Annalucia Lomunno, autrice di “Rosa sospirosa”, romanzo in formidabile lingua giovanil-gaddiana, aulico-apula, che all’alba degli anni Zero fece sospirare anche me, oggi è il tuo trigesimo e ti scrivo. Della tua morte mi ha informato su questa pagina Antonio Gurrado, e il manifesto funebre apparso nel tuo paese pugliese, Castellaneta, mi ha informato che avevi una figlia e ancora entrambi i genitori (esiste tragedia peggiore della morte di un figlio?).

Ti avevo letto e poi ti avevo conosciuta a un convegno di Reggio Emilia e poi mi ero dimenticato di te come ci si dimentica di tutto, Annalucia: non saprei nemmeno dire se ti eri persa tu o se mi ero perso io… Ho scoperto che scrivevi d’amore su Confidenze e non sapevo esistesse ancora Confidenze ma so che esiste ancora l’amore e anche se in pubblico mi vanto di appartenere alla scuola stoica di Gianni Agnelli (“Innamorarsi è da cameriere”) in privato non mi dispiace che, nella complessiva estinzione, i sentimenti sopravvivano. Ho scoperto che non avevi lasciato il tuo paese, la cara vecchia provincia meridionale, la terra della controra. Ho scoperto che il tuo funerale si è svolto nella chiesa di San Michele Arcangelo: prego l’angelo fedele di accompagnarti dove non ci sono sospiri, dove non ci sono le lacrime che mi salgono agli occhi per te.
Camillo Langone, Il Foglio Quotidiano
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