PALAZZO DI CITTA’

20 Apr 2015 | 0 commenti

Palazzo di città Torino

Palazzo di città Torino

Al numero 19 di via Palazzo di Città, in una casa allora detta palazzo della volta rossa, una  lapide ricorda che lì il Beato Cottolengo in una stanzetta accolse  nel 1828 i  primi pazienti: due  donne che gli ospedali non  accettavano.

La nascita del “deposito dei poveri infermi” avvenne sotto una cattiva stella: i debiti crescenti e  una epidemia  di colera che nel 1832 costringe il Beato a sfollare in Borgo Dora, dove è  attualmente la sede principale  dell’Opera.

Ancora oggi in quel tratto di via Palazzo di Città l’aria  è incupita, sotto i portici lastricati di  pietra grezza si  respira un’aria di altri tempi, tutto diventa spoglio e i colori ingrigiscono. Ciò è  tanto più sorprendente in quanto siamo dietro via Garibaldi, l’antico decumano che da piazza  Castello porta a piazza Statuto.

Il gettone con il quale si pagava la prestazine, detto marchetta

Sul marciapiede di fronte, nelle nicchie ricavate fra le doppie colonne,  un rigattiere in una vetrinetta reclamizza oggetti di una volta. Una targhetta smaltata dice: Casa di piacere di Maria Rosa, una sveltina 1,15 lire, un’ora 7,50 lire, acqua, sapone e salviette gratuite. Accanto alla croce sabauda e allo scudo tricolore spicca l’anno: 1939. Fra la lapide commemorativa  e la targa passano poco più di cent’anni, in cui Torino si è trasformata da grigio borgo sabaudo in capitale di una nazione, che vede la nascita della borghesia e del ceto medio industriale, che si farà azionista, e delle organizzazioni operaie che si opporranno al fascismo, allora tronfio e inneggiante.

Quadro di J-Louis Forain dal titolo Il cliente

Accostare lapide e targa può sembrare irriverente? Non credo, se guardiamo la vita degli uomini e le loro storie dalla parte giusta, quella in cui sacro e profano, sacrificio e abbandono ai sensi convivono come parti di un unico, autentico discorso, alcune alte e nobili, altre triviali, ma umane.

L’acqua che puliva le piaghe dei vecchi malati era la stessa erogata per le abluzioni genitali, e magari le salviette fornite da un solo commerciante del posto. Più verosimilmente, una madamin stagionata della casa della madama Maria Rosa, guardando le finestre del Cottolengo di allora, avrà più volte pensato, con un brivido di paura, di doverci finire prima o poi, abbandonandosi come ad una forza più grande, ad un destino  ineluttabile.

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