Una vera comunità di destino può aversi se avviene un salto verso un nuovo modello antropologico. Solo in tale modello può nascere una nuova coscienza collettiva e una nuova etica planetaria.
L’uomo planetario- come scriveva Ernesto Balducci- si distingue dell’uomo universale della rivoluzione digitale, perché arricchito di questa alterità riconosciuta.
Oggi non esistono solo l’IO e il SE’, oggi prende sempre più piede l’IO DIGITALE dotato di un’anima informazionale, in cui dati, informazioni, numeri costruiscono uno spettro tecnologico dotato di una vita propria, eterna, esclusa al gemello biologico.
La vita biologica è più corta di quella digitale, sul web si vive un tempo indeterminato, potenzialmente infinito se nessuno cancella il nostro profilo; e da qualche parte qualcuno sta cercando di riprodurre l’ologramma di un attore o cantante famosi, per farli rivivere, con identiche fattezze e la loro stessa voce.
Quest’uomo inedito è quello che esprime tutte le potenzialità umane? O è la sua negazione?
Risposta complicata. L’uomo, come capì Cartesio, è formato dalla res cogitans, la realtà psichica, sede della consapevolezza e della libertà, e dalla res extensa, che rappresenta invece la realtà fisica, che è estesa, limitata e inconsapevole. La ghiandola pineale (l’epifisi) secondo il filosofo, fa da tramite fra questi due mondi. Così oggi fa il web fra quanto è sensibile e quanto informazionale?
Vincere la morte va inteso quindi in questo senso? Col Metavèrso cosa si prefigge realmente Zuckerberg?
Il termine metavèrso fu coniato da Neal Stephenson nel romanzo cyberpunk Snow crash (1992) per indicare uno spazio tridimensionale all’interno del quale persone fisiche possono muoversi, condividere e interagire.
Un’interazione sociale tra persone che non sono copresenti nello spazio fisico, sempre più immersiva, coinvolgente e autentica, a prescindere dal tipo di tecnologia utilizzata.
Il Metavèrso vuole essere perciò una realtà virtuale a 3D, sovrapposta e integrata con il mondo fisico, in cui le persone si muovano attraverso i propri avatar, dei veri e propri digital twin, rappresentazioni digitali e tridimensionali di sé stessi: l’IO digitale.
Nei prossimi 10-15 anni, le app di social networking sui nostri smartphone potrebbero diventare un nostalgico ricordo, come le VHS o i floppy disc.
Ma sarà veramente così? Un surrogato sarà più attraente della realtà? Difficile rispondere, mi limito a porre la domanda, che dovremo farci tutti.
Ci tenta Cosimo Acconto nel libro Il mondo in sintesi Egea editrice, 2022.
Scrive Acconto: “mondo in sintesi”, diventa sempre più difficile discernere quello che è reale da quello che non lo è, così come orientarsi tra lo “spettro di meraviglie” – come lo definiscono alcuni – e la “mostruosità” di una società in cui i confini tra vero, falso e simulato sono diventati ormai sempre più indistinti e liquidi.”

Sandro Iannaccone, nel presentare il testo sul sito galieonet.it, si sofferma sulla simulazione computazionale: “dai volti artificiali dei deepfake, per l’appunto, alle carni coltivate, passando per le predizioni della struttura computazionale delle proteine elaborate dall’intelligenza artificiale AlphaFold ai beni crittografici come gli Nft (https://www.pandasecurity.com/it/mediacenter/mobile-news/gli-nft-spiegati-bene/) , per finire con il famigerato metaverso presentato da Mark Zuckerberg. La domanda da cui prende le mosse il saggio di Accoto, sostanzialmente, ha a che fare con l’evoluzione del paradigma della simulazione: dove stiamo andando? Qual è l’impatto di tecnologie così pervasive sulla società? Come si deve rinnovare la filosofia e di quali strumenti deve dotarsi per stare al passo con quello che a tutti gli effetti è “un nuovo catalogo del reale”? L’idea è che simulazioni e sintesi non siano semplici illusioni, ma nuove realtà con cui dovremo iniziare a confrontarci seriamente anche da un punto di vista filosofico per capire cosa sia – e cosa sarà – davvero la nostra vita in questi tempi sempre più tecnologici.”
“Se abbiamo smesso di capire il mondo è proprio perché il mondo si è rifatto, direi, ontologicamente”, spiega Accoto. “E anzi, argomenta qualcuno, lo stiamo rifacendo proprio per capirlo meglio. L’obiettivo di quest’ultima investigazione è principalmente quello di evidenziare e scandagliare i molti sensi e i vari modi di un mondo che diviene simulabile. Perché oggi è attraverso la simulazione e la sintesi che il mondo diviene. Dico, allora, che forse non viviamo dentro una simulazione, ma di certo vivremo grazie a una simulazione; o meglio, in ragione di molteplici simulazioni e sintesi. Il gemello digitale di una città la renderà finalmente più vivibile, inclusiva e sostenibile? Un organismo bioingegnerizzato ci potrà aiutare a contrastare l’inquinamento? Una simulazione quantistica saprà migliorare il consumo energetico di logistica e trasporti? Il design sintetico di nuove medicine riuscirà a curare più efficacemente malattie e disfunzioni? Gli avatar nel metaverso serviranno ad aumentare le nostre creatività ed esperienze? Sapremo costruire organizzazioni più aperte, democratiche e decentralizzate con l’immaginazione crittografica? Se «la simulazione è la risposta» allora, come ha scritto il filosofo Derrida nei suoi Seminari, dobbiamo assumerci planetariamente «la responsabilità della risposta»”.
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