L’utopia, quella vera non è fatta di parole, ma di cose, di fatti. Era l’utopia di Gino Strada, il chirurgo che ci insegnò a curare tutti, perché non c’erano nemici, ma solo persone malate o ferite. Auguste Comte, sedotto dalla sua religione per l’umanità, propose di cambiare i nomi dal calendario: anziché quelli dei santi mettere quelli dei benefattori. Se esistesse un calendario laico, Gino Strada vi figurerebbe.

Come tutti i santi Gino è stato un uomo scomodo, ruvido e difficile, ma generoso e concreto. Ad alcuni antipatico, come lo sono le persone sincere, che non addolciscono i fatti per mascherarli, ma li spiattellano per come sono, richiamandoci tutti ai doveri della solidarietà e della pietà umana. Forse per questo ci sono stati risparmiati i coccodrilli lacrimosi e iperbolici che sulla stampa accompagnano i “grandi vuoti” lasciati da uomini che fino al giorno prima abbiamo ignorato. La vedova, Simonetta Gola, ne ha raccolto e ordinato le ultime riflessioni, scritte durante la breve malattia che, nell’agosto di un unno fa, gli ha fatto varcare la porta dell’altra stanza, da dove ora ci guarda, forse nemmeno tanto sorpreso per la guerra di Putin in Europa, lui che ne aveva viste tante di guerre, e che per altrettante era pronto a sacrificarsi, continuando a sognare la notte la fine dei conflitti.

Gino Strada è stato un chirurgo di guerra e uno dei fondatori di Emergency, l’associazione umanitaria italiana per la cura e la riabilitazione delle vittime di guerra e delle mine antiuomo. Durante la sua vita si è impegnato su tutti i fronti di guerra, dall’Afghanistan alla Somalia, dall’Iraq alla Cambogia e al Sudan. Negli ospedali realizzati da Emergency, che oggi è attiva in otto Paesi del mondo, sono stati curati finora oltre 12 milioni di persone.

Questo è un libro che penso dovrebbero conoscere tutti, che si dovrebbe far leggere nelle scuole. È un libro diretto, sincero, che va al cuore del problema più importante che abbiamo oggi, e ci indica in maniera semplice come affrontarlo. Ma è anche un libro inquietante, perché ci mette davanti agli occhi l’orrore, e perché ci mostra che stiamo sbagliando.

Gino Strada, è scomparso nell’agosto dell’anno scorso, lasciando un grande vuoto. Ha scritto questo volume un po’ alla volta, nel corso dei suoi ultimi mesi. Simonetta Gola, la sua compagna, ha partecipato alla scrittura e ne ha curato la pubblicazione, completandolo con una struggente postfazione.

Nel libro, Strada racconta la sua vita di chirurgo di guerra, l’esperienza diretta e devastante della violenza, dell’orrore della guerra, il senso e lo spirito di Emergency e del suo attivismo. Mi ha catturato fin dalle prime pagine, con la nostalgia di una generazione che viveva direttamente e semplicemente la bellezza e l’intensità dell’impegno collettivo civile e politico. Poi, è l’incontro con la sofferenza sconvolgente generata dalla guerra, che segna Strada e riorienta la sua vita, a emergere bruciante da queste pagine.

Ma la forza di questo libro è la chiarezza con cui il racconto di Strada ci indica implicitamente dove sbagliamo. In un mondo in cui continuiamo a pensarci in termini di noi contro-loro, in cui da una parte come dell’altra non facciamo che incolparci l’un l’altro e ci stordiamo di narrazioni per raccontarci all’infinito quanto «gli altri» siano aggressivi, cattivi, orripilanti, incivili, malvagi, subdoli, diabolici, cinici, dittatoriali, senza scrupoli (non si parla d’altro in questi giorni), Strada vede solo esseri umani che soffrono, che si sparano l’un l’altro, che si massacrano, che si mutilano, che spargono dolore, per non arrivare mai a nulla.

Dobbiamo imparare a guardare il mondo come lui, pensarci come parte di un’unica comunità umana con problemi comuni, invece che continuare a struggerci per voler essere più forti degli altri. Perché ci lasciamo sempre catturare da questa sciocca retorica della demonizzazione dei nostri nemici? Siamo davvero cosi ciechi, oppure è solo il nostro egoismo che non ha scrupoli né limiti, a seminare dolore per qualche lira in più. In un caso o nell’altro, questo libro ci mette in discussione. Quanti bambini devono essere ancora straziati dalle bombe che noi produciamo e che non facciamo altro che gettare ovunque da decenni?

La forza del pensiero di Gino Strada è la connessione diretta fra la chiarezza del suo vasto sguardo politico, che vede il problema nella sua totalità, e l’estrema concretezza del suo impegno: una persona alla volta, curata da lui, e negli ospedali di Emergency, migliaia di singoli strappati, uno a uno, alla morte e alla sofferenza. «“Ma come, Emergency cura i talebani? Il nemico?”. Ebbene sì, noi curavamo anche i talebani. Li curiamo perché siamo esseri umani che si rifiutano di lasciar morire altri esseri umani. Curiamo i talebani come chiunque si presenti ai nostri cancelli, senza fare domande».

Riuscirà la giovane generazione ad assorbire il pensiero di questo medico stupendo, libero, capace di andare per la sua strada, anche contro tutti, e per tutti? Riuscirà a portarci fuori da questa follia? Lo so che molte persone della mia età scuoteranno la testa, ma io ci spero. Simonetta chiude il libro così: «E dunque il pensiero è sempre con te, che con le tue parole continui ad aprire la strada a una visione potente: “L’utopia è solo qualcosa che ancora non c’è”». 

Carlo Rovelli, Corriere della Sera