HENRY A MONTMARTRE

2 Apr 2017 | 0 commenti

Nel lontano 1965 Longanesi pubblica il romanzo breve di Henry Miller,-scrittore americano reso famoso daTropico del cancro– dal titolo I giorni di Clichy. Il romanzo è ambientato a Parigi, dove Miller soggiorna dagli anni ’30 fino allo scoppio della guerra. Si tratta di un’operetta, oggi introvabile, in cui lo scrittore rievoca, con tenera nostalgia, quegli anni giovanili, e in fondo felici. Belle, soprattutto, le pagine d’ambiente, in cui lo scrittore girovagando per i boulevards si mischia alla gente, entra nei caffè di Montmartre, osserva i gesti pigri e indolenti di donnine allegre, dei flâneur.

 

“Guardare al Sacré Coeur di un punto qualsiasi di rue Laffitte in una giornata come questa, in un’ora come questa, basterebbe oggi a mandarmi in estasi. Mi faceva lo stesso effetto anche quando soffrivo la fame, e non sapevo dove andare a dormire. Ora, anche se avessi mille dollari in tasca, non conosco alcuna visuale che potrebbe destare in me la sensazione dell’estasi.

In una giornata grigia a Parigi mi sorprendevo spesso ad andare verso Place Clichy a Montmartre. Da Clichy a Aubervilliers v’è un susseguirsi ininterrotto di caffè, ristoranti, teatri, cinema, mercerie, hòtels e bordelli.

E’ la Broadway di Parigi, che corrisponde al breve tratto fra la 42° e 53° strada. Broadway è veloce, mozzafiato, abbacinante, non trovi un posto per metterti a sedere. Montmartre è pigra, indolente, indifferente, piuttosto logora e frusta, non tanto vistosa quanto seducente, non tanto scintillante quanto luminosa di una fiamma che cova sotto la cenere.

Parigi, place de Clichy

Broadway appare eccitante, addirittura magica a volte, ma non c’è fuoco, calore: è una mostra di cartelloni d’amianto illuminata a giorno, il paradiso degli agenti pubblicitari.

Rue Laffitte, con la chiesa Notre Dame de Lorette e il Sacré Coeur

Montmartre è esausta, sbiadita, derelitta, scopertamente truffaldina, volgare, mercenaria. E’ semmai, repellente più che attraente, e repellente in modo insidioso, come il vizio stesso. Vi sono piccoli bar gremiti esclusivamente di sgualdrine, magnaccia, teppisti e giocatorelli d’azzardo, che anche se li lasci perdere mille volte, finiscono per risucchiarti e reclamarti come vittima. Vi sono alberghetti, nelle vie trasversali che si diramano dai boulevards, di uno squallore così sinistro da farti rabbrividire al pensiero di entrarvi, eppure è inevitabile prima o poi passare una notte, magai una settimana, un mese, in uno di essi….

Caffè Wepler oggi

Questa attrattiva ambigua e insidiosa di Montmartre è dovuta, in vasta misura, penso, al traffico scoperto del sesso. Il sesso non è romantico, specie se commercializzato, ma crea un aroma, acre e nostalgico, molto affascinante e seducente….

In un angolo di Place di Clichy c’è il Caffè Wepler, che fu per un lungo periodo il mio rifugio preferito. Mi ci sedevo dentro e fuori, a tutte le ore del giorno, con qualunque tempo. Lo conoscevo come un libro. Le facce dei camerieri, dei capicamerieri, delle cassiere, delle puttane, dei clienti.. Ricordo il primo giorno che entrai al Wepler- era l’anno 1928- con mia moglie a rimorchio; ricordo lo choc che provai quando vidi una puttana cadere ubriaca fradicia tra i tavolini sul marciapiede e nessuno accorse in suo aiuto. Rimasi di stucco, scandalizzato dalla cinica indifferenza dei francesi…; “Non è niente, era una puttana… era sbronza”. Mi pare di sentirle ancora queste parole. E ancora oggi mi fanno rabbrividire.”…

Festa al caffè Wepler, oggi

Nelle giornate grigie, quando si gelava dappertutto fuorché nei grandi cafès, aspettavo con impazienza di passare un’ora o due al Caffè Wepler, prima di andare a cena. Il rosso bagliore che tingeva il locale promanava da un gruppo di sgualdrine che si radunavano come al solito vicino all’entrata. Quando a poco a poco si distribuivano tra i tavolini, il locale diventava non soltanto caldo e rosato, ma fragrante. Fluttuavano nella luce smorzata come lucciole profumate. Quelle che non avevano la fortuna di trovare il cliente uscivano fuori, adagio, a fare un giretto per strada, per tornare di lì a poco a riprendere il posto consueto. Ne entravano altre con incedere spavaldo, e apparivano fresche e pronte al lavoro serale. L’angolo dove solevano radunarsi era come una borsa, il mercato del sesso, che ha i suoi alti e bassi, come ogni genere di scambio. Una giornata piovosa era in genere una buona giornata, pareva e me. Vi sono due sole cose da fare in una giornata di pioggia, secondo un detto, e le puttane certo non perdevano tempo giocando a carte”

Sullo stesso tema, per un confronto ravvicinato vedi qui: www.ninconanco.it/comisso-a-montmartre/

 

 

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