VECCHIE CARTE INEDITE DEL DR. DESTOUCHES

VECCHIE CARTE INEDITE DEL DR. DESTOUCHES

MISTERIOSO RITROVAMENTO DEL CRITICO JEAN-PIERRE THIBAUDAT DI MIGLIAIA DI PAGINE INEDITE DI CÉLINE, TRAFUGATE NEL 1944, CHE ORA SARANNO PUBBLICATE

Il ritrovamento di migliaia di pagine che sembravano perdute per sempre è un po’ la Pompei del dottor Louis-Ferdinand Destouches, in arte Céline, dal nome di una nonna molto amata e grande affabulatrice. I manoscritti scomparsi erano il suo grande cruccio, la sua ossessione. Alimentavano quel torrente di recriminazioni, rancori, lamenti, invettive che rovesciava su amici e sostenitori, in primis i suoi avvocati, Jean Paulhan, il povero Gaston Gallimard sommerso da scariche di contumelie al vetriolo. Tornato in Francia dall’esilio danese dopo essere stato condannato a morte in contumacia per collaborazionismo, autorecluso in un villino un po’ cadente di Meudon, barbonizzato, circondato da uno stuolo di cani, gatti e pappagalli, assistito amorevolmente dall’eroica moglie Lucette che continuava a dare lezioni di danza, il refrain era sempre quello: i libri che gli avevano portato via quando nel 1944 era fuggito verso nord. Gli avevano devastato l’appartamento al 4 di rue Girardon in cui viveva («Non mi hanno lasciato niente…non un fazzoletto…non una sedia, non un manoscritto…»).

Un lutto che non riusciva a elaborare, che lo rendeva ancora più ringhioso. Era riuscito a salvare Casse-pipe (poi pubblicato nel 1949), un potente torso del romanzo che doveva chiudere, la trilogia autobiografica avviata trionfalmente con il Viaggio al termine della notte (1932) e Morte a credito (1936). Céline lo aveva scritto proprio in rue Girardon (dove non c’è nessuna targa che lo ricordi). Gli era rimasta una combriccola di pochi amici fedeli, pittoreschi bohémiens forti bevitori e svelti di parola. Non parlavano di politica, ma Céline era pur sempre l’autore dell’esagitato pamphlet antisemita Bagatelle per un massacro. Così lo scrittore Roger Vailland, che frequentava al piano di sotto una cellula della resistenza (che Céline si era ben guardato dal denunciare), aveva pensato a un attentato. Il gruppo era stato poi fermato dai dubbi: come si fa ad ammazzare l’autore del Voyage, che piace tanto a Trotzkij? Le cento pagine di Casse-pipe, che ho avuto l’onore di tradurre, bastano a se stesse, perfettamente compiute e autonome come sono.

Raccontano potentemente la notte in cui il giovane Destousches si presenta alla caserma dei corazzieri di Rambouillet per arruolarsi come corazziere, tra cavalli che scappano e le crisi epilettiche che travolge il maresciallo d’alloggio Le Meheu e i suoi tonitruanti monologhi. La follia della grande guerra è già annunciata e condensata lì. Adesso apprendiamo che il benemerito archeologo delle carte céliniane, il critico teatrale Jean-Pierre Thibaudat, ha trovato le seicento pagine del seguito, che portano il protagonista Ferdinand, ferito al braccio in una missione di collegamento, in un ospedale del Belgio in si cui aggira una perversa infermiera erotomane. Insieme a quelle, Thibaudat ha decifrato altre migliaia di pagine, dedicate tra l’altro al soggiorno londinese che seguì l’esperienza della guerra. Una manna, una miniera da esplorare. Si è sempre vantato, Céline, di quella montagna di fogli su cui si continuava a dannare con la furia insoddisfatta di un artigiano maniacale, sempre alla ricerca ossessiva della parola giusta, dei ritmi martellanti, della petite musique che era il suo marchio di fabbrica. In molti hanno creduto che fossero un po’ le vanterie di un disperato, che ancora fremeva di rabbia quando ripensava ai pillards, agli infami saccheggiatori che gli avevano devastato l’appartamento. Evidentemente non erano solo dei vandali o dei rozzi epuratori accecati dall’odio. La storia del trafugamento di queste carte ha l’aria di essere un capitolo avventuroso dei disastri della guerra che Céline ha poi raccontato in un delirio sempre più allucinato e quasi jazzistico. Gli inediti non cambieranno di sicuro l’interpretazione della sua opera, come qualcuno ha già scritto, ma questa inattesa, miracolosa resurrezione, in tutto degna del dottor Destousches, ci promette grandi emozioni.

Articolo di Luigi Ambrosio, La Stampa

Di seguito alcuni stralci dell’intervista di Madeleine Chapsal a Louis-ferdinand Céline (1957), edita ora in Italia da Stampa alternativa e apparsa sul Fatto Quotidiano il 6 agosto scorso.

L

“Scrivo così pago l’affitto: trama da fruttivendole. Mi fido solo degli astemi. In guerra non stavo in fuga come Malraux… Questione di fegato, altro che dire ‘bellaciao’”

Bagatelle domestiche L’attrice Arletty con l’amico Céline

Allora vuol dirci come scrive?

Sono uno stilista… diciamo… un maniaco dello stile… Mi diverto a fare piccole cose… A un uomo si chiede moltissimo, ma lui non può fare molto… Enorme illusione del mondo moderno chiedere a uno d’essere ora un Lavoisier… ora un Pasteur… di far tornare sempre i conti. Uno che trova qualcosina nuova è già tanto… già completamente sfinito! Ne ha per una vita!… Si parla di “messaggi”: mica mando messaggi alla gente, io. L’enciclopedia è stracolma di messaggi… niente di più volgare, a chilometri e tonnellate… e via con le filosofie, le visioni del mondo!

Come definirebbe ciò che ha inventato?

Come una musica… una musichetta calata nello stile, e basta. Tutto qui… La trama, perdio, è cosa secondaria… roba da fruttivendola… se non arrivi alla fruttivendola, manco arrivi alle grandi tirature… È questo che interessa al pubblico… che vuole l’automobile, gli alcolici e le ferie… Oggi, mica vai a leggere Balzac per sapere chi è un avaro o un medico condotto. Le trovi nei vostri giornali, nelle riviste, al cinema! E allora a chi importa un libro?… Una volta s’imparava a vivere, da un libro… Ma che belle trame, ora… pieni i giornali: ce n’è sulle carceri, sui manicomi!

Quando i lettori hanno comprato il Voyage hanno comprato una trama, non solo un nuovo stile.

Macché! Hanno comprato uno scandalo. Oggi invece chiunque ha facoltà o licenza per scrivere un romanzo… Lettere alla cuginetta, formato gigante!… Uguali dappertutto… né c’è medico o notaio senza il suo bel romanzo nel cassetto!

Ciò forse vuol dire che scrivere è un bisogno.

Sì, ma per colpa della… lavatrice… La moglie pensa: “Una lavatrice, che funzioni, costa 200.000 franchi…”. Il marito, lui, sa scrivere… articoli qua e là… Lei pensa sempre alla lavatrice… e un bel giorno… davanti alla vetrina fa: “Guarda un po’, è uscito l’ultimo libro della Sagan, se ne parla molto. Lo vendono a cinquecento franchi. Quant’è che s’incassa a copia? 20%?… Ah, 100 franchi a libro?”… Pensa sempre alla famosa lavatrice, lei!… e dice a lui: “Senti, tu non potresti?”… “Oh, io no, lo sai bene”… “Oh, ma sì che lo potresti fare un romanzo come quella lì. Non è così straordinario… io l’ho letto”… Allora, via! ecco che arriva un altro romanzo!… spedito a Gallimard… Ogni anno si zavorra di quattrocento romanzi, Gallimard… li butta nella Senna!… non li legge nessuno!… Il lettore vuol mangiare la verdura ben cotta e presentata… il piatto ben guarnito, con dentro la buona solita pappa!

Lei comunque si rivolge ai lettori…

È un artificio… Invece li disprezzo… quel che pensano e che non pensano!… Se ti preoccupi di quel che pensano, stai fresco!… No, non ce n’è bisogno: se legge, bene; se no, peggio per lui!… Il Voyage l’ho scritto per pagarmi un appartamento… semplicemente… Se no, giammai l’avrei pubblicato… Avessi una rendita, non pubblicherei nemmeno adesso… rinuncerei a tutto questo impiccio, e mi riposerei… Tutti parlano di pensione a quarantacinque anni… Ne ho sessantatré, io! Ho un proiettile nella testa e un braccio a pezzi… sono invalido al 75%. Forse basta… Mi son fatto due guerre.

Lei si definisce pacifista?

Contro la guerra da capo ai piedi, io che l’ho fatta… Una cosa diversa, la Francia: tutti sonnambuli prima del ’14, tutti filosofi dopo. Tutti impegolati nella critica con Sartre, Camus: loro credono che sia meglio “pensare”!… Io l’ho visto l’esercito, so cosa dico. Non stavo a correre dietro alla divisione in fuga, come Malraux!… Stavo davanti ai tedeschi, io… per fermarli. Questione di fegato: non è come dire “bellaciao”.

Lei crede che tutto finirà con la catastrofe atomica?

Non ce n’è bisogno. I cinesi non hanno che da farsi avanti, armi in spalla. Hanno dalla loro l’idra viva, la natalità… Scomparirà, la razza bianca… Il bianco non è un colore, ma un fondotinta! È il giallo, il colore vero.

Dopo il ’14 tutto è degenerato? Che spiegazione dà?

L’alcolismo, prima di tutto…: i milleduecento miliardi in alcolici che si bevono in Francia ogni anno… gran belle spugne!… Le so bene le virtù alcoliche… illusione di potenza… pericolosissima… illusione di forza… Parole e pretese a vanvera… Poi il fumo…: settecento miliardi l’anno. Ti dà sensazioni pseudopoetiche e apparentemente profonde, il fumo… e pure false idee… Io mi fiderei solo di uno che beve acqua… e che non è sempre lì a ruttare e a digerire! Cose che te l’abbrutiscono, l’uomo… Muore, e non ha mai pensato… però ha partecipato!… per cosa, ci si chiede… ma non importa!

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