LA DEMOCRAZIA SECONDO HENRY LEVY

LA DEMOCRAZIA SECONDO HENRY LEVY

 

ECCO PERCHE’ LA G.B. VOLTA LE SPALLE ALLA SUA GRANDEZZA SECONDO BERNARD HENRY LEVY – DAL GIARDINO DEI FINZI-CONTINI AI VILLINI PREFABBRICATI COI NANI IN GIARDINO- I LUMI E I SUOI ETERNI NEMICI CHE RITORNANO NELLE URNE – “È LA VITTORIA DEGLI ESTREMISTI VIOLENTI E DEI DEMENTI GAUCHISTI, DEI FASCISTI E DEGLI HOOLIGAN AVVINAZZATI, DEI RIBELLI ANALFABETI E DEI NEONAZIONALISTI…” (DIMENTICATO QUALCUNO? SI’, IL POPOLO)

 

 

Curiosa, ma non imprevedibile, la risposta della sinistra au caviar. Dalla rive gauche si alzano lamenti: se alle urne si perde non vale. Ma è un po’ tutta la sinistra europea che è frastornata e non riconosce più i sacri confini della democrazia dopo il voto che ha sancito l’uscita dell’Inghilterra dall’Europa. Ora, tenetevi forte di fronte a questo articolo di BERNARD HENRY LEVY. Il filosofo francese ci porta in un volo pindarico, zeppo di riferimenti, citazioni, allusioni, esortazioni, incitamenti, profezie, anatemi. Come il Grillo Parlante disneyliano saltella a destra e a manca, passando con disinvoltura da Farage a Podemos, da Fritz Lang a Auguste Renoir, da  Dante a Jean Monnet , da Michelangelo a Bassani. Alla fine pare che si ingarbugli nelle sue stesse parole. Troppe, troppe, anche per uno del suo calibro.  E, dopo tale diluvio, al solito, poche, pochissime e indefinite la cose da fare, secondo il filosofo francese: “parole forti e un’azione di grande rilievo”(?) Proposte zero/zero. Se non amate il funambolismo e se volete, potete tralasciare di leggere l’articolo, perché il succo sta tutto nella frase in premessa: “Brexit è la vittoria non del popolo, ma del populismo. Non della democrazia, ma della demagogia”. Con buona pace di chi si ostina a pensare che la sovranità appartenga al popolo e lo scorno di chi, come Gustavo Zagrebelski, pensa che abbiamo la “più bella costituzione al mondo” (come i francesi, suppongo).   

 

 

Bernard levy“Brexit è la vittoria non del popolo, ma del populismo. Non della democrazia, ma della demagogia. È la vittoria della destra dura sulla destra moderata, e della sinistra radicale sulla sinistra liberale.

È la vittoria, nei due campi, della xenofobia, del vecchio odio verso l’immigrato e dell’ ossessione di avere il nemico in casa.

È la rivincita, in tutto il Regno Unito, di coloro che non hanno mai sopportato che gli Obama, Hollande, Merkel e altri esprimessero la propria opinione su quello che essi si accingevano a decidere. È la vittoria, in altri termini, del «sovranismo» più stantio e del nazionalismo più stupido. È la vittoria dell’ Inghilterra ammuffita sull’ Inghilterra aperta al mondo e all’ ascolto del suo glorioso passato.

È la sconfitta dell’ Altro davanti al rigonfiamento dell’ Io, e del complesso davanti alla dittatura del semplice. È la vittoria dei sostenitori di Nigel Farage su una «classe politico-mediatica» e sulle «élite mondializzate» che essi ritengono siano «agli ordini di Bruxelles». È la vittoria, all’ estero, di Donald Trump (il primo, o uno dei primi, ad aver acclamato questo voto storico) e di Putin (il cui sogno e, probabilmente, uno dei progetti – non lo si ripeterà mai abbastanza – è la disgregazione dell’ Unione Europea).

 E’ la vittoria, in Francia, dei Le Pen e dei Mélenchon che sognano una variante francese di Brexit, mentre ignorano completamente l’ intelligenza, l’ eroismo, la radicalità e la razionalità francesi. È la vittoria, in Spagna, di Podemos e dei suoi Indignati di cartapesta. In Italia, del Movimento 5 Stelle e dei suoi clown. In Europa centrale, di chi, dopo aver percepito gli utili dall’ Europa, è pronto a liquidarla.Bernard Henry levy

È la vittoria, ovunque, di coloro che aspettavano solo che si presentasse l’ occasione per sottrarsi all’ impegno europeo; di conseguenza, siamo all’ inizio di un processo di smembramento che, oggi, nessuno sa come potrà essere arrestato.

È la vittoria della folla di Metropolis sulla «colazione dei canottieri» (riferimenti al film di Fritz Lang e al dipinto di Auguste Renoir, ndt ).

È la vittoria degli estremisti violenti e di dementi gauchisti, dei fascisti e degli hooligan avvinazzati e pieni di birra, dei ribelli analfabeti e dei neonazionalisti che fanno venire il sudore freddo.

È la vittoria di coloro che, come l’ inenarrabile Donald Trump che urla sventolando la parrucca gialla come un lazo: «We will make America great again!», pensano di interporre un muro, anche loro, fra «i musulmani» e se stessi.

Questo si potrà dire in anglico, nella lingua dei rital, in franglese. Sarà detto ringhiando, picchiando, cacciando via, rimandando in mare, vietando di entrare o proclamando a voce alta l’ irrisorio e fiero: «Sono inglese, io, signore» – o scozzese, o francese, o tedesco o altro ancora.brexit-la-regina-elisabetta-

 Sarà, sempre, la vittoria dell’ ignoranza sul sapere. Sarà, ogni volta, la vittoria del piccolo sul grande, e della cretineria sull’ ingegno.

Infatti, amici britannici, è evidente che «i grandi» non sono i «plutocrati» e i «burocrati»! E nemmeno i «privilegiati» di cui oggi si sogna ovunque, come da voi, di veder la testa infilzata su una picca! E quelli che Brexit ha silurato, cancellando l’ appartenenza all’ Europa non sono, ahimè, gli «oligarchi» denunciati dai vostri battistrada!

 I grandi sono gli amici e gli ispiratori della vera grandezza dei popoli. Sono gli inventori di quella splendida chimera, nutrita con il latte di Dante, Goethe, Husserl o Jean Monnet, che si è chiamata Europa. Sono questi grandi che voi state rimpicciolendo. Ed è l’ Europa come tale che si sta dissolvendo nel nulla del vostro risentimento.

Che l’ Europa abbia avuto un suo ruolo nel processo della propria messa a morte, è vero.

Che questa «strana sconfitta» sia anche quella di un corpo esangue, e che si disinteressava alla propria anima, alla propria storia, alla propria vocazione; che l’ Europa cui viene dato il colpo di grazia fosse moribonda da anni perché rappresentata da dirigenti scialbi e già fantomatici, il cui errore storico era di credere che la fine della Storia fosse avvenuta e ci si potesse addormentare in un sonno eterno purché venisse messo in funzione l’ annaffiatore automatico, è certo.

Insomma, che la responsabilità della catastrofe incomba anche su politici che hanno preferito – da fedeli ascoltatori dei loro spin doctor e dei loro maestri sociologi – accarezzare gli eventi nel senso del pelo che è quello della non-Storia, attenuare il rombo dei temuti temporali e rinchiudersi in un newspeak le cui parole sono sempre servite a tacere piuttosto che a dire, anche questo è un’ evidenza. Ma coloro che hanno ottenuto la maggioranza al referendum, e coloro che l’ applaudono, non vengano a raccontarci che volevano difendere, in segreto, chissà quale «Europa dei popoli».

 Infatti Brexit non è la vittoria di un’«altra» Europa, ma di una «assoluta mancanza di Europa». Non è l’ alba di una rifondazione, ma il possibile crepuscolo di un progetto di civiltà. Significherà, se non si ritorna in sé, la consacrazione della grigia Internazionale degli eterni nemici dei Lumi e di chi ha sempre avversato la democrazia e i diritti dell’ uomo.

 L’ Europa era, certo, indegna di se stessa. I suoi dirigenti erano pusillanimi e pigri. I suoi professori erano abitudinari e la loro arte di governare infiacchita. Ma quello che si prospetta al posto di questo giardino dei Finzi Contini è una zona di villini mondializzata dove si dimenticherà, poiché ci saranno ormai solo nani da giardino, l’ esistenza di Michelangelo.

O meglio, fra coloro che si rassegnassero a lasciar marcire questo mondo nelle pattumiere «trumpiane» della «grande America» dei fucili e stivali, o nella seduzione di un putinismo che reinventa le parole della dittatura o, adesso, nella desolazione di una Gran Bretagna che volta le spalle alla propria grandezza, fra questi dunque e i contemporanei di una fornace da cui uscirono i più spaventosi demoni dell’ Europa, non c’ è che lo spessore della vita di un uomo.

Renoir: La colazione dei canottieri (1890-91)

Renoir: La colazione dei canottieri (1890-91)

 La scelta è quindi chiara. O gli europei tornano in sé, o questo sarà il giorno di una Santa Alleanza dei militanti di una nuova Reazione la cui fonte battesimale si trova non più sul Giordano ma sulle rive del Tamigi.

O gli europei escono da questa crisi senza precedenti da settant’ anni con parole forti e con una azione di grande rilievo, oppure, nell’ ampio spettro coperto dai linguaggi pre-totalitari – dove la smorfia rivaleggia con l’ eruttazione, l’ incompetenza con la volgarità e l’ amore del vuoto con l’ odio per l’ altro – sarà il peggio a fare la sua apparizione.”

 

BERNARD HENRY LEVY  per il “Corriere della Sera” – (traduzione di Daniela Maggioni) 27/6/2016

 

 

 

 

 

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