DE HUMANI CORPO

12 Feb 2021 | 0 commenti

La medicina ha perso la sua centralità nel mondo contemporaneo. Ma come, dice, ma se stampa, tivvù e social sono pieni di epidemiologi, virologi, biologi e compagnia bella! Eppure, questa mia affermazione, che potrebbe sembrare contraddire la cronaca, in realtà guarda non il dito ma la luna che verrà. Mi spiego.

Presi dal male invisibile che ci ha colpiti abbiamo, impauriti e inermi, cercato aiuto. L’uomo dominatore del mondo piegato da un Mutante, quasi un flagello divino. La scienza, spesso disprezzata, è apparsa l’unica àncora cui aggrapparci. Resipiscenza, fiducia incondizionata, ingenuo affidamento, tutte queste cose insieme? Non so, so che abbiamo messo sulle spalle della medicina un macigno, che l’ha fatta barcollare, scoprendo quanto fosse vecchia e indebolita.

Sono i fatti a dimostrarlo, e non tanto per le baruffe che medici e scienziati fanno fra di loro, così spesso in disaccordo. Prendete un vecchio giornale del 1918 o qualche foto dell’epoca. Imperversava, in quei anni, l’epidemia spagnola, alla fine oltre due milioni e mezzo di morti, leggerete delle stesse paure, troverete le stesse raccomandazioni, rivedrete indossate le stesse mascherine. Anche allora si confidava nell’immunità di gregge. Unica sostanziale differenza: i tempi del vaccino, oggi mirabilmente ridotti.

Non sapendo ancora molto del Mutante, la scienza non può rispondere a tutte le nostre ansiose domande: da dover viene, quali sono le cause dello spillover, colpisce tutti o no, perché in certi luoghi imperversa e in altri sonnecchia, i vaccini sono efficaci, hanno effetti collaterali, per quanto tempo immunizzano? Quante altre pandemie dobbiamo aspettarci? Tutte domande che ancora non trovano risposte e l’inoppugnabile evidenza dei fatti. Troppo presto. La scienza, quando è tale, ha bisogno di prove e grandi numeri.

Foto scattata durante epidemia spagnola

Pandemie (occasionali) e malattie sociali (cronicizzate) costituiscono un perimetro troppo ampio per la medicina attuale. Da sola non ce la può fare, per il semplice motivo che non può dare risposte a fenomeni che sono sì patologici, ma che affondano le proprie radici molto più lontano dal terreno biologico, per diventare patologie esistenziali. Cioè il risultato di complessi elementi quali-quantitativi bio-psico-sociali, strettamente interrelati e interagenti.

Paradossalmente, proprio gli sviluppi della medicina in questi ultimi decenni, in particolare nei campi delle neuroscienze, della biomedicina molecolare, nelle innovazioni tecnologiche e nella telemedicina, stanno dimostrando come sia invecchiata la figura del medico che conosciamo e della medicina che gli insegnano e che pratica.

Fra non molto l’intero ciclo che va dall’anamnesi remota e prossima, dalla diagnosi alla prognosi e prescrizione non sarà svolto dal medico, ma dalle macchine che saranno in grado, a distanza, di monitorare costantemente sintomi, prevedere insorgenze o predisposizioni, formulare diagnosi e prescrivere i rimedi personalizzati. Una medicina pret-a-porter. Piaccia o non piaccia, nonostante gli eccessi manipolatori, anche eticamente problematici, che si intravvedono. La scienza non si ferma.

Se le concause sono diverse, distinte e distanti, l’occhio del medico non può più vederle. Può scrutare, addirittura prevedendole, le patologie e le disfunzioni degli organi e del loro malfunzionamento, ma non può da solo capire e agire su altre cause determinanti di salute che sono al di fuori del suo campo di indagine e di azione.

Ciò vale soprattutto per le malattie sociali e per fenomeni di massa come le pandemie, sulla cui insorgenza e sul cui decorso il comportamento sociale è preminente.

Il vecchio guaritore si trasformerà in dubbioso resocontista e certificatore, senza potere dare risposte che non sono nei suoi poteri, né incidere su quelle cause che rimandano a organizzazione sociale, benessere pubblico, abitudini individuali e comportamenti collettivi, condizioni di vita in generale, valori dominanti destinati a influenzare ogni aspetto della vita contemporanea.

Nella stesura del Next generation EU (noto come recovery fund), questa prospettiva è presente? Oppure ci si limiterà a incamminarsi lungo vecchie strade, guardando il dito e non la luna?

In copertina: Luca della Robbia (Firenze, 1400-1482), Tondo con insegna dei medici e degli speziali

0 0 votes
Article Rating
Notificami
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments

Potrebbero interessarti

Contact Us