La leggenda del bidet a forma di chitarra: un notaio sabaudo arrivato nella Reggia di Caserta dopo l’Unità avrebbe inventariato lo «strano istrumento» senza comprenderne l’utilizzo: questa storiella è giunta intatta sino ai nostri giorni.
Nel corso di questo 2022 ho dedicato vari articoli a quelle che mi piace definire “leggende storiche”, cercando di mostrare come esse non siano mai casuali, ma s’inseriscano in un preciso contesto politico, che ne determina e ne spiega il senso. Quando la “leggenda” è antica e codificata – come nel caso delle brioches di Maria Antonietta – si può anche cercare di ricostruirne, con una qualche certezza, origini, obiettivi e fortuna. Più difficile quando essa è ancora in formazione. Ma allora si ha la possibilità di analizzare il tentativo – a volte disperato – di affermarsi come storia. In questo senso, credo che poche “leggende” siano più curiose e interessanti di quella che riguarda il bidet della Reggia di Caserta e il notaio ignorante.

Le sue origini sembrerebbero recenti. La più antica attestazione – almeno a mia conoscenza – risale al 1990. Si trova nel catalogo d’una mostra tenutasi alla Reggia: Terremoto e restauro: dieci anni di esperienze. Nella scheda dedicata al bagno della regina Carolina, Claudio Marinelli (1947-1994), allora direttore dei lavori alla Reggia, scrive: «A proposito del bidet, gli interventi ottocenteschi lo riportano con questa dicitura: “strano istrumento a forma di chitarra”». Purtroppo, egli non fornisce un rimando archivistico o bibliografico a tale citazione. Non è quindi possibile sapere da dove egli abbia tratto la frase, da allora destinata a grande fortuna. Inoltre, la vicenda è collocata in un indistinto Ottocento. Marinelli, infatti, non specifica se tali «interventi» risalgano agli anni di Murat, dei Borbone o dei Savoia.
Dal 1990 al 2000, nel giro d’un decennio, col progressivo affermarsi di scritti di storia sempre più critici verso il Risorgimento e i suoi protagonisti, la vicenda è stata ripresa da numerosi autori, che l’hanno arricchita di particolari via via più minuziosi. Essa è stata fatta risalire all’arrivo dei Savoia alla Reggia e il protagonista è stato identificato in un notaio incaricato dell’inventario dei beni. Questi, trovando un bidet, non avrebbe capito di cosa si trattasse e lo avrebbe descritto come uno «strano oggetto a forma di chitarra». La storia è stata, quindi, utilizzata come manifestazione della presunta ignoranza e della rozzezza dei Savoia e dei «piemontesi» rispetto alla cultura e alla raffinatezza dei Borbone e dei «napoletani». Una contrapposizione frequentemente e facilmente traslata nelle vicende contemporanee. Non ritengo, però, che ricostruire le discussioni degli ultimi anni sia utile a comprendere l’evoluzione di questa particolare “leggenda storica”. Ciò che mi interessa, invece, è mostrare che anche in questo caso, come per le brioches di Maria Antonietta, siamo di fronte a una variante d’una narrazione più antica.
Per comprenderlo conviene, allora, muoverci all’indietro, come gamberi curiosi, verso il passato. Nel 1942 nella ottava edizione di quell’aureo libro che è il Dizionario moderno di Alfredo Panzini, alla voce Bidet, compare un lapidario riferimento: «oggetto di ferro a forma di chitarra per uso sconosciuto: da un inventario di ufficiale giudiziario». L’autore non indica da dove abbia tratto la citazione, ma credo che la fonte sia un testo pubblicato quasi vent’anni prima da Achille Sclavo, rettore dell’Università di Siena. Professore d’igiene, nel 1924 pubblicò un trattato dal titolo Per la propaganda igienica, in cui, fra l’altro, lamentava che molti in Italia non conoscessero ancora il bidet. A tal proposito, riferiva un episodio, raccontatogli da un amico, avvenuto in un non meglio precisato «luogo del nostro Appennino» (il racconto è a pagina 150). «Un giorno», raccontava, «un notaio» dovette «recarsi in una casa a redigere l’inventario degli oggetti che vi si trovavano. Entrando in una camera, egli capitò davanti ad un bidet. Sorpreso, lo sbirciò da ogni parte e non riuscendo a indovinare che fosse, ordinò al suo segretario di elencarlo così: un recipiente bianco di porcellana a forma di chitarra, con quattro gambe, d’uso sconosciuto».
Ma anche Sclavo, a sua volta, non è stato il primo a raccontare quella che è chiaramente la “leggenda” di cui stiamo cercando di scoprire la storia, se non le origini. Se dall’Italia ci spostiamo, infatti, in Francia (cosa, peraltro, doverosa, essendo il bidet un’invenzione francese) troviamo un libro pubblicato a Parigi nel 1857 dal conte Raoul de Croy. Il titolo è Les rives de la Vienne: Légendes du Poitou. Raccontando di un’asta di mobili, tenutasi al castello di Fou, l’autore commentava: «Dans une de ces ventes rurales, nous avons vu adjuger par un notaire de campagne un certain meuble de toilette “fait en forme de guitare”, disait son inventaire, “et dont l’usage lui était inconnu» (pagina 166).
Potrei fare altri esempi, che porterebbero indietro, sino alla Francia di Luigi XV. Ma in questa sede sarebbero ridondanti. Il libro del conte de Croy, infatti, dimostra già quanto qui interessa. Esso fu edito del 1857, infatti, quando Ferdinando II regnava ancora su Napoli e né lui né altri potevano prevedere che in soli quattro anni il Regno, la Reggia di Caserta, i suoi quadri e i suoi bidet sarebbero passati a Vittorio Emanuele II.
Insomma, come in altri casi, la “storiella” esiste almeno da quasi due secoli. E viene di volta in volta adattata alle esigenze dei narratori e dei pubblici. La specificità del caso italiano è che vi abbia assunto un significato politico. Nel che, peraltro, risiede anche il suo principale motivo d’interesse, almeno per uno storico.
Andrea Merlotti, Il Sole 24 Ore
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