Il termine «Beat Generation» l’ha coniato Jack Kerouac alla fine degli anni Quaranta. La parola «beat» ha diversi significati, è per esempio la prima parte della parola «beatitude»: “Non siamo dei bohèmiens, se ne ricordi. Beat vuol dire beatitudine, non battuto” dice Kerouac, citato da John Clellon Holmes nell’articolo «The Philosophy of the Beat Generation» (ESQUIRE vol. XLIX n. 2/291, febbraio 1958), e «Beatitude» è il titolo di una rivista beat nata nel 1959. Ma «beaten» vuol dire anche abbattuto, scoraggiato, alla deriva. «Beat» è anche battito, ritmo: poesia e musica.

I «beats», o «beatniks» come verranno chiamati alla fine degli anni Cinquanta coniugando le parole «beat» e «sputnik», rinunciano al progetto di una vita dedita alla famiglia, alla produzione e al consumo, rifiutano il lavoro gli orari la fissa dimora, vivono da soli o in gruppo in qualche topaia metropolitana ma conquistano per se stessi uno spazio nuovo: la vita è nella strada – on the road – solo da lì può venire ispirazione e bellezza. La musica è il jazz, che rompe l’armonia usata, il sesso di qualunque natura è essenziale e sacro, l’alcool e la droga servono ad aprire la coscienza e il buddismo zen sembra essere l’unica religione tollerabile perché rispettosa dell’individuo non riducibile a uomo massa.

Se vogliamo trovare un’origine della poesia e dello stile beat, la troviamo nelle Foglie d’erba di Walt Whitman (Leaves of Grass, 1855) e nel jazz di Charlie Parker, Miles Davis, Dizzy Gillespie, Thelonious Monk, Dexter Gordon. Ma l’atto di nascita ufficiale è il 1952: Go, un racconto di John Clellon Holmes, considerato il primo racconto beat, e, dello stesso autore, l’articolo «This is the Beat Generation» (New York Times, novembre 1952), che segna l’avvio dell’esistenza pubblica del beat.

Gli eventi fondamentali sono la pubblicazione di Howl di Allen Ginsberg nel 1956, subito sequestrato e condannato per oscenità, e il romanzo di Jack Kerouac, On the Road (1957) scritto nel 1951, a cui seguirono The Dharma Bums (1958) e le poesie di Mexico City Blues (1959). Lawrence Ferlinghetti, l’editore di Howl che aveva fondato la City Lights Books, pubblica A Coney Island of the Mind (1958). Da quel momento fiorirà una vasta produzione letteraria che sarà alla base del fenomeno hippie negli anni Sessanta.

La mia collezione comprende libri e riviste in edizione originale e altre edizioni significative tra il 1944 e il 1965 per la gran parte. I libri pubblicati dopo il 1965 sono sempre edizioni originali di testi inediti come gli Indian Journals di Ginsberg o memorie del periodo raccontate dai protagonisti come Memoirs of a Beatnik di Diane Di Prima. Ho fissato come data di partenza il 1944 perché è l’anno in cui Kerouac e Burroughs, dopo aver conosciuto a New York Ginsberg e Hunke, scrissero a due mani And the Hippos were Boiled in their Tanks. La conclusione è il reading londinese alla Royal Albert Hall nel 1965 che, come ha scritto Fernanda Pivano, “introdusse in Europa la scena dei Figli dei Fiori, coi ragazzi che circolavano scalzi e in tunica bianca in un’aria greve di incensi e di marijuana mentre i poeti leggevano poesie contro la guerra in Vietnam“. Fu la conclusione di un’esperienza che fino a quel momento si era conservata, a volte tragicamente, su un piano individuale e diversificato nonostante la successiva spettacolarizzazione da parte dei media.

Il reading londinese indicò una prospettiva completamente diversa: una massa di giovani (erano presenti 7000 persone) rivendicava il proprio diritto ad esprimere nuovi valori. Iniziava un’altra storia che voleva essere luminosa e felice. Molto difficilmente vi avrebbero trovato posto quei beatniks, alcuni ancora randagi, altri fagogitati dal sistema, in bilico tutti tra la bellezza e l’orrore di una loro scoperta beata umanità.

La lettura londinese ha segnato un completo cambio di prospettiva: qui c’era un vasto raduno di giovani (la folla contava 7000) che rivendicavano il proprio diritto di esprimere nuovi valori. Cominciava un’altra storia, che aspirava alla luce e alla felicità. I beatnick avrebbero avuto la massima difficoltà a trovare un punto d’appoggio all’interno del nuovo movimento; alcuni erano ancora vagabondi, altri erano stati inghiottiti dal sistema e tutti camminavano su una linea stretta tra la bellezza e l’orrore della beatifica umanità che avevano scoperto.
Se vogliamo trovare le origini della poesia e dello stile beat, le troviamo sicuramente in Foglie d’erba di Walt Whitman (1855) e nel jazz di Charlie Parker, Miles Davis, Dizzy Gillespie, Thelonious Monk, Dexter Gordon. Ma la nascita ufficiale del movimento è il 1952: Go, di John Clellon Holmes, considerato il primo romanzo beat, e, dello stesso autore, l’articolo «This is the Beat Generation» (New York Times, novembre 1952), che segna il lancio dell’esistenza pubblica di Beat. Gli eventi più importanti furono la pubblicazione nel 1956 di Howl di Allen Ginsberg, che fu subito sequestrato e condannato per oscenità, e il romanzo di Jack Kerouac, On the Road (1957) scritto nel 1951, seguito da The Dharma Bums (1958) e la sua serie di poesie Città del Messico Blues (1959). Lawrence Ferlinghetti, editore di Howl e fondatore di City Lights Books, pubblicò anche il suo lavoro A Coney Island of the Mind (1958). Questo punto segna il fiorire di una vasta produzione letteraria che avrebbe costituito la base del movimento hippie negli anni ’60.
La mia collezione comprende edizioni originali di libri e riviste oltre ad altre significative edizioni la maggior parte datate tra il 1944 e il 1965. I libri pubblicati dopo il 1965 sono tutti edizioni originali, ad esempio i Giornali indiani di Ginsberg o ricordi del periodo raccontati dai suoi protagonisti come Memorie di un beatnik di Diane Di Prima. Ho stabilito il punto di partenza cronologico nel 1944 perché questo è stato l’anno in cui Kerouac e Burroughs, dopo l’incontro a New York con Ginsberg e Hunke, hanno co-scritto And the Hippos were Boiled in loro Tanks.

L’evento conclusivo dell’epoca fu la lettura di poesie alla Royal Albert Hall di Londra nel 1965. Quella fu la serata che, come scrisse Fernanda Pivano, “introdusse in Europa la scena dei Figli dei Fiori, con giovani in tuniche bianche che giravano scalzi e il aria carica di incensi e marijuana, mentre i poeti leggono poesie contro la guerra del Vietnam”. Questo evento segnò la conclusione di un’esperienza che, fino a questo momento, era rimasta talvolta tragicamente su un piano individuale e diversificato, anche se poi i media l’hanno trasformata in spettacolo.

La lettura londinese ha segnato un completo cambio di prospettiva: qui c’era un vasto raduno di giovani (la folla contava 7000) che rivendicavano il proprio diritto di esprimere nuovi valori. Cominciava un’altra storia, che aspirava alla luce e alla felicità. I beatnick avrebbero avuto la massima difficoltà a trovare un punto d’appoggio all’interno del nuovo movimento; alcuni erano ancora vagabondi, altri erano stati inghiottiti dal sistema e tutti camminavano su una linea stretta tra la bellezza e l’orrore della beatifica umanità che avevano scoperto.
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