SOTTO IL FICO

12 Gen 2021 | 0 commenti

Quando, venti anni fa, il giornalista e scrittore Umberto Pasti scoprì Rouhna, un borgo di cinquecento abitanti sulla costa Atlantica del Nord del Marocco, fu amore a prima vista e, nel giro di poco tempo, non ebbe alcun dubbio sul da farsi. Aveva già una casa a Tangeri con il suo compagno Stephan, ma dopo aver scoperto, per caso, camminando con un amico, un ettaro di pietraia su cui crescevano due eucalipti e resti di un arancio e due fichi, decise a breve che si sarebbero trasferiti lì, a sessantacinque chilometri dalla città. Non conosceva nulla di quel territorio, ma gli bastò addormentarsi proprio sotto il grande albero di fico per sognare che quel posto fosse il suo corpo e il suo corpo un giardino.

Al risveglio capì che non aveva nulla da perdere senza sapere, tra l’altro, che i jennun, gli spiritelli agresti, si impossessano di chi dorme sotto un albero. Un ragazzino di nome Rachid spuntò da un cespuglio e nel giro di poco tempo costruì una capanna dove Pasti decise poi di passare la notte. Poche settimane dopo, grazie all’eredità paterna, comprò quel terreno e fece iniziare i lavori servendosi degli abitanti di quel luogo dove nessun nazran (straniero) aveva mai messo piede. Non fu facile, anche perché il lavoro da fare era tanto, ma quell’Eden divenuto un inferno, nel tempo è rinato e tornato ad essere Eden, un paradiso che oggi splende e cresce ancora.

Fondamentali sono state, negli anni, le tante persone che hanno lavorato per realizzarlo, in particolar modo Jawad – un geologo tangerino che riuscì a portarvi l’acqua corrente dopo quattro anni di assenza – e Bernard, un giardiniere belga – new entry degli ultimi anni che Pasti e Stephan chiamano l’enfant nonostante tra loro non ci sia poi tutta questa differenza di età, un uomo che con il suo sapere la sua passione “ha contribuito ad allargare i giardini dell’Eden”.

È lo stesso Pasti – lui che già ne scrisse in Perduto in Paradiso – a raccontarcelo in Un Giardino Atlantico (Bompiani, come il precedente), un libro prezioso che racconta la genesi di quel posto che è poi, soprattutto, il racconto di una vita: quella dell’autore e di Stephan, e quella di tutte le persone di Rouhna che hanno partecipato e permesso la nascita e la realizzazione quel luogo speciale.

Un giardino dedicato sì alla coltivazione di piante e fiori, ma soprattutto un posto dove uomini, donne, bambini (a cui il libro è dedicato) e animali vivono in cerca dell’armonia, tra loro e con gli spiriti della terra. Un vero e proprio paradiso di bellezza che si apre a chi lo visita come la migliore delle oasi, suddiviso (ma nel loro caso, la divisione è sempre un’unione) dalla Summer House, la casa degli ospiti, e la Winter House, la casa padronale che colpisce per la bellezza della cucina con camino, il pavimento con le piastrelle di cemento o la famiglia di falchi in una delle stanze.

Umberto Pasti

Nel mezzo, c’è il Giardino della Consolazione, una serie di stanze e terrazze abitate da una vegetazione lussureggiante che rende in parte omaggio ai quadri di Rousseau il Doganiere e in parte trae ispirazione da personaggi di fantasia con nomi e loro storie che battezzano le zone del giardino. C’è quella dell’Inglese, quella dell’Egiziano, la zona dell’Italiano e quella di Aissawa. Il Giardino del Portoghese con le sue bellezze esotiche è una creazione di Bernard come quello delle Ossa (sull’albero); vicino ci sono il Giardino selvatico e il versante di una collina dedicato ai bulbi selvatici del Nord del Marocco, dove specie indigene di narcisi, iris, crochi, scille, gladioli e altre piante sbocciano dall’autunno all’estate, come potrà avere conferma il lettore sfogliando le pagine di questo libro impreziosito dalle fotografie di Ngoc Minh Ngo, fotografa esperta di giardini e paesaggi.

“Quando si entra in quel giardino, si ha la sensazione di muoversi in un concentrato di quello stesso paesaggio, in un suo distillato”, fa notare Martina Mondadori nella prefazione al libro Un Giardino Atlantico, grande amica della coppia e grande amante dei giardini, quasi come suo padre Leonardo. Visitarlo, aggiunge, “è come salpare su un vascello e veleggiare in un Atlantico di felicità” che ha la missione di preservare la ricchezza botanica della regione, di salvarla dalla devastazione propagata da un’edilizia brutale e, insieme, di creare occasioni di crescita, istruzione e lavoro per chi abita quella terra antica.

Articolo di Giuseppe Fantasia per il sito Elledecor.com

Giuseppe Fantasia ha una laurea in Legge, ma fa il giornalista e dal 2012 scrive per le pagine culturali de Il Foglio, dove si occupa principalmente di libri, arte, ritratti a personaggi conosciuti o ancora da scoprire e di eventi nella sua ironica ma veritiera rubrica settimanale, “Odo Romani Far Festa”.

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