministri e un capo del governo come comanda sarebbe una carta sicuramente vincente nei confronti di quei milioni di italiani che guardano sfiduciati la politica e rinunciano a votare.

Posizione sull’Europa: da lì bisogna partire, il resto del programma ne discende. Non c’è altra strada che andare avanti, con ancora più determinazione, proprio per i tanti errori fatti e che si continuano a fare (politica fiscale e monetaria, migranti, riforma U.E., politica estera, ecc.). Cose ne pensa il Movimento, se ancora non ha scelto nemmeno in quale gruppo stare nel Parlamento europeo?

Beppe Grillo con Antonio Di Pietro

Rapporti con i magistrati: la regola dell’avviso di garanzia come calcio in culo per il destinatario, a prescindere direbbe Totò, è stata superata con qualche mal di pancia interno dei puri che saranno epurati. Ma la pianta giustizialista, come anticamera della verità, è come l’erba gramigna. Serafico Luigino, aspirante premier, a domanda risponde: la prescrizione? Va abolita. Peccato che la “ragionevole” durata dei processi sia in Costituzione (che Di Maio se la ripassi). Ma vi immaginate voi un Henry John Woodcock perpetuo come il moto degli astri? 

Cinque punti cinque, come le stelle del Movimento, destinate ad appannarsi parecchio se essi non fossero affrontati risolutamente.

Tanto più che, con la nuova legge lettorale che si profila, il Rosatellum, a detta di Roberto D’Alimonte, esperto dei sistemi elettorali, si deduce con “matematica chiarezza” che i seggi assegnabili col proporzionale e col maggioritario difficilmente produrranno una maggioranza . Scrive Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore di domenica 15 ottobre: ” ..il prossimo governo dovrà nascere necessariamente dalla scomposizione delle coalizioni che si presenteranno davanti agli elettori in campagna elettorale e dalla loro ricomposizione in una maggioranza di governo che non corrisponderà alle solenni promesse fatte agli elettori al momento del voto. E tutto ciò sperando che sia possibile assemblare una qualunque maggioranza di governo, viste le preclusioni, i veti e le idrosincrasie dei nostri partiti. Sarà un brutto spettacolo. Con buona pace di tutti coloro che votando no al referendum del 4 dicembre 2016 e applaudendo alla sentenza della Consulta sull’Italicum del febbraio 2017 credevano di fare il bene dell’Italia.”

 

 

Uno vale uno…. ora non più!

Uno vale uno…. ora non più!

Grillo e Casaleggio

Grillo e Casaleggio

L’autunno preannuncia novità politiche. La carica di novità legata a Renzi sembra che si sia già esaurita. Peccato. Senza sottacere tutti i limiti del premier, dobbiamo dire che il demerito non appare suo, dal momento che il PD che Renzi si trova a dirigere, con una opposizione interna inconcludente quanto velleitaria, sarebbe una palla ai piedi di chiunque. In periferia, nelle regioni, dalla Sicilia alla Liguria, nella Capitale col serafico Marino, gli amministratori democratici non stanno dando buona prova. Il ciclo economico migliora troppo lentamente e il contrasto fra aspettative e risultati è stato reso ancora più stridente dalle troppe promesse del giovane primo ministro. Renzi sembra stretto, insomma, fra le miserie del partitismo moribondo, ma pervicace, e le troppe pastoie che limitano l’azione del governo, nel Parlamento italiano e nei confronti dell’Europa, presso cui la dottrina del rigore non è stata scalfita. Eppure il sistema, impercettibilmente, si muove. Non tanto sul versante destro, in cui non resta che assistere al sopirsi delle ultime velleità berlusconiane; in quanto a Salvini, pur favorito dalle paure suscitate dalla biblica ondata migratoria, egli non sembra in grado di sfondare nel Sud del paese, e quindi non potrà che rientrare nel centro destra, stretto in una qualche alleanza tattica, a macchia i leopardo, pagina già vista e priva di appeal per gli elettori. Non è un caso che F.I. abbia cambiato idea sul premio di maggioranza, che ora vorrebbe alla coalizione e non più al singolo partito.

A sinistra si è detto. Renzi non sembra avere forza e visione strategica per lanciare un nuovo progetto politico interamente suo. Lo sbandierato partito della nazione sembra per il momento relegato nel mondo dei sogni. Nel frattempo, la dura realtà dei numeri e il malmostoso assetto delle coalizioni, espongono il premier al rischio di intoppare sulle riforme e andare, Mattarella permettendo, dritti alle elezioni anticipate, nel periodo peggiore per lui, così com’è in mezzo al guado.

Il parlamentare M5S Luigi Di Maio

Il parlamentare M5S Luigi Di Maio

La novità potrebbe, invece, venire dal Movimento 5 Stelle, che sembra avere superato lo spaesamento iniziale, dovuto al successo vistoso e inaspettato nelle elezioni politiche del 2013. Uno dopo l’altra, le parole d’ordine   e i mantra del Movimento (uno vale uno, i candidati li sceglie la Rete, i programmi si fanno on-line, non serve l’organizzazione, c’è già la Rete, ecc.) stanno cadendo. Accanto ai due leader fondatori Grillo e Casaleggio sono emersi nell’agone politico, alcuni parlamentari e amministratori seri e discretamente preparati, sui quali è possibili fare affidamento. Basta toni apocalittici, proposte strampalate, voglia di dipingere scenari confusi e perciò inquietanti. All’isolamento dei puri e duri è subentrato il buon senso del confronto, dal momento che la dialettica politica e parlamentare non è crusca del diavolo, ma l’essenza stessa della democrazia e l’unico metodo per governare.

Il parlamentare M5S Alessandro Di Battista

Il parlamentare M5S Alessandro Di Battista

Questo profilo più moderato del M5S, fatto di meno invettive o slogan e più di proposte, piace sia a destra che a sinistra, parla alla maggioranza non schierata del Paese, convince gli scettici che forse un ricambio di uomini e quindi di modo di governare è possibile. Resta il dubbio che, magari, l’imprevedibile Grillo ci possa ripensare, quasi dovesse cambiare il copione di un suo spettacolo che non funziona.

La parlamentare M5S Paola Taverna

La parlamentare M5S Paola Taverna

Questo, sulla carta, dovrebbe invece funzionare, non resta che provarci. Ma come in ogni buon spettacolo occorre un mattatore. Grillo non può esserlo, se non altro perché “è divisivo”, mentre si governa sempre in coalizione, anche quando gli alleati portano numeri superflui (la vecchia DC insegna qualcosa? E la Merckel, che in Germania, nonostante il 49,36% del CDU/CSU, ha messo in piedi la terza grossa coalizione del dopoguerra?). Il vero problema per il M5S, sfondi o meno alle prossime elezioni, sarà appunto quello di trovare rapidamente l’uomo che abbia il profilo giusto: preparato, deciso, onesto va da sé, e dotato del particolare carisma del capo benvoluto, cui ci si affida con fiducia e speranza. Una parola…..!!

 

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