Occupiamoci dei sani

2 Lug 2015 | 0 commenti

Parag Khanna

Parag Khanna

“Il nostro rapporto con la tecnologia sta oltrepassando il livello puramente strumentale per entrare nella sfera esistenziale”. Questa affermazione è contenuta in un testo che consiglio, appena uscito dall’editrice torinese Codice edizioni: “L’età ibrida, il potere della tecnologia nella competizione globale” di Ayesha e Parag Khanna.  Gli scrittori, dopo una ricca illustrazione degli esperimenti in corso nei settori delle biotecnologie, dell’Ict, delle neuroscienze, affermano che siamo entrati in quella che chiamano l’Età Ibrida, in cui i petro-Stati saranno sostituiti dagli  info-Stati e la biotecnologica dominerà economia e politica.

Nelle società informatizzate la nuova lotta di classe sarà fra chi è in grado di programmare e codificare e chi no. A proposito del ruolo delle biotecnologie scrivono: “..la biologia umana si sta fondendo con la tecnologia, l’economia reale con l’economia digitale e il Sé reale con il Sé virtuale. Ma cosa accade se non riusciamo a rendere sostenibili i nostri sistemi con la stessa intelligenza che li ha accelerati?” La domanda è del tutto pertinente. Non passa giorno senza che una nuova applicazione ci stupisca: dal sistema di orientamento tramite app di realtà aumentata, in cui l’occhio del telefonino si sostituisce al nostro;  al chek-up sanitario (per diabete, disfunzioni epatiche, infiammazioni polmonari) che possiamo fare soffiando su uno smarphone, dispositivo messo a punto da ricercatori dell’Università di Messina. E che dire di un transistor realizzato all’università di Harvard che si comporta come una sinapsi umana, modificando cioè in modo continuo il proprio stato anziché rispondere ai soli due possibili stati, come succede oggi nei pc.?

In campo sanitario la miniaturizzazione strumentale, l’ingresso della dimensione infinitesima per l’indagine e l’intervento, pur affermandosi nella pratica corrente, non sembrano avere prodotto radicali mutamenti. Essi avverranno quando (e non manca molto) la mano dell’uomo, il suo occhio, la sua esperienza e professionalità potranno essere sostituiti da quelli infallibili dei computer 24 ore su 24.

Certo, il computer va programmato, la macchina non è di per sé esperta e professionale. Calma, calma!: sono già a buon punto sistemi in grado di auto apprendere, come tanti discepoli diligenti che imparano dell’esperienza, dai propri errori, dalla rispondenza o meno agli standard previsti, ecc.

Bisogna che ce ne facciamo una ragione, imparando a dominare le macchine anziché subirle, come gli autori del libro ci invitano a fare. Nella imminente Età ibrida occorrerà prendere coscienza che il rapporto nostro con le macchine ora problematico diventerà totalizzante, invadendo esse la nostra sfera esistenziale, modificando la stessa percezione della realtà, la natura dei problemi, il senso stesso di tante nostre azioni, oggi spesso irrazionali, dissipative, inefficaci.

Le considerazione filosofiche, antropologiche, sociali che si affacciano all’alba dell’Età Ibrida sono così tante e tumultuose da procurare un serio sbandamento alle mie già gracili certezze. Per non finire fuori strada  non mi resta, al momento, che ricacciarle indietro. Ma una considerazione la voglio fare subito. Per rimanere nel campo della salute, chissà che i vantaggi dovuti alla presenza dei robot, in tutte le fasi di presa in carico del malato, non spingano gli operatori sanitari ad occuparsi dei malati in altro modo, ad esempio instradandoli verso la prevenzione primaria, ponendo il sano al centro del sistema affinché tale si conservi il più a lungo possibile. Forse fra pochi lustri potremo lasciare le malattie alle macchine, mentre noi potremo occuparci dei sani. Una bella prospettiva, tutto sommato.

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