Padre Pirrone e la bella Elena

Padre Pirrone e la bella Elena

Maria Elena Boschi e Vincenzo De Luca

Maria Elena Boschi e Vincenzo De Luca

La politica che cosa non ti fa fare?! Vedeteli  a fianco davanti al Golfo di Napoli, con il profilo del Vesuvio che si staglia all’orizzonte: potrebbero essere padre e figlia in una foto ricordo. Oppure, vista la scarsa somiglianza,  una nipote in visita allo zio napoletano, che per l’occasione ha tirato fuori dall’ armadio l’abito buono, rigorosamente scuro ed antiquato. Irrigidito lui, con un sorriso trasformato in una smorfia per mancanza di abitudine, lei stretta in un tailleur vistoso, accaldata, costretta dal sole a strizzare gli occhi fino alla deformazione del bell’ovale del viso. Chi ci fanno una affianco all’altro? Che ci “azzeccano”? La deliziosa Boschi Maria Elena avrebbe, in fondo, superata da poco l’età per “guardarsi dalle cattive compagnie”, come mi raccomandava la mamma e credo anche la sua a lei. Avvocato alle prime armi ma già brillante, cattolica, allevata nelle sane  latitudini aretine, in un paesino vezzoso già nel nome: Laterina. Oltre alla ministra, il borgo medievale che si apre sulla Val d’Arno, è noto per avere dato i natali a Pupo, il cantante. Travolta dal renzismo, votata alla causa, Boschi Maria Elena lascia il borgo natio coma la Madonna delle Nevi  in agosto, e si butta a capofitto nella Roma barocca. Va.. bbe’, ma un limite ce lo vogliamo dare?  L’uomo che le sta accanto è De Luca Vincenzo, fresco, fresco  fra gli “impresentabili” della lista predisposta dalla Commissione antimafia. Il lungo curricolo politico ne fa un soggetto più che stagionato: filosofo mancato, ha percorso tutti i gradini e partecipato a tutte le svolte: prima comunista, poi diessino, ora democratico, quattro volte sindaco, due volte deputato, sottosegretario. E per non farsi mancare nulla anche condannato per falso ideologico e commendatore di merito del Sacro Militare Ordine Costantiniano, retto da Carlo, della Real casa dei Borbone delle Due Sicilie.. un tuffo nel trapassato remoto.  De Luca Vincenzo non è campano, ma nasce appena un poco più in là, finita da poco l’ultima guerra, a Ruvo del Monte, paesino antichissimo mentovato già da Virgilio. De Luca Vincenzo lo avrei visto bene nel Gattopardo di Visconti, a fare la parte di padre Pirrone cappellano dei Salina, uomo di princìpi e di tante  indulgenze. Portamento austero, aria intransigente, ruvido e dall’intercalare sentenzioso, non si capisce bene perché, ma piace alla ..ggente. Che lo vota, perché pulisce la città dalla monnezza, ha visioni grandiose, parole ancora più roboanti, tiene botta tetragono agli avversari, come fosse ispirato dal Cielo. Un uomo d’ordine che sta a sinistra, se vogliamo dire in sintesi e se ancora conservano un senso queste etichette. Fatto sta che, mentre tutti vogliono apparire giovani a accattivanti, alla Ciccio Bello per intenderci, il De Luca Vincenzo, al contrario, si è fatto una sua cifra comunicativa opposta: antipatico, spietato, cinico. Ma ispirato da un fervore interiore che solo hanno gli iniziati, i predestinati. De Luca, il terrore di Dio... Ora tenta la carta di governatore, contro quel Caldoro che già lo vinse. Ma erano altri tempi, non aveva ancora a fianco la bella Elena, che scusate se è poco! Il suo slogan è: per non essere più ultimi. Forse confida nella massima evangelica, secondo la quale gli ultimi saranno i primi?

LA DIFFERENZA FRA VANITA’ E NARCISISMO

LA DIFFERENZA FRA VANITA’ E NARCISISMO

 

SCONTRO INCANDESCENTE FRA SGARBI E BONITO OLIVA. L’ARTE NON C’ENTRA, E’ INCOMPATIBILITA’ ASSOLUTA DI CARATTERE FRA DUE NARCISISSIME PRIME DONNE, CHE UN PO’ CI SONO MA MOLTO CI FANNO.

 

 

Caravaggio Narciso

Caravaggio Narciso

Da una intervista alla Zanzara Radio 24 di Achille Bonito Oliva

“Vittorio Sgarbi come critico d’arte contemporaneo è una nullità ed è solo un conoscitore dell’arte antica. Uno come tanti. Non ha dato nessun contributo importante. Non c’è nessun saggio o libro suo che si ricordi, i miei sono stati tradotti anche in Cina”. A La Zanzara su Radio 24 Achille Bonito Oliva torna all’attacco di Vittorio Sgarbi. “Hanno persino scoperto – dice ABO – che la prefazione di un libro l’aveva scritta la madre. In televisione ogni tanto spiega un quadro alle commesse, alle parrucchiere. E poi si circonda di quelle, solo di quelle. Non è vero quello che si legge che ha avuto centinaia di donne. E’ un pesce lesso, una persona depressa che si accende solo coi riflettori e diventa aggressivo. Non può avere interlocuzioni, può fare solo monologhi”. Bonito Oliva ha vinto una causa contro Sgarbi che gli aveva dato del “porco”, “animale” e “bestia”: “Stanno quantificando la somma. Mi ha offeso sei mesi prima della Biennale. Prima ha negato, poi ha detto di avere l’immunità parlamentare da deputato. Ma la Corte Costituzionale ha bocciato la sua tesi. I soldi li darò agli orfani, io sono orfano di padre e di madre dunque me li tengo. Tra me e Sgarbi c’è una profonda differenza. Io sono narcisista e lui vanitoso, ma la vanità è il pret a porter del narcisismo”.

 

La differenza fra narcisismo e vanità non è solo quella che Bonito Oliva dice, la seconda sta al primo come una parte al tutto, ma il tutto non è la somma delle sue parti, ma qualcosa di diverso, appartiene non solo ad un rango, ma ad un genere diversi.

 

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Come molti dei miti greci, la storia di Narciso, racchiude un sublime paradosso. Narciso riversa su di sé l’amore che non ha voluto/saputo dare alla ninfa Eco. Già il nome Eco rimanda la figura e la bellezza di Eco a qualcosa di diverso da sé. In un certo qual modo, l’amore verso Eco è intrinsecamente impossibile. Anche se Narciso l’avesse manifestato, esso gli sarebbe rimbalzato contro, proprio come il suono che ritorna all’origine e vi risponde senza rispondergli, ma solo ripetendo. Narciso in realtà non sceglie fra nessuno amore, è semplicemente ed eternamente innamorato di sé stesso perché non può essere diversamente. La sua morte da affogato ci può sembrare perciò un castigo ingiusto.

 

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Vittorio Sgardi davanti al quadro di Courbert L’origine del mondo, Musee d’Orsay Parigi

 

Mi immagino che nel magnifico quadro di Caravaggio, il pittore abbia voluto riprodurre il rispecchiamento infinito, quasi come una sospensione di un castigo immeritato. Ma è poi un castigo la morte di Narciso? Egli non è come altri eroi macchiato dalla arroganza, dal rifiuto del suo daimon. Dunque, perché punirlo? Ne deduco che il rispecchiamento non ammette il castigo, ma solo il ricongiungimento, l’armonia che per tornare a dominare deve passare per la morte e la rinascita.

 

L’immagine in evidenza: teschio di Damien Hirst

 

 

 

C’è del genio…

C’è del genio…

 

Immagini di iper realismo urbano di mto

Immagini di iper realismo urbano di mto

…..“C’è del genio, invero: la metà dei giovani italiani è disoccupata; l’altra metà paga tasse per pensioni che non avrà mai e che servono a lubrificare i magheggi della corruzione; la quale serve a facilitare appalti degli amici che sono tali in quanto danno lavoro ai figli dei corrotti.

È il neo-feudalesimo: aziende con organigrammi uguali ad alberi genealogici (come denuncia spesso il Censis, il cui presidente De Rita ha appena nominato il figlio come suo successore) entrano in collisione con politici di vario colore, i quali stabiliscono che se è vero che i figli d’oggi sono tutti bamboccioni, i nostri per le loro politiche scellerate non lavorano, mentre i loro sì.

 

Tratto da “Daniela Ranieri, Il Fatto Quotidiano, 20 marzo 2015”

Col capitano Achab

Col capitano Achab

Il capitano Achab del Delta del Po

Il capitano Achab del Delta del Po

Breve parentesi in Basso Polesine, sul mare di laguna su cui si affaccia Boccasette, spiaggia in cui, come un miraggio, in un giorno invernale di parecchi anni fa mi apparve lo spettacolo della neve sulla battigia, galleggiante sulle onde salmastre come una candida spuma di sapone.  Me lo ricorda Mario, il mio capitano Achab, che anziché seguitare balene, ama perdersi fra gli scanni, spiaggiare con le maree dimenticate, carezzare con lo sguardo le canne ondeggianti, cogliere il guizzo che apre nell’acqua cupa il dorso di un pesce. Ha i capelli bianchi, ancora folti, che gli spiovono a frangetta su una fronte bassa, due occhi infossati e un viso massiccio, volitivo e spesso, come sagomato dalla mano ruvida del vento. Parla con toni baritonali con calate a falsetto e una vena dolce ed ironica che contrasta col suo aspetto ispido.

Barche sul Delta del Po

Barche sul Delta del Po

Francesca gli sta accanto, piccola, si muove con la cautela dei miopi, esprimendo, piu’ che con le parole col sorriso il suo animo arrendevole e affettuoso. Siamo sotto una grande tenda, il riso con vongole e telline, leggermente aromatico viene accompagnato da uno spumantino fresco del trevigiano. Osservo che profuma di mela verde, cosa che colpisce Mario, quasi a dirmi che lui, di palato grosso, da solo non ci sarebbe mai arrivato. Fra un boccone e l’altro, Mario inizia, con la voce del fine dicitore, il suo repertorio di aneddoti che nel finale si rivelano barzellette, ironie feroci, paradossi morbosi. Luciano, che prende 5 pastiglie al giorno per combattere una sfilza impressionante di malattie, sorride rilassato a fianco della Grazia, forchetta di grande sfoggio, moglie impettita e inflessibile, che nemmeno le carezze riescono ad addolcire, solamente il pensiero delle figlie o di quel marito un po’ matto, instancabile ed irrequieto, ma che a saputo darle tanta semplice felicità, spingendola per scanni e balere, argini e lagune. Dopo pranzo un lenta passeggiata sulla spiaggia, da un lato si scorge l’isola di Albarella, dall’altro l’estrema propaggine del Po di Goro, oramai in terra ferrarese. Qualche giovane ardito fa l’ultimo bagno, gabbiani sfrecciano nel cielo portati dal vento, passano dei cani che si avventano contro le onde, fra nuvole di spruzzi.

Polesine Camerini, delta del Po

Polesine Camerini, delta del Po

Camminiamo fra i resti semi sepolti che la marea o i nubifragi hanno depositato sulla spiaggia: tronchi, corde e grovigli di reti, gusci vuoti di molluschi o di telline, la plastica immarcescibile che non è finita nella pancia di un pesce. Al ritorno, sul molo, la foto di rito. Guardiamo all’orizzonte il lungo fumaiolo della centrale elettrica di Polesine Camerini, oramai dismessa che, dopo avere inquinato il paradiso in cui siamo, sta per essere demolita. Il sole arrossa l’orizzonte e le ombre della sera incupiscono le macchie. Prima della Romea, un salto in un piccola riserva, dove, in mezzo a risorgive e nugoli di zanzare, vive Gianni, il fratello di Mario, in una roulotte mezzo sfasciata, fra galline, qualche coniglio e un po’ di orto stentato. Somiglia a un attore americano oramai imbolsito, con i languori dell’alcolista. Il disordine gli si legge sul viso. Quest’uomo si arreso da un pezzo all’obesità, alla solitudine e mastica amari rimpianti per oscuri fatti lontani mentre cerca febbrile una sigaretta. Cogliendo la direzione del mio sguardo mi dice: “Le galline dormono sugli alberi per via dei topi”, mentre dal camper a tutto volume Eros Ramazzotti ci avvolge in uno stordimento sonoro. Tutti ci chiediamo, a testa in su’, come fanno le galline a stare lassù dormendo. Ma qui siamo nel paese del Bigatto e ci si può  aspettare di tutto. Anche topi più grandi di galline, o pesci siluro come balenotteri.

Matrimonio gay

Matrimonio gay

Papa Bergoglio in preghiera

Papa Francesco in preghiera

 

 

Il referendum irlandese sui matrimoni gay se fosse avvenuto in Italia avrebbe avuto un esisto ancora più schiacciante a favore dei sì. La posizioni di chi si oppone al varo di specifica normativa diventa, infatti, ogni giorno più debole. Il clima che si respira nel Paese, se non mi inganno anche nel campo cattolico, è lo stesso dei tempi del divorzio, gloriosa battaglia dei radicali italiani guidati da Marco Pannella. La posizione ufficiale della Chiesa (anche se Papa Francesco sembra manifestare qualche apertura) rischia di realizzare la perfetta eterogenesi dei fini. Mi spiego. Non si tratta qui di equiparare cose diverse o di metterle in concorrenza fra loro: ogni persona di buon senso sa che la famiglia composta da uomo e donna è un modello di riferimento consolidato antropologicamente, anche se culturalmente non universale, ma in ogni caso ineludibile. Lontano da me ogni ragionamento di relativismo culturale o di indifferenza. Il fatto è che il c.d. matrimonio gay è cosa diversa: si tratta di riconoscere una unione fra persone dello stesso sesso dal punto di vista civile per disciplinare, senza discriminazioni ingiustificate, le conseguenze personali e sociali che tali unioni possono dare. Opporsi a tale linea, sulla base del presupposto che altri modelli di famiglia non possono essere dati, vuole dire mettere sullo stesso piano  e omologare proprio ciò che assertivamente è diverso e inconciliabile: cioè  favorire l’esatto opposto di quanto si teorizza. Ecco perché credo che la posizione della gerarchia cattolica sia sbagliata e perdente. Un ragionamento altrettanto esplicito va fatto per quanto riguarda la possibilità per le coppie gay di adottare. Va da sé che se uno dei due partner ha già un figlio il problema non si pone nemmeno. Nei casi di adozione (procedura difficile, dicono i numeri, se già adesso molti sono costretti ad adottare all’estero) deve esiste uno e uno solo punto di vista: quello del bambino. Può crescere più sano e felice in un orfanotrofio, cioè in una istituzione che nel migliore dei casi può garantire la “manutenzione del corpo, ma non quella dell’anima”, oppure in un nucleo “famigliare” che lo accoglie e lo ama? Datevi voi una risposta. Si osserva: manca nella coppia gay il modello duale di riferimento genitoriale. Pazienza, non si può avere tutto, e poi la famiglia è oggi allargata per definizione da reti di frequentazione, ruoli sociali arricchiti, rapporti educativi plurimi, un tempo impensabili. E’ giunto il momento che la politica decida e che il Parlamento trovi il tempo per disciplinare la materia, prima che gli schieramenti opposti sollevino tanta polvere e alzino gli scudi.

 

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