PAPA’ HA L’ALZHEIMER

PAPA’ HA L’ALZHEIMER

Se esistesse uno spaventoscopio in grado di misurare il fragore delle nostre paure, scopriremmo che l’Alzheimer occupa una posizione sempre più rilevante: provoca una strana inquietudine l’idea di esserci ancora senza esserci più, così come il timore di diventare un peso per chi ci ha conosciuto in tutt’altro modo.

Massimo Gramellini

Perciò la storia di Mattia Piccoli, premiato ieri da Mattarella, ci tocca a un livello più profondo di qualsiasi parola che si azzardi a ingabbiarlaMattia è un ragazzino veneziano che, da quando aveva meno anni che dita, ha dovuto fare i conti con un padre malato precoce di Alzheimer. A un’età in cui i genitori sono ancora un distributore gratuito di certezze, lui ha dovuto accettare e affrontare un’inversione di ruoli. Aiutando la madre a occuparsi del padre. A vestirlo, a sfamarlo e soprattutto ad amarlo. Perché che cosa può essere, se non l’amore, la misteriosa energia che induce un bambino di sette anni a ricordare a suo padre che la canottiera va messa sotto e non sopra la camicia? In quei gesti di infinita pazienza, compiuti senza neanche la speranza di una ricompensa, si celebra un mistero ineffabile. Poiché anche il padre di Mattia, prima di ammalarsi a sua volta, si era preso cura del padre malato di Alzheimer, qualcuno potrebbe arrivare alla conclusione che altruismo e senso di accudimento siano ereditari. A me invece piace pensare che ereditari siano gli esempi, e che un figlio impara ad amarti per come tu hai amato.

Massimo Gramellini, Il Caffè, Corriere della Sera

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