Ricchione

Ricchione

Questo pezzo, che esce dalla brillante penna di Pietrangelo Buttafuoco,  scrittore e giornalista del Foglio, l’ho tenuto in serbo, in attesa di tempi….. migliori. Per non incorrere in “algoritmi” censori, ma anche per conoscere meglio il personaggio. Risale al luglio del 2013, quando ancora l’intervistato Paolo Isotta era al Corriere della Sera, responsabile della critica musicale di quel giornale. Da quando Paolo  Isotta è tornato ad assaporare gli ozi del congedo illimitato provvisorio (nel caso suo non si può parlare di pensionamento, né tanto meno di libertà riconquistata, essendo sempre stato lui liberissimo) ha scoperto una vena di scrittore e memorialista di prim’ordine. Due suoi libri Virtù dell’elefante e Altri Campi di Marte hanno scalato le classifiche; è venuto alla luce il suo amore-odio per Riccardo Muti (vedi intra: Ti cerco e ti respingo) e da ultimo si è permesso di infrangere il mito Claudio Abbado, definito, senza perifrasi, mediocre direttore d’orchestra. Paolo Isotta non ha mai fatto mistero di amare il paradosso, l’iperbole spiazzante, e un certo libertinaggio intellettuale ne farebbe uno snob, se non fosse un napoletano verace, diabolico nei giudizi quanto ingenuo, fors’anche fragile, nella pratica dei sentimenti. Sia come sia, la sua posizione contro gli eufemismi del politically correct non potrebbe essere più netta da come appare dalle risposte date a Buttafuoco, alcune veramente spassose. Le frasi in napoletano non credo necessitino di traduzione.

 

Paolo Isotta critico musicale e scrittore

Paolo Isotta critico musicale e scrittore

“Gay è parola pezzente. Come dice Paolo Isotta, “gay è una caricatura”. Peggio, è un eufemismo: “Un eufemismo piccolo- borghese da mezzacalzetta”. Il termine più consono a una natura curiosa di altre navigazioni, sia essa vela o vapore, è “ricchione”. Ecco, già s’odono fulmine e tuono.

E se già Facebook, forte d’algoritmo, ha censurato il fondo di Giuliano Ferrara contenente la parola “frocio”, sappia il lettore che nel procedere del pezzo – se avrà la gentilezza di leggere ancora – rischierà di vedersi planare in testa un drone, direttamente guidato dalla mano angelicata del Pentagono se non direttamente da Laura Boldrini, presidente della Camera, assai sensibile al linguaggio ideologicamente corretto.

Ricchione, dunque. Busso alla porta del Maestro e chiedo lumi su questo infuriare di perbenismo e bovarismo tra gli omosessuali che si vogliono maritare adesso che la civile America li sposa tutti. Il Maestro cui mi appello per avere parola di Cassazione in tema è appunto Paolo Isotta.

Storico della musica, firma di gran pregio del Corriere della Sera, Isotta è napoletano del Reame e continuatore della lingua poetica del “dolce stil novo” ottocentesco e adopera perciò parole giammai sconciate dall’inabilità dello spirito ma sempre vive di timbro e prodigio. Paolino, a noi! Ma è vero che tu sei, come si dice adesso, gay? “Pietro, tu si’ ‘e piez’ d’o core mio, ma non puoi osare!”.

E cche ssì?, domando ancora, ovvero, gli chiedo: cosa sei, chi sei? “Io faccio tutte cose”, risponde il Maestro, “comme se dice a Nnapule so’ attivo & passivo. Cco mascule e cco femmene. Ma nisciuno me può cchiammà ‘gay’. Io so’ ricchione”. E che viene a dire, questa parola così impressionante?

Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore

Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore

“Vene a ddicere ca ‘o ricchione è ommo, nel senso di essere umano. Homo sunt et nihil umani a me alienum puto. ‘O gay, Dio liberi, è na caricatura ‘e ommo e, al contempo, na caricatura ‘e ricchione. Siamo in piena operetta, diceva ‘o Maestro Pannain. ‘nt’a ‘na tetra operetta”.

La civile America, gli Stati Uniti col presidente Barack Obama in testa, festeggiano il guadagnato traguardo della civiltà… “‘O gay se vuo’ ‘nzurà”. Che viene a dire nzurà? “Napulitanamente, sposarsi”.

Il Maestro è paziente assai e mi parla col sale della sua sagacia di uomo di mondo e però sempre devoto alla musa partenopea e così, mite, prosegue: “Ma tu te rienti cunto, oggi i spusalizzi ‘n ‘ê vuò ffà cchiù nisciuno, e sulo ‘e ricchiuni e ‘e ricchiesse (le lesbiche, ndr) î vvonno fa’! In parenthèse, ô ssai comme se chiamano a Nnapule ‘e ricchiesse? Totore, da Totore, ‘o diminuitivo ‘e Salvatore, nomme supervirile, c’o diminuitivo supervirile, no chillo cchiù garbato Sasà! Nnui i Totore aspiranti al matrimonio e schifamm! E i gays ca se vonno spusà sono bovaristi e stronzi! Vonno ‘a consacrazione sociale e religiosa!”.

E tu, Maestro? “Ma io so’ cattolico praticante, fratello caro, e ppe mme’ ‘no Sacramento come il Matrimonio non può sporcarsi con la tetra Operetta. Magari a’ chiesa nu bellu jorno c’ò riconosce pure, essendo spesso cchiù assistenza sociale che liturigia e dogma, che poi sono la stessa cosa”. E’ vero, è così: liturgia e dogma sono la stessa cosa. E però è vero che la chiesa, sciaguratamente, prima o poi si accoderà all’America.

Gay Pride March Held In New York City

“Ma mo’ te conto na bella cosa. Io tengo a Roma un cugino prediletto, ‘o cchiù grande medico d’o munno, che insegna a Tor Vergata. Si è specializzato nella cura dell’anoressia. ‘Lo sai, Paolino’, mi ha detto, ‘che adesso l’anoressia maschile è purtroppo in grande incremento?’. ‘O vero’, gli dico, ‘e qual è la causa?’. Mi spiega: ‘Sti guaglione adolescenti, sui quindici anni, sono omosessuali e, non volendo accettare la loro natura, cadono in anoressia!!’. A quel punto, così replico a lui, ‘Si ‘o dici tu, ca si n’autorità scientifica, non metto lingua. Però consentimi dirti che a Napoli la tua spiegazione non vale. A Napoli ‘o ricchione è stato sempre portato in pianta di mano”.

Intervista di Pietrangelo Buttafuoco, Il Foglio, luglio 2013

 

 

 

Matrimonio gay

Matrimonio gay

Papa Bergoglio in preghiera

Papa Francesco in preghiera

 

 

Il referendum irlandese sui matrimoni gay se fosse avvenuto in Italia avrebbe avuto un esisto ancora più schiacciante a favore dei sì. La posizioni di chi si oppone al varo di specifica normativa diventa, infatti, ogni giorno più debole. Il clima che si respira nel Paese, se non mi inganno anche nel campo cattolico, è lo stesso dei tempi del divorzio, gloriosa battaglia dei radicali italiani guidati da Marco Pannella. La posizione ufficiale della Chiesa (anche se Papa Francesco sembra manifestare qualche apertura) rischia di realizzare la perfetta eterogenesi dei fini. Mi spiego. Non si tratta qui di equiparare cose diverse o di metterle in concorrenza fra loro: ogni persona di buon senso sa che la famiglia composta da uomo e donna è un modello di riferimento consolidato antropologicamente, anche se culturalmente non universale, ma in ogni caso ineludibile. Lontano da me ogni ragionamento di relativismo culturale o di indifferenza. Il fatto è che il c.d. matrimonio gay è cosa diversa: si tratta di riconoscere una unione fra persone dello stesso sesso dal punto di vista civile per disciplinare, senza discriminazioni ingiustificate, le conseguenze personali e sociali che tali unioni possono dare. Opporsi a tale linea, sulla base del presupposto che altri modelli di famiglia non possono essere dati, vuole dire mettere sullo stesso piano  e omologare proprio ciò che assertivamente è diverso e inconciliabile: cioè  favorire l’esatto opposto di quanto si teorizza. Ecco perché credo che la posizione della gerarchia cattolica sia sbagliata e perdente. Un ragionamento altrettanto esplicito va fatto per quanto riguarda la possibilità per le coppie gay di adottare. Va da sé che se uno dei due partner ha già un figlio il problema non si pone nemmeno. Nei casi di adozione (procedura difficile, dicono i numeri, se già adesso molti sono costretti ad adottare all’estero) deve esiste uno e uno solo punto di vista: quello del bambino. Può crescere più sano e felice in un orfanotrofio, cioè in una istituzione che nel migliore dei casi può garantire la “manutenzione del corpo, ma non quella dell’anima”, oppure in un nucleo “famigliare” che lo accoglie e lo ama? Datevi voi una risposta. Si osserva: manca nella coppia gay il modello duale di riferimento genitoriale. Pazienza, non si può avere tutto, e poi la famiglia è oggi allargata per definizione da reti di frequentazione, ruoli sociali arricchiti, rapporti educativi plurimi, un tempo impensabili. E’ giunto il momento che la politica decida e che il Parlamento trovi il tempo per disciplinare la materia, prima che gli schieramenti opposti sollevino tanta polvere e alzino gli scudi.

 

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