Sono ritornato sulle colline attorno a Firenze, sulla via che dà verso Siena per rivedere Candida.https://www.ninconanco.it/domenica-da-candida/
E’ l’ora del pranzo. Come sempre, dalla strada, si avverte il profumo della vivande, unito a quello degli ultimi fiori autunnali.
Un basso muretto di mattoni e pietra delimita l’aia, sporgendosi si gode della bella distesa dei colli, fra filari di viti, qualche ulivo, casolari isolati e macchie di roverelle.
Sotto il portico, all’incrocio di due travi di castagno, ammiriamo sorpresi un nido di rondini, da cui quattro pulcini sporgono impazienti le loro testoline implumi, voraci e curiosi.
Candida si muove sicura come sempre, rapida ed essenziale, intrattiene gli ospiti nella sua bella cucina, piena di cose curiose, oggetti sparsi in un bel disordine, accostamenti bizzarri: tutto racconta di una lunga vita vissuta fra alti e bassi, ma sempre con desiderio, senso della misura, buon gusto.

Sopra vedete Candida da giovane in un ritratto di Enzo Faraoni, pittore fra migliori del secondo ‘900. Candida ne fu allieva. Oggi parla del maestro con ammirazione. Faraoni fu assistente di Ottone Rosai, e con lui frequentava il caffè dei letterari e artisti di Firenze destinato a rimanere famoso: Giubbe Rosse.
Qui, durante la guerra, conosce, fra i tanti, Montale, Gadda, Gatto, Landolfi. Di Faraoni è ricordata la sua partecipazione, come partigiano comunista, all’attentato a Carmignano ad un treno tedesco carico di esplosivo. Faraoni ha una tavolozza materica, autunnale, paesaggi crepuscolari, incerti, in cui a volte campeggiano figura slabbrate.
Guardate qui sotto questa natura morta per farvi un’idea della sua pittura.

Ancora sotto un altro ritratto di Candida, da adolescente, appena abbozzato e in alcune parte rovinato,

I lavori di Candida sono appesi un po’ ovunque, ma soprattutto nel salotto, carico di soprammobili e oggetti ricordo , dove mi accoglie una inaspettata mostra di cappelli di paglia, lascito familiare di una prestigiosa occupazione che affonda le sue radici nel medioevo (chi non ricorda il.. cappello di paglia di Firenze di Narciso Parigi o l’opera omonima di Nino Rota).




Qua e là dove il grigio o la terra bruciata allontanano l’immagine verso un indistinto paesaggio in po’ immoto e colto nell’attimo prima del disfacimento, ti accorgi che non stai guardando filari d’alberi o fiori che appassiscono, ma un moto dell’anima, un trasalimento di confidente abbandono, venato di presagi che il cielo pare annunciare, forse minacciare.

Non poteva mancare nella quadreria di Candida un’opera più fine ed elaborata di Faraoni, sempre un suo ritratto, rifinito con cura e partecipazione psicologica. Spicca ora sulla parete della cucina. Candida vi appare in piena maturità, lo sguardo è rimasto lo stesso, vivo e arguto. Un sorriso appena percettibile disegna labbra turgide che rimandano alla giovinezza di un corpo sano e luminoso. Non può mancare il cappello di paglia, ornato da fiori candidi. Si sente dentro l’influsso di tanta ritrattistica toscana.

Sempre in cucina, proprio davanti alla bocca del caminetto, due figure dinamiche e coloratissime: la statua in legno dipinto rappresenta due saltimbanchi, di pregevole fattura, che non stonano col paiolo di rame, l’attizzatoio, la pinza e gli altri ferri.

La cucina è ampia, una credenza rustica dalle linee calde ed essenziali, espone piatti di ceramica di fine fattura. Sulla tavola apparecchiata spicca un vassoio con l’insalata che aprirà il pasto, un misto di verdure crude, insalate da taglio, radicchio, cetriolo, formaggio locale a pezzettini e chi sa che altro ancora..


La cucina economica a legna, lucida d’anni, è solida, borchiata come un guerriero, pronta a qualsiasi prestazione, a sostenere, dovesse servire, pentole pantagrueliche. In attesa del pranzo, il caldo tepore dei cibi diviene irresistibile. Dalle ampie vetrate provo ad affacciarmi sulla campagna. L’Appennino lontano sfuma nell’azzurro, non una voce ma solo il silenzio pare volere circondare questa casa, trasformata col tempo nel rifugio dei ricordi.


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