LA SCOPERTA DEL BOSONE DI HIGGS FRA SCIENZA E FILOSOFIA

LA SCOPERTA DEL BOSONE DI HIGGS FRA SCIENZA E FILOSOFIA

Articolo di Massimo Stevanella

Abstract

The Higgs boson has been discovered recently by ATLAS and CMS experiments at CERN’s Large Hadron Collider (LHC). It is an important particle because it is responsible for the mechanism called “Higgs Mechanism” by which all elementary particles acquire mass. The discovery of this particle completes the Standard Model of the physics particles.

From a historical and philosophical point of view, in this article we discuss the role of Higgs field and Higgs boson in the theory of fundamental particles and their interactions. We also discuss briefly the recent results of the Higgs boson at the Large Hadron Collider.

Introduzione

Una risposta critica e costruttiva alla considerazione di S. Hawking[1], secondo la quale la filosofia è morta perché non sarebbe stata in grado di stare al passo con l’evoluzione della fisica moderna, la quale avrebbe quindi ereditato la “fiaccola della conoscenza”, richiede un confronto serrato con il mondo della ricerca scientifica nella direzione della riscoperta delle radici comuni di quella che un tempo (non così lontano) era chiamata filosofia naturale.

Oggigiorno la filosofia della scienza si è certamente frammentata in una molteplicità di “filosofie delle scienze” (della fisica, della biologia, della matematica, ecc.), tuttavia il lavoro dei filosofi si è significativamente avvicinato alla pratica scientifica, e questo ha favorito quel fecondo interscambio che, a nostro giudizio, dovrebbe caratterizzare la ricerca scientifica. In questa direzione, in una lettera del 1944 a R. A. Thornton è stato lo stesso A. Einstein a sottolineare con forza:

«[…] l’importanza ed il valore educativo della metodologia, della storia e della filosofia della scienza. Oggi molta gente, tra cui scienziati di professione, mi sembrano come chi ha visto migliaia di alberi, ma non ha mai visto una foresta. La conoscenza dei fondamenti storici e filosofici fornisce quel genere di indipendenza dai pregiudizi di cui soffre la maggior parte degli scienziati oggi. Questa indipendenza creata dall’intuizione filosofica è, a mio parere, il segno distintivo tra un puro artigiano o specialista ed un vero ricercatore della verità»[2].

D’altro canto, la posizione di Hawking appare intrinsecamente contraddittoria, in quanto prima proclama la morte della filosofia ma poi evidenzia alcune questioni fondamentali a cui la scienza dovrebbe dare risposta e che ci sembrano autenticamente “filosofiche”, ossia: Qual è la natura della realtà? Da dove viene il tutto? L’Universo richiede un Creatore? Perché esistiamo?

Cionondimeno noi pensiamo che oggi il filosofo della scienza non possa esimersi dal rivitalizzare le tematiche filosofiche tradizionali con la straordinaria mole di conoscenze proveniente dalle scienze empiriche e logico-matematiche: riflessioni puramente aprioristiche su tematiche quali la relazione corpo/mente, il rapporto spazio/tempo, il dibattito su determinismo e libertà, ecc., appaiono ormai del tutto anacronistiche.

Da sempre filosofia e scienza, per arrivare a una visione completa e risolutiva delle leggi naturali che governano l’Universo, cercano di formulare teorie sempre nuove e più ampie. Oggi è sempre più evidente che le domande fondamentali sollevate dal pensiero kantiano: Che cosa esiste? (ontologia), Che cosa posso conoscere (epistemologia), Che cosa devo fare? (etica), ormai non possono più ricevere una risposta seria senza tener conto dei risultati dell’indagine scientifica[3].

Il mondo dei quanti

Oggigiorno è impossibile, per esempio, parlare di questioni ontologiche senza fare riferimento alla Meccanica quantistica. Quando si parla di Meccanica quantistica ci si riferisce alla teoria fisica che, insieme alla Relatività generale, costituisce le fondamenta della fisica moderna. In particolare, la fisica dei quanti appare incentrata sulla necessità di spiegare le caratteristiche fondamentali della materia e della radiazione mediante lo studio delle loro interazioni a livello atomico e subatomico; essa nasce agli inizi del Novecento per risolvere le contraddizioni sorte nell’ambito della fisica classica quando si cercò di estenderla alla trattazione dei fenomeni del mondo atomico e subatomico[4]. In effetti, a livello microscopico la fisica classica sembra cedere il passo alla fisica quantistica, la quale risulta estremamente più efficace nel descrivere in termini scientificamente rigorosi i sorprendenti fenomeni che avvengono nel profondo della materia.

Il Cern di Ginevra, laboratorio europeo per la fisica delle particelle

Fino alla fine del XIX secolo la scienza nel suo complesso appariva basata su un’idea essenziale e intimamente connessa al concetto stesso di scienza, fin dalle sue origini greche: la Natura, fondamentalmente, appariva governata da leggi rigorose e deterministiche, con valore universale. La scienza, pertanto, doveva necessariamente puntare sull’obiettivo di ritrovare il determinismo insito nei fenomeni naturali, pur nella “complessità”, talvolta estrema, delle dinamiche fisico-naturali. Secondo tale prospettiva, le teorie fisiche dovevano essere concepite come schemi fisico-matematici che inerivano al mondo: la scienza, per così dire, doveva limitarsi alla scoperta di tali schemi, nella forma di teorie e leggi scientifiche che governavano oggettivamente la natura stessa.

La Meccanica quantistica, nel corso del Novecento, attraverso l’analisi e lo studio sempre più profondo dell’atomo e delle particelle subatomiche, ha reso molto più problematico (per certi versi impossibile!) questo determinismo e questa idea della natura come un cosmo ordinato, che erano rimasti saldi per secoli (e che ancora permeavano buona parte della fisica “classica” di fine Ottocento), introducendo nel cuore della fisica l’indeterminismo e la probabilità: gli oggetti di cui parla la fisica dei quanti non sembrano affatto governati da leggi rigorose e deterministiche! L’elaborazione della nuova fisica quantistica è avvenuta in stretto riferimento con i progressi delle ricerche sull’atomo ad opera di scienziati e fisici di enorme livello, come M. Planck, A. Einstein, N. Bohr, L. de Broglie, P. Dirac, E. Fermi, ecc., solo per citare i più noti. D’altro canto, occorre tenere presente che, ancora alla fine dell’Ottocento, molti scienziati, anche piuttosto importanti come E. Mach, consideravano l’esistenza degli atomi più una mera ipotesi utile per fini pratici di calcolo che una realtà oggettiva e comprovata. Tuttavia, in circa un quindicennio (tra il 1895 e il 1910), tutto cambiò: i fisici, grazie a numerosi dati sperimentali, si resero progressivamente conto che la materia era realmente discontinua, “discreta”, ossia composta di atomi; e, come se non bastasse, gli atomi erano, a loro volta, costituiti da particelle più piccole, subatomiche, che presentavano caratteristiche inaspettate e sorprendenti.

I problemi relativi alla scoperta dell’elettrone ebbero certamente un impatto notevole sulla genesi della teoria quantistica. Alla fine dell’Ottocento E. Rutherford aveva scoperto il nucleo atomico: in base alla teoria dell’elettromagnetismo classico di J. C. Maxwell, l’elettrone ruotante intorno al nucleo avrebbe dovuto emettere una radiazione elettromagnetica (luce) con una progressiva perdita di energia che lo avrebbe fatto collassare sul nucleo in un tempo molto breve (circa 10ˉ11 secondi). Pertanto, i fisici si resero presto conto che c’era qualcosa di sbagliato nella fisica classica quando questa si muoveva all’interno del mondo atomico. Fu N. Bohr a compiere un memorabile passo in avanti spiegando la stabilità degli atomi e della materia mediante il principio della quantizzazione dell’energia, elaborata pochi anni prima da M. Planck, per descrivere il comportamento dell’elettrone all’interno dell’atomo. In questo modo Bohr rese incompleta la fisica classica. A partire dalla rivoluzione dell’atomo di Bohr, nel corso degli anni ’20, i fisici compresero che l’elettrone poteva essere trattato anche come un’onda, oltre che come particella. Prendeva forma così uno dei principi caratteristici della Meccanica quantistica: il dualismo onda/particella.

Il mondo descritto dalla Meccanica quantistica – come evidenzia C. Rovelli[5] – appariva dunque fondato su alcuni concetti fondamentali:

  • La granularità: l’informazione intrinseca allo stato di un sistema è limitata dalla costante di Planck;
  • Indeterminismo: il futuro non è determinato dal passato, le regolarità osservate a livello quantistico hanno un valore solo statistico;
  • Relazionalità: gli eventi in natura sono sempre interazioni, gli eventi sono spiegabili solo in relazione ad altri eventi.

In effetti, osserva ancora Rovelli, la Meccanica quantistica ci mostra un mondo che non è fatto di campi e particelle, ma di uno stesso tipo di oggetto: il campo quantistico. Non ci sono più particelle che si muovono nello spazio al passare del tempo, ma campi quantistici in cui eventi elementari esistono nello spazio-tempo.

Nel corso del Novecento il Modello Standard si è costituita come la Teoria di campo quantistica e relativistica che ha messo insieme i costituenti fondamentali della materia e le relative interazioni, ovvero: tre generazioni di fermioni (quark e leptoni) che interagiscono grazie ai bosoni mediatori della forza elettromagnetica (fotoni); della forza nucleare forte (gluoni); della forza nucleare debole (particelle W e Z)[6].

La prima sensazionale foto fatta di recente da un gruppo di scienziati internazionali ad un buco nero

La forza di gravità non rientra nel Modello Standard in quanto, con le masse in gioco a livello subatomico, i suoi effetti sono trascurabili: pertanto, la trattazione della gravità da parte della Relatività generale non appare oggi compatibile con la Meccanica quantistica. Il gravitone, se esiste (ma non è stato ancora osservato), dovrebbe essere responsabile della trasmissione della forza di gravità nei sistemi di gravità quantistica. Il nodo centrale della fisica contemporanea è proprio questo: Relatività generale e Meccanica quantistica appaiono in contraddizione, sembrano incompatibili; occorre dunque una nuova teoria unificante in grado di descrivere tutte le forze della Natura all’interno di un quadro coerente[7].

Il bosone di Higgs

Il 4 luglio 2012 la comunità internazionale dei fisici, riuniti al CERN di Ginevra, ha annunciato al mondo la scoperta di una particella fondamentale della materia responsabile della massa del nostro Universo: il bosone di Higgs. In effetti, tale particella era stata prevista dal fisico inglese P. Higgs (con i suoi collaboratori F. Englert e R. Brout) fin dal 1964 per risolvere alcune anomalie circa la massa delle particelle elementari che, nel loro insieme, costituiscono il Modello Standard della fisica delle particelle, la teoria fondamentale per descrivere il mondo subatomico.

I risultati sperimentali (ATLAS e CMS) che hanno confermato la previsione teorica del 1964 hanno quindi richiesto circa mezzo secolo di lavoro da parte di migliaia di fisici di tutto il mondo, oltre che la costruzione del più complesso e costoso (circa dieci miliardi di euro) strumento della storia della scienza: l’acceleratore Large Hadron Collider (LHC) presso il CERN di Ginevra: un anello che si sviluppa 100 metri sottoterra per circa 27 chilometri!

Insieme all’osservazione delle onde gravitazionali, la scoperta del bosone di Higgs è stata certamente una delle principali scoperte della fisica contemporanea, una nuova “finestra” che consentirà agli scienziati di gettare nuova luce sull’Universo e sul posto che l’uomo occupa all’interno di esso[8]. Con la scoperta del bosone di Higgs prende forma il quadro delle particelle fondamentali che costituiscono la materia: per i fisici si è aperto un capitolo nuovo che ora necessita di essere approfondito per delineare chiaramente i contorni di questa nuova particella elementare, uno strumento importante per indagare quelli che sono ancora grandi misteri della scienza contemporanea: il problema dell’anti-materia, l’esistenza della materia oscura e l’energia oscura che, insieme, costituiscono il 95% del contenuto del nostro Universo e da cui dipende la struttura stessa e l’unità delle galassie! LHC ha rappresentato, un grande passo in avanti per l’indagine sui costituenti fondamentali della materia, sui quark e leptoni e se questi sono realmente elementari o invece presentano una struttura interna, sulle forze fondamentali che governano le loro interazioni[9].

Ma il problema fondamentale per rispondere al quale è stato costruito LHC è, in ultima analisi, il seguente: che cos’è la massa?

Il Modello Standard delle particelle elementari rappresenta il grande tentativo di dare una descrizione delle forze fondamentali che governano la materia a livello subatomico all’interno di una teoria dell’interazione unificata. Negli anni Sessanta sono stati i lavori di S. Glashow, S. Weinberg e A. Salam a muoversi in questa direzione: la loro Teoria elettrodebole riusciva a descrivere congiuntamente la forza elettromagnetica e la forza nucleare debole. Tuttavia rimaneva aperto il problema di spiegare la presenza e le diverse caratteristiche della massa delle varie particelle: il modello sembrava funzionare bene solo ammettendo particelle di massa nulla, e questo risultava in netto contrasto con i risultati sperimentali che invece mostravano l’esistenza di particelle massive, con importanti differenze tra l’una e l’altra. D’altro canto dalla massa sembravano dipendere le stesse forze fondamentali: ad esempio, l’intensità della forza elettromagnetica e della forza debole è fondamentalmente uguale, ma gli effetti diversi dipendono dalla massa; una particella come il fotone, priva di massa e che si muove alla velocità della luce, trasmette la forza elettromagnetica; particelle come i bosoni W e Z trasmettono la forza debole ma pesano più di un atomo di ferro. Allora tra i fisici si impose insistentemente la necessità di dare soluzione al problema: da dove proviene la massa?

Per rispondere a questa domanda i fisici hanno dovuto modificare la teoria elettrodebole introducendo un nuovo campo di forze che pervade tutto l’Universo: il campo di Higgs a cui è associata una nuova particella, il bosone di Higgs. Secondo questa teoria, introdotta da P. Higgs e collaboratori nel 1964, pochi miliardesimi di secondo dopo il Big Bang, nell’Universo primordiale si è venuta a creare una transizione di fase che ha generato un campo scalare, il campo di Higgs. Al momento del Big Bang le particelle elementari superenergetiche riempivano ogni parte dello spazio-tempo; la massa non esisteva ancora ma le particelle iniziavano a perdere energia con il diminuire della temperatura. Circa cento miliardesimi di secondo dopo il Big Bang, con l’abbassamento della temperatura, l’Universo apparve improvvisamente come permeato da un campo, che si era materializzato in modo simile alla formazione di cristalli di ghiaccio sulla superficie dell’acqua intorno a zero gradi. Questa transizione di fase è ciò che i fisici chiamano “campo di Higgs” e che ha un effetto determinante sulla massa delle particelle che, fino a un momento prima, si muovevano tutte prive di massa alla velocità della luce. Ora, la massa delle particelle dipende proprio dalla loro interazione con il campo di Higgs: più intensa è l’interazione più la particella risulta massiva. Il fotone non interagisce dunque la sua massa è nulla. I bosoni W e Z interagiscono molto e sono quindi molto massivi. Nel vuoto ordinato rappresentato dal campo di Higgs le particelle subiscono un rallentamento (ad eccezione del fotone) determinato dalle interazioni di campo e acquistano, pertanto, una massa: la massa, la materia, quindi noi stessi e il nostro Universo, siamo il risultato di queste interazioni. Senza il campo di Higgs l’Universo non esisterebbe, ci sarebbero solo particelle prive di massa che si muovono alla velocità della luce!

Si è trattato di un grande mutamento concettuale intervenuto nella nostra comprensione dell’Universo: per la fisica classica, da Galilei in poi, la massa appariva come una proprietà intrinseca dei corpi; ora invece sappiamo che essa è il risultato di una interazione tra i costituenti elementari della materia e il campo di Higgs!

L’introduzione del meccanismo di Higgs nel modello elettrodebole ha avuto molto successo nello spiegare le proprietà della materia osservate nel mondo reale. Fino a poco tempo fa, tuttavia, mancava la prova definitiva della sua validità, ossia mancava l’osservazione diretta del bosone di Higgs. Il problema era reso molto complicato a causa delle grandi energie richieste negli acceleratori per la sua produzione ed osservazione e dal fatto che si tratta di una particella estremamente instabile. A partire dal 2011 gli esperimenti ATLAS e CMS effettuati presso il Large Hadron Collider del CERN di Ginevra hanno presentato una serie di tracce della presenza del bosone di Higgs. Il 4 luglio 2012 i due gruppi del CERN hanno confermato l’esistenza di una particella le cui caratteristiche coincidono con quelle previste per lo sfuggente bosone di Higgs. La comunità internazionale dei fisici è ormai convinta di avere trovato il tassello mancante per la definizione del Modello Standard, un nuovo punto di forza della fisica delle particelle fondamentali.

I fisici erano convinti dell’esistenza del bosone di Higgs considerato quale espressione di un campo generato dalle interazioni con sé stesso: il vuoto, in altri termini, non doveva essere considerato statico ma oscillante e risuonante ad una frequenza di circa 1026 Hz/s. Queste oscillazioni mutano la densità di energia virtuale, creano e distruggono bosoni di Higgs virtuali: grazie a LHC, immettendo nel campo abbastanza energia reale, i fisici sono stati in rado di materializzare i bosoni di Higgs. Si è trattato di una impresa scientifica senza precedenti, che ha richiesto acceleratori superenergetici, per accelerare i protoni e farli scontrare; rivelatori, per registrare le particelle prodotte quando emergono dal punto di collisione; supercomputer, per raccogliere, conservare, distribuire e analizzare l’enorme quantità di dati prodotta dai rivelatori; scienza collaborativa, per disegnare, costruire ed operare queste macchine estremamente complesse.

Nel corso del 2012 LHC ha prodotto circa 400 mila bosoni di Higgs, individuati grazie all’enorme sforzo di indagine all’interno di circa 3 milioni di eventi con caratteristiche simili all’Higgs, ma in realtà di tipo “standard”. Tuttavia, un accumulo di eventi di una certa massa (circa 126 GeV) ha consentito di individuare la particella più sfuggente della storia della fisica! Il potenziamento di LHC previsto per i prossimi anni, consentirà agli scienziati di lavorare ad energie molto più elevate e di produrre decine di milioni di bosoni di Higgs con un probabile superamento del Modello Standard verso una nuova fisica[10]. In effetti, oltre ad avere spiegato l’origine della massa, il meccanismo di Higgs ci ha consentito la comprensione che l’Universo contiene oggetti ancora misteriosi come la materia oscura, l’energia oscura, la massa dei neutrini, ecc.

Conclusione

L’uomo è sempre andato alla ricerca degli elementi fondamentali della Natura, per decifrarne il linguaggio, indagarne le possibilità, svelarne i segreti. Si pensi ai primi filosofi greci (Talete, Anassimandro, Empedocle, Democrito, ecc.) che andavano alla ricerca dell’Arché, il Principio che rappresentava la materia di cui tutte le cose sono fatte; la forza che la ha generate; la legge che le governa. Erano gli elementi naturali: terra, acqua, aria, fuoco; ma anche le forze di attrazione (Philia) o di repulsione (Neikos); oppure gli atomi infiniti del grande Democrito, a cui dobbiamo l’elaborazione dell’atomismo e la teoria degli infiniti mondi.

Come nell’antica filosofia greca della natura, dietro la scoperta del bosone di Higgs si cela lo stesso impulso fondamentale: trovare l’elemento, la legge, la forza che origina e tiene insieme il Tutto! Tale scoperta ha richiesto uno sforzo economico e tecnologico senza precedenti e circa cinquant’anni di lavoro da parte dei migliori fisici del mondo: nel 2012, finalmente, la più elusiva delle particelle subatomiche è stata “catturata”. Ne è valsa la pena: ora sappiamo che senza il bosone di Higgs il nostro Universo non esisterebbe o sarebbe davvero molto diverso da quello che possiamo osservare; se non ci fosse il campo di Higgs che permea l’intero Universo, le particelle che costituiscono la materia non avrebbero massa e si muoverebbero caoticamente alla velocità della luce. La scoperta del bosone di Higgs ha fornito certamente molte risposte alla fisica contemporanea ma, come spesso accade nella scienza, ha anche sollevato un’infinità di nuove domande, alle quali i laboratori di tutto il mondo stanno ora cercando di dare nuove soluzioni, con il grande obiettivo di scandagliare la materia sempre più in profondità, fino al cuore della stessa trama della Natura.

I fisici di tutto il mondo stanno oggi lavorando per elaborare una teoria in grado di descrivere l’Universo in tutte le sue dimensioni, per unificare Relatività generale e Meccanica quantistica. Nel 1968 il fisico Gabriele Veneziano fu tra gli iniziatori della ricerca di una spiegazione delle leggi fondamentali della Natura a partire dai suoi elementi costitutivi elementari: su questa base, nel 1970 L. Susskind e collaboratori tentarono una prima spiegazione della forza nucleare mediante “stringhe” vibranti a una dimensione; nel 1974 J. Schwarz e J. Scherk ipotizzarono che uno dei modi in cui oscilla una stringa corrisponde perfettamente alle proprietà del gravitone, la particella mediatrice della forza gravitazionale. Tale ipotesi confermava che la teoria delle stringhe poteva unificare la gravità descritta dalla Relatività generale con la struttura delle particelle descritta dalla Meccanica quantistica[11]. Questa teoria, tuttavia, non ha ancora condotto a risultati sperimentali ma si è certamente candidata a diventare una onnicomprensiva teoria del Tutto.

Oggigiorno molti fisici che stanno lavorando per cercare di giustificare la presenza nell’Universo del campo di Higgs intravedono come una delle teorie più promettenti proprio la Teoria delle stringhe. Questa, infatti, si pone l’obiettivo di sviluppare un approccio fisico unitario dove tutti i fenomeni conosciuti (materia, energia, forze fondamentali) risultino come una manifestazione di un’unica entità fisica: le stringhe, ossia minuscoli filamenti di energia che compongono le particelle più piccole della materia, i quark, e le cui vibrazioni sarebbero alla base della produzione di tutte le particelle che compongono il nostro universo. Secondo tale approccio, dunque, le particelle elementari (elettroni, leptoni, quark) non sarebbero puntiformi ma una sorta di “anellini” che oscillano rapidamente, determinando (a seconda del tipo di vibrazione) le caratteristiche fondamentali di tutte le particelle: massa e carica. Il campo di Higgs, allora, presenta una molteplicità di valori della densità di energia del campo, la massa delle particelle viene ad assumere tutto uno spettro di valori, ciascuno dei quali in grado di generare un Universo diverso. In definitiva, il nostro Universo sarebbe in realtà un Multiverso, un insieme di Universi ognuno dei quali caratterizzato dal proprio campo di Higgs! A questo livello fisica e filosofia sembrano davvero intrecciarsi in modo inscindibile!

In conclusione, ci sembra che la scoperta del bosone di Higgs offra importanti spunti di riflessione sulla nostra stessa esistenza, sul nostro essere hic et nunc, sull’origine del Cosmo e sul rapporto di quest’ultimo con la vita umana e il suo significato. Da questo punto di vista, allora, tale scoperta può stimolare un dialogo più approfondito tra scienza e filosofia, così da riavvicinare il pensiero scientifico e quello umanistico, verso la riscoperta delle radici comuni.

In copertina un quadro del futurista Giacomo Balla


[1] Cfr. S. Hawking, L. Mlodinow, Il grande disegno, Milano, Mondadori, 2010, p. 5.

[2] Archivio Einstein – universita’ di gerusalemme, Lettera a R. A. Thornton del 1944, EA 6-574.

[3] Cfr. M. Dorato, Che cos’è la filosofia della scienza, in «Analysis», 3, 2003, pp. 1-9.

[4] Cfr. L. Susskind, A. Friedman, Meccanica quantistica, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2015.

[5] Cfr. C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2014, pp. 97-123.

[6] Cfr. A. Ereditato, Le particelle elementari, Milano, Il Saggiatore, 2017.

[7] Dobbiamo l’unificazione della Meccanica quantistica con la Relatività speciale principalmente all’opera di P. Dirac e alla sua equazione d’onda, che spiega in modo relativisticamente invariante il moto dei fermioni (meccanica quantistica relativistica). Questa prevedeva, tra l’altro, l’esistenza dell’anti-materia, scoperta poi nei raggi cosmici con l’osservazione dei positroni.

[8] Cfr. G. Tonelli, La nascita imperfetta delle cose, Milano, Rizzoli, 2016.

[9] Cfr. J. Baggott, Il bosone di Higgs, Milano, Adelphi, 2013.

[10] Cfr. R. Oerter, La teoria del quasi tutto: il Modello Standard e il trionfo non celebrato della fisica moderna, Torino, Codice, 2006.

[11] Cfr. L. Susskind, Il paesaggio cosmico. Dalla teoria delle stringhe al megaverso, Milano, Adelphi, 2005.

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