Fiction e illusioni

Fiction e illusioni

Preti buddisti in preghiera

Preti buddisti in preghiera

 

Scriveva G.G. Marquez, premio Nobel per la letteratura: “ La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”.  Quali sono le implicazioni fra i percorsi di crescita personali e le narrazioni che ne facciamo? Giovinezza, amore, delusioni, successi, fallimenti richiedono davvero una storia intimamente legata al processo con cui costruiamo noi stessi?  Per rispondere devo contraddire quanto riportato in asserto al blog, secondo il quale saremmo un… nulla pieno di storie.

Luciano Vassalli nella Bassa

Luciano Vassalli nella Bassa

Sebastiano Vassalli, di recente scomparso, scrivendo questa frase la pensava come il prete buddista circa l’illusione dell’individualità che rende l’uomo infelice. Siamo schiavi di una narrazione, quella del Sé (chiamiamolo come vogliamo identità, carattere, personalità ,anima, ecc.) di cui dubitiamo l’esistenza; una ingegnosa invenzione occidentale che proiettiamo nel tempo, un sé che desidera essere qualcosa di reale, anche se ci costa fatica o sofferenza. I sostenitori della tesi del bisogno narrativo sono molti. I romanzi non sono altro che una sofisticata risposta a questo bisogno, anzi più la nostra esistenza si complica, più si acuisce l’esigenza di storie complesse e roboanti .

Tim Parks in una foto di Basso Cannarsa

Tim Parks in una foto di Basso Cannarsa

Ciò spiega, fra le altre cose, il successo di Facebook e Twitter, ma anche perché essi, un iper-uranio per ghostwriter semplificatori, non sembrano appagare mai.  Le storie in cui rispecchiarci e di cui abbiamo bisogno, sono fatte di parole che – come osservava Tim Parks nella lettura ad alta voce fatta al recente Bookcity di Milano- denotano realtà naturali, ma soprattutto parole che si portano dietro intere narrazioni. Qualche esempio? Dio, diavolo o angelo, fantasma , i nomi di tutte le “teorie” che ci servono per spiegare il mondo, ecc. Parole inventate- come sono tutte le parole- ma che sono esse stesse racconti.

Jonathan Gottschal

Jonathan Gottschal

L’istinto di narrare è un bel libro scritto da Jonathan Gottschal, pubblicato in Italia da Bollati-Boringhieri. Vi leggiamo: “ la mente umana ha bisogno di narrazione. Elabora racconti persino quando dorme in quelle libere fiction autogestite che sono i sogni, di cui è spettatore e regista”. Può il “racconto” costruirci una realtà assolutamente falsa e illusoria della nostra vita? E’ un rischio che la scuola dell’esperienza può aiutarci ad evitare, ma è sempre meglio che ridursi a pensare che l’individualità sia una illusione, a meno di non essere quel prete buddista che prima si diceva.

 

In evidenza foto di Ales Andresi

 

 

 

Un nulla pieno di storie

Un nulla pieno di storie

Un ritratto dello scrittore Luciano Vassalli

Un ritratto dello scrittore Sebastiano Vassalli

Pubblico un pezzo scritto mesi addietro sull’onda delle emozioni suscitate dalla lettura del libro di Sebastiano Vassalli, uno dei più intensi e originali scrittori italiani degli anni a cavallo fra i due secoli. I miei debiti verso di lui sono evidenti, dal momento che l’idea del blog nasce proprio dalla lettura di questo libro. Lui non sa di dovere aggiungere ai suoi “peccati” anche questo, e forse non lo saprà mai, chissà. Non nascondo che mi piacerebbe conoscerlo; come credo che lui avrebbe volentieri conosciuto il poeta di Marradi, Dino Campana, il primo maudit italiano, che Vassalli sente come un “padre”. Io Campana lo scoprii non sui banchi di scuola, essendo la sua poesia troppo sofisticata a difficile per le masse, ma in un recital tenuto al Comunale di Ferrara da Carmelo Bene, un altro irregolare, grande istrione, voce magnifica, che da solo riuscì a tenere  avvinti per due ore  gli spettatori, su una scena nuda, un faro e un microfono. In un mio racconto, Estremo saluto, il personaggio dell’attore impresario, è deliberatamene ricalcato sulla sua figura. 

 

Ho appena finito di leggere un libro intervista a Sebastiano Vassalli, l’autore della Chimera, La notte della cometa, Mareblù e tanti altri bei libri. Il libro si intitola: Un nulla pieno di storie ed è uscito nel 2010.. Vassalli è nato nel 1941 e l’intervista si trasforma, inevitabilmente, in un bilancio di vita, dove biografia e letteratura si intrecciano. Nel ricordare le sua infanzia senza amore, il matrimonio devastato dalla pazzia della moglie e dalla sua prematura ma liberatoria morte, Vassalli ricorda le parole di Machiavelli, iscrivendosi d’ufficio fra coloro perseguitati da “straordinaria malignità di Fortuna”. Fortissimo appare il legame spirituale che lega Vassalli con il poeta Dino Campana, che egli sente come il suo “vero” padre.

Il poeta Dino Campana

Il poeta Dino Campana

L’intervista spazia in oltre 50 anni di vita italiana e tocca argomenti assai eterogenei, dalla politica alla religione, dal ruolo della letteratura ai movimenti culturali, al carattere degli italiani al ruolo dell’amore e dell’amicizia. Gli anni fra il 1960 e ‘70, quelli della contestazione studentesca e della sua formazione, sono

Luciano Vassalli nella Bassa

Sebastiano Vassalli nella Bassa

descritti con toni scarni e disincantati. Il fatto che sia diventato scrittore, dopo essere stato insegnante, commerciante, aspirante pittore, non viene descritto da Vassalli come il frutto di una vocazione, quanto della sua voglia di raccontare i luoghi in cui è nato e vissuto, quella pianura novarese delimitata dal Monte Rosa e dagli acquitrini delle risaie, mosso da una disperata vitalità che gli ricorda Pasolini. Parecchie idee su socialismo e democrazia (due miti fallaci, secondo Vassalli), su fede e scienza, sono discutibili, ma dall’intervista esce un ritratto forte, schietto, appassionato, nonostante lo scetticismo di fondo e l’amarezza di una vita non facile.

L'attore Carmelo Bene in una grafica

L’attore Carmelo Bene in una grafica d’autore

Scrivo di seguito, alcune righe che mi hanno colpito:

“la poesia è vita che rimane impigliata in una trama di parole.. La poesia non nasce con la scrittura. Ci sono stati poeti che non sapevano nemmeno scrivere. Omero non sapeva scrivere. Forse nemmeno Gesù.”

“La parola è il suono con cui le cose e le persone si identificano. E’ l’immagine riflessa delle cose e la loro anima”.

“Fare lo scrittore in un mondo in cui tutti scrivono è  diventato facile, ma soprattutto è diventato inutile”

“Col tempo, incrostandosi, anche le menzogne, prendono una patina autentica”

La visione del mondo di Sciascia… è un gioco i specchi dove gli effetti diventano cause, anzi sono le cause. Uno sguardo penetrante che non svela nulla, e una saggezza che non porta in nessun posto. Una saggezza immobile. Un’illusione di impegno civile”

Il libro si chiude, riprendendo dallo stesso titolo: “Io sono un nulla che ha sognato molto: un nulla pieno di storie”.

 

 

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