FINE VITA.LA POLITICA SMETTA DI CHIUDERE GLI OCCHI

7 Lug 2025 | 0 commenti

«Sfinita dal terzo no, io voglio andarmene sorridendo alla vita”. Io sono pronta, sarebbe per me la felicità.

Nel 2002 il neurologo le disse: «Cammini dritto», e lei zigzagava; «cammini sulle punte», e lei cadeva, si scusava. La prima ipotesi fu un tumore al cervello o una malattia infiammatoria. La diagnosi finale fu sclerosi multipla progressiva. Nel 2006 la prima stampella, nel 2008 la seconda, nel 2009 la sedia a rotelle…

Martina Oppelli è un’architetta triestina, oggi ha 50 anni e la malattia si è presa tutto di lei, tranne il pensiero e la parola. Pochi giorni fa l’azienda sanitaria di Trieste le ha negato per la terza volta l’accesso al suicidio assistito e lei, con un filo di voce, dice che non è arrabbiata, «no, sono solo stanca, stanca, stanca».

Terzo diniego, il suo team legale presenta opposizione e l’azienda sanitaria dice che sarà «avviata immediatamente una nuova procedura di valutazione».

«Possiamo andare avanti in eterno, ma che battaglia stiamo combattendo? Io non provo rabbia perché la rabbia toglie energie e non porta a niente, ma vorrei ricordare a tutti che un essere umano ha un limite di resistenza. Non ho capito che cosa vogliono… La fine naturale?».

Nel comunicato che annunciava il terzo «no» lei ha lasciato intendere che sta pensando di ricorrere al suicidio assistito in Svizzera.

«È vero. Devo confessare che stavolta speravo in un sì. Ma io ho sempre un piano B, non cerco problemi, trovo soluzioni. La mia disperazione di solito dura mezza giornata e poi agisco. La Svizzera è una opzione per la quale ho già il via libera e che avevo messo in conto prima del secondo no. Vediamo.. .Non dico che ho già deciso ma dico che il mio tempo sta scadendo. L’estate è scoppiata in modo violento e il caldo per me è devastante. Il mio corpo non percepisce la differenza fra caldo e freddo, io crollo e basta. Con queste temperature magari ho meno spasmi, ma non ho più forza nemmeno per far uscire la voce, come può sentire…».

Vedrà finire quest’estate?

«Chissà, non penso… Il tempo che mi sono data è poco».

Come vive l’eterno non decidere sul fine vita nel nostro Paese?

«Il tema del fine vita si sta rivelando un inutile scontro politico, sta vacillando l’idea dello Stato laico e in troppi si stanno infilando i paraocchi per non vedere quel che potrebbe capitare a chiunque. Voglio dire una cosa ai politici e agli amministratori di questo Stato».

Prego.

«Smettetela di chiudere gli occhi e andare in vacanza. È ora di arrivare a una legge che abbia un senso, che tenga conto di ogni aspetto e sofferenza, e per favore non diciamo assurdità: se quella legge ci sarà nessuno sarà obbligato a usarla. E poi vorrei che questa voce affaticata arrivasse a chi propone le cure palliative come la soluzione di ogni male. A tutti loro dico: abbiate il coraggio di mostrare in cosa consistono e se curano veramente…».

Qual è l’aspetto peggiore della sua condizione?

«È la rigidità, sono gli spasmi. E tralascio il dolore costante, le infezioni, le allergie. Non posso nemmeno usare gli occhi per un puntatore perché con la sclerosi anche i nervi ottici non funzionano. Ho l’asma e i farmaci che un tempo inalavo ora li prendo per aerosol perché non posso più inspirare. A volte gli spasmi sono così forti che sbatteresti la testa contro il muro. Non posso fare neanche quello perché sono immobile… Io sono come una bambola».

Eppure lei ha sempre affrontato tutto con il sorriso.

«Io sorrido alla vita e alla sua fine. Purtroppo non hai scelta, la malattia puoi solo accettarla e poi succhiare fino all’ultima goccia di linfa vitale, ma adesso non ce la faccio più. E aggiungo che io ho sempre lavorato, anche se nessuno mi obbligava. Ora sono in ferie, quando lavoro uso un computer che si attiva con ordini vocali. Forse anche questo mio modo di essere ha contato sul negato accesso al suicidio assistito».

Il tempo «Il mio tempo sta scadendo. Un essere umano ha un limite di resistenza» La malattia

«Va accettata per poi succhiare la vita fino all’ultima goccia. Ora non ce la faccio più»

In che senso?

«Nel senso che magari anche per il mio carattere e il mio aspetto hanno pensato che non rispondo ai criteri per avere il via libera. Ma che cosa devo fare? Parlare di clistere e di pannolone? Elencare le sofferenze inenarrabili che vivo? E invece no. A me piace farmi vedere curata, carina e anche truccata, perché no? Il mio amico mi mette un bicchiere in mano, mi accavalla le gambe, mi posizione sulla sedia e io sorrido, così la gente è contenta. Ma la verità è che sono davvero sfinita. Ho addosso una stanchezza indicibile e un grande sconforto per aver creduto nel senso civico di uno Stato laico».

Come immagina il suo ultimo giorno?

«Senza disperazione. Una scelta simile deve essere ponderata, consapevole e autonoma, e deve essere fatta in totale serenità. Se te ne vai piangendo vuol dire che c’è qualcosa di incompiuto nella tua vita. E invece — e so bene che si fa fatica a capirlo — io credo che si possa arrivare a un punto in cui la felicità è compatibile con il desiderio di andarsene. Io sono pronta».

Articolo di Giusi Fasano per Il Corriere della Sera

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