COME ERAVAMO: PERDENTI MA FAMOSI

COME ERAVAMO: PERDENTI MA FAMOSI

Maurizio Cabona ritorna sulla fede nel fascismo di personaggi famosi, parecchi dei quali morti, alcuni pentiti, altri ( pochi) orgogliosamente coerenti. Tornano in mente le parole di Churchill: “40 milioni di fascisti, poi 40 di antifascisti. Non sapevo che l’Italia contasse 80 milioni di abitanti.”

Raimondo Vianello lo ha detto chiaro: “Io non rinnego niente”. Riaprire la questione del servizio militare prestato, oltre mezzo secolo fa, nella Repubblica Sociale, poteva costargli caro alla vigilia del Festival di Sanremo che deve presentare. Eppure Vianello ha scelto la dignità, non l’opportunità. Sarebbe bello se a Sanremo ’98 ci fossero con lui anche l’ex iscritto al M.S.I. di Milano (1956) Adriano Celentano; l’ex frequentatore della Giovane Italia a Bologna nei primi anni ’60 Lucio Dalla; il presunto finanziatore del Soccorso Tricolore de “Il Borghese” dei primi anni ‘ 70, Lucio Battisti con Mogol, alias Giulio Rapetti, che per i testi di qualche sua canzone ha preso in prestito parole di Robert Brasillach…

Raimondo Vianello

Lasciamoli cantare, e dimenticare, come si è dimenticato che, nel 1958, Johny Halliday attaccava a Parigi manifesti per il gruppo di “Jeune Nation”. Restiamo agli attori, come il tenente della Legione Tagliamento Giorgio Albertazzi, fucilatore di disertori, uno che oggi fa il radicale, ma che, come Vianello, ha detto quello che Walter Chiari (Decima MAS) e Ugo Tognazzi (Brigata Nera Cremona) avevano dovuto tacere. Anche Enrico Maria Salerno, ex della Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.), che era stato trattenuto per quasi due anni in un campo di concentramento dopo la fine della guerra (non si lasciava “defascistizzare”) aveva dovuto tacere e mimetizzarsi: in un film di Florestano Vancini, Le stagioni del nostro amore (1966) recitava da antifascista e prendeva addirittura a male parole un lettore de “Il Borghese”.

Giorgio Albertazzi

E il regista Marco Ferreri, reduce anche lui dalla G.N.R., era diventato un idolo della sinistra intellettuale, anche se negli anni ’50 era andato a girare i suoi film migliori, El pisito e El cochecito nella Spagna di Franco. Aveva dovuto tacere anche Marcello Mastroianni, l’attore italiano più noto al mondo, ma prima militare a Dobbiaco all’Istituto geografico militare della R.S.I. e poi passato con i Tedeschi nelle file dell’Organizzazione “Todt”. Quando Mastroianni morì, sul “Corriere della Sera” Ernesto Galli Della Loggia rimproverò al Polo l’assenza ai suoi funerali, perché anche un attore può incarnare l’Italia. Il professore non immaginava quanto fosse vicino al vero, sia pure per ragioni diverse da quelle che lui sosteneva. Hugo Pratt non aveva dovuto tacere fino all’ultimo, ma quasi.

Ugo Tognazzi

Non si era mai vergognato di esser passato attraverso la Decima MAS e la polizia tedesca dello S.D. Solo che, dopo, aveva confuso le piste alla maniera del suo Corto Maltese, che si definisce un “gentiluomo di ventura”, cioè un pirata, un rinnegato, ma è stato lo stesso adottato come un’icona dalla sinistra intellettuale. Che è rimasta molto delusa quando “Il Giornale” ha pubblicato una dedica di Pratt a un suo editore francese. Con la sua calligrafia inconfondibile scriveva : “De votre fasciste Hugo Pratt”. Non era del 1944, ma del 1988.

Marco Ferreri

Oggi i tempi sono cambiati e l’ex paracadutista della G.N.R. Dario Fo ha vinto il Nobel che, più di lui, avrebbero meritato altri aderenti alla Repubblica di Mussolini, come Filippo Tommaso Marinetti o Ezra Pound. E il regista Piero Vivarelli, oggi comunista come Fo, può ammettere di essere stato anche lui nella Decima MAS e non solo di aver diretto un film come Il dio serpente (1970), memorabile solo per l’altra faccia di Nadia Cassini. I fascisti dell’altro ieri, diventati gli antifascisti di ieri, oggi si manifestano. La gente chic direbbe che “fanno outing”, come gli omosessuali. Nel mondo del pensiero unico, essere fascista equivale oramai a essere in qualche modo dei “diversi”.

Marcello Mastroianni

Ma Renzo Montagnani se ne infischiava, lui che era in buoni rapporti con l’ex ministro missino Altiero Matteoli. Ma non tutti hanno deciso di reindossare simbolicamente la camicia nera prima di morire. Alcuni non se la sono mai levata, come l’ex cronista radiofonico di “Tutto il calcio minuto per minuto”, Enrico Ameri. Il giornalista sportivo e paracadutista Gianni Brera, che aveva cominciato la propria carriera al “Popolo d’Italia”, ricordava volentieri il suo passato di partigiano in Val d’Ossola. Ricordava meno volentieri, ma non smentiva, che l’anno prima aveva fatto tranquillamente il suo mestiere nella R.S.I. E i suoi articoli e i suoi libri sono intrisi di una saggezza volkisch molto più spinta di quella leghista.

Ugo Pratt

Di altri personaggi famosi il passato compromettente è stato dimenticato, come nel caso di Paolo Carlini, star dei primi romanzi sceneggiati in tv negli anni ’50; di Paolo Ferrari, l’Archie Goodwin accanto al Nero Wolfe di Tino Buazzelli nella tv degli anni ’70; dell’idolo della tv dei ragazzi di allora, Febo Conti (Chissà chi lo sa?). Quanto a Doris Duranti, è stata considerata una “sventurata”, più che una fascista, per il suo rapporto con Alessandro Pavolini, segretario del Partito Fascista Repubblicano. Lei lo ricorda così : “Ho avuto molti uomini, ho amato solo lui!”. Non si ha bisogno di molte parole quando si hanno le idee chiare. La morte invece non ha diviso altri due attori, Osvaldo Valenti e Luisa Ferida: insieme vissero intensamente, insieme vennero fucilati a Milano.

Dario FO

Nuto Navarrini e Vera Roll, grandi nomi del teatro di rivista, furono più fortunati: nel 1945 lui finì in prigione, lei venne rapata a zero come “collaborazionista”. Si espose meno (e quindi se la cavò meglio) Gilberto Govi, che dal palcoscenico del Teatro Universale di Genova – nel cui atrio era esposto il motore di una fortezza volante abbattuta dalla contraerea – esortava i giovani ad arruolarsi nella X M.A.S. Anche Eduardo De Filippo, che sarebbe diventato un idolo del progressismo, nel 1943-44 lavorava per il fronte interno della R.S.I., con suo fratello Peppino (che ancora nel 1972, però, non avrebbe nascosto le proprie simpatie per il M.S.I.) 

Gianni Brera

Se la guerra fosse finita diversamente, l’opera teatrale Filumena Marturano magari sarebbe stata presentata da Eduardo come la storia di un’eroina della campagna demografica finita vittima di un borghese opportunista; quanto al film che ne sarebbe stato tratto, avrebbe avuto come protagonista sempre Marcello Mastroianni, come è accaduto per Matrimonio all’italiana di Vittorio De Sica…Proprio De Sica, affermatosi come attore e regista sotto il fascismo, nel dopoguerra costituì un sodalizio artistico d’intonazione populista con l’ex fascista Cesare Zavattini (Miracolo a Milano, Umberto D.). Ma nei primi anni ’60 si sarebbe candidato alle elezioni nel suo paesino natale, nelle liste dei monarchici. Secondo le malelingue, invece, dal paesello sarebbe dovuta fuggire nel 1944 una quindicenne che aveva tenuto alto, molto alto il morale di un reparto della Wehrmacht : esule a Roma, Gina Lollobrigida avrebbe intrapreso così la carriera cinematografica.

Cesare Zavattini

Un altro tipo di bellezza, più nordico e altero, era quello di Alida Valli. Nata Alida Maria Altenburger, a Pola nel 1921, figlia di un barone di origine austriaca amico del prefetto Ettore Tolomei, l’italianizzatore dei nomi delle località dell’Alto Adige, poi fatto senatore da Mussolini. Lanciata da Alessandro Blasetti e da Mario Soldati, che era geloso del flirt che Alida aveva con l’assistente alla regia Dino Risi, la Valli sarebbe stata poi sospettata di avere una tresca perfino con il Duce. Anche per questo, nel 1954, la Mostra del Cinema di Venezia [la stessa Mostra del Cinema fondata da Benito Mussolini] le negò il premio per il film Senso di Luchino Visconti. Nel 1997 la Mostra ha cercato di farsi perdonare, conferendole il Leone d’Oro alla carriera. La Valli lo ha accettato, ma ha mormorato: ” Potevano pensarci prima…”

Alida Valli

Maurizio Cabona per il sito digilander.libero.it

L’immagine di copertina è tratta dal film Roma di Federico Fellini

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