IL SILENZIO DELLE SIRENE

2 Feb 2018 | 0 commenti

PIU’ CHE IL CANTO POTE’ IL SILENZIO-STREPITOSA INTERPRETAZIONE DI KAFKA DEL MITO OMERICO: L’EROE DI ITACA SAPEVA CHE LE SIRENE TACEVANO, MA CON ASTUZIA APPRONTO’ LO STRATAGEMMA CHE GLI FECE DIMENTICARE QUALUNQUE CANTO. E SE ULISSE FOSSE STATO SORDO? 

Rovesciando il poema omerico Kafka immagina un Ulisse senza coraggio, non solo legato all’albero maestro, ma al pari dei compagni con le orecchie sigillate. Immagina al posto di un canto ammaliante  e mortale un silenzio altrettanto inquietante. Nella reinterpretazione del mito le Sirene hanno una nuova arma: il silenzio, una finzione di morte e di debolezza. Si tratta di mancanza di eroismo, devozione verso gli dei o totale ignoranza? Kafka non dà una risposta precisa, e resta il dubbio se il silenzio delle Sirene sia un preludio all’annullamento della morte o sia Ulisse a non volerle più ascoltare, rivelando la distanza dell’uomo nei confronti del divino.

“Una dimostrazione che anche risorse insufficienti e persino puerili possono servire come mezzi di salvezza: per salvarsi dalle sirene, Ulisse si tappò le orecchie con della cera e si fece incatenare all’albero maestro. Qualcosa di simile, certo, avrebbero potuto fare da sempre tutti i viaggiatori, tranne quelli che già da lontano erano sedotti dalle sirene; ma si sapeva in tutto il mondo che era impossibile che questi rimedi funzionassero.

Il canto delle sirene penetrava tutto, e la passione dei sedotti avrebbe spezzato impedimenti ben più forti di catene e alberi. Ulisse, anche se forse lo sapeva, non ci pensò. Confidò pienamente nel suo pugno di cera, nel suo mazzo di catene, e con gioia innocente, contentissimo delle sue piccole astuzie, navigò incontro alle sirene.

 

Nel frammento che risale al III sec. a.c. alcuni versi del XIV libro dell’Odissea di recente ritrovati

Ma accade che le sirene dispongano di un’arma più terribile ancora del loro canto. Si tratta del silenzio. Forse era immaginabile- anche se, certamente, neppure questo era accaduto- che qualcuno scappasse al loro canto; ma senza alcun dubbio nessuno poteva salvarsi dal loro silenzio. Non v’è nulla di terreno che possa resistere alla sensazione di averle vinte con le proprie forze, e alla conseguente infatuazione che tutto travolge.

In effetti, all’approssimarsi di Ulisse, le formidabili cantatrici non cantarono, sia perché ritennero che un simile avversario potevaa essere affrontato solo col silenzio, sia perché quella visione di beatitudine sul volto di Ulisse, che pensava solo a cera e a catene, fece loro dimenticare qualunque canto.

Ma Ulisse, per così dire, non udì il loro silenzio; credeva che cantassero, e che egli solo fosse libero d’ascoltarle. Vide prima, fugacemente, gli occhi colmi di lacrime, la bocca semiaperta, e credette che tutto questo facesse parte delle arie che, senza essere ascoltate, risuonavano e si perdevano attorno a lui.

Gustav Klimt: Ulisse e il canto delle sirene

Ma presto tutte le cose rimbalzarono sul suo sguardo astratto; era come se le sirene scomparissero di fronte alla sua decisione, e proprio quando fu più vicino a loro, non seppe più nulla della loro presenza. Ed esse- più belle che mai-si stiravano e si contorcevano, protendevano gli artigli aperti sulla roccia, e le orrende capigliature ondeggiavano libere al vento. Ora non pretendevano più di sedurre: desideravano solo cogliere, finché fosse possibile, il riflesso dei due grandi occhi di Ulisse.

Se le sirene avessero una coscienza, sarebbero state distrutte in quell’occasione. Ma così sopravvissero, e solo Ulisse sfuggi loro. Del resto la tradizione riferisce anche un episodio al riguardo. Ulisse, così narrano, fu tanto volpe, tanto ricco di astuzia, che neppure la dea del destino riuscì a penetrare nell’intimo della sua coscienza. Forse-anche se questo la ragione umana non può concepirlo-avvertì in realtà che le sirene tacevano, e solo a mo’ di scudo, per così dire, oppose ad esse e agli dei quella commedia.”

Il brano di Fraz Kafka è tratto da Racconti brevi e straordinari di Jose Luis Borges e Adolfo Bioy Casares, edizione Franco Maria Ricci, 1973.  

 

 

 

   

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