GRANDI E INDECENTI?

GRANDI E INDECENTI?

L’IRONIA DI MASSIMILIANO COME ANTIDOTO ALLA CACCIA  ALLE STREGHE QUANDO PARLIAMO DI SESSO- ECCO UNA GALLERIA DI PERSONAGGI NON IRREPRENSIBILI NELLA VITA MA CHE RIMANGONO GRANDI NELLA CULTURA O NELL’ARTE- LA COSTUMANZA, TERRA DAI CONFINI LABILI E INCERTI.

  

Ma l’opera d’arte non era sganciata dalla vita dell’artista? E dire che Marcel Proust ci scrisse uno dei suoi saggi più famosi, più di un secolo fa, il famoso Contro Sainte-Beuve.

Invece il mondo ha cambiato idea, Hollywood ha resuscitato Sainte-Beuve, è l’ultima frontiera del politicamente corretto.

kevin spacey

Kevin Spacey

E dunque, Kevin Spacey viene cancellato da House of cards, e non solo. Mai più vedremo un film con Kevin Spacey, perché è un molestatore, palpeggiava gli assistenti di studio, importunava perfino maschi minorenni. Non è più il grande attore che era? No. Non vogliamo più vederlo recitare nei film? No. Fatto fuori da tutto, gli si ritira la possibilità di ricevere premi, anzi si medita perfino di togliergli quelli passati, retroattivamente. Si è preso perfino due Oscar, indecente, non se li merita.

schiele

Egon Schiele

A questo punto, però, bisogna essere consequenziali, non possiamo fermarci qui. È sconveniente, per esempio, che continuino a essere esposti al pubblico i quadri di Caravaggio, accusato di omicidio e pure un po’ pedofilo, basti vedere i languidi giovani che posavano per lui. Accusati di pedofilia furono pure Ernst Kirchner e Egon Schiele, via pure gli Espressionisti, e già che ci siamo che dire di quel porco di Paul Gauguin che se ne andò a Tahiti per farsi le tahitiane adolescenti? Ne sposò perfino due, una tredicenne e una quattordicenne. Roba da peggior turismo sessuale predatorio. Male, quindi, pure gli Impressionisti.

CHAPLIN

Chaplin

Non dimentichiamoci di bandire immediatamente Alice nel paese delle meraviglie, in quanto Lewis Carroll fu un altro accusato di pedofilia, si faceva portare bambine nude da fotografare. Non parliamo di Charlie Chaplin, che amava e sposava minorenni (una la sposò dietro la promessa di abortire), e nelle carte processuali di uno dei divorzi si legge come trattasse la moglie «in modo crudele e inumano» e il pubblico ministero lo definì «un cane libidinoso».

PASOLINI

P.P.Pasolini

Da oggi tutti gli Charlot fanno schifo, e anche Il grande dittatore fa schifo (anche perché rispetto alle mogli di Chaplin era trattata meglio Eva Braun da Adolf Hitler), siano cancellati dalla storia del cinema. Non vogliamo certo considerare un maestro un cane libidinoso.

Spariscano subito i romanzi e i film di Pier Paolo Pasolini, il quale fu perfino espulso dal Pci per pedofilia (e Kevin Spacey, rispetto a Pasolini, è davvero un dilettante). A proposito va cancellata pressoché l’intera filosofia greca dai programmi scolastici e universitari, a cominciare da Socrate e Platone, i quali la pedofilia, oltre a praticarla, la giustificavano.

HEIDEGGER

Martin Heidegger

E Louis Ferdinand Céline, Martin Heidegger, Drieu La Rochelle? Non vorremo mica continuare a leggerli? Erano nazisti, quando non collaborazionisti. William Burroughs sparò alla moglie in testa giocando a fare il Guglielmo Tell, un femminicida, da oggi è illeggibile. Verlaine sparò al suo giovane amante Rimbaud, non lo uccise per poco, ritengo comunque sia poco opportuno continuare a stampare e leggere i suoi versi.

Ma pure Rimbaud, attenzione, finì la sua vita come mercante di schiavi, sarà mica un grande poeta? Si faccia un bel falò di Una stagione all’inferno, e vada all’inferno. A pensarci bene Rudyard Kipling era un colonialista, ci scrisse perfino una poesia diventata l’inno dei peggiori colonialisti, Il fardello dell’uomo bianco, da bruciare insieme al Libro della giungla, mi dispiace bambini, questo è il nuovo corso.

PASOLINI CARAVAGGIO

Pasolini e Caravaggio in un autoritratto

Tornando a Kevin Spacey, si è avuto perfino da ridire perché se ne stava su uno yacht con undici uomini, cosa ritenuta disdicevole, non so se per lo yacht o per gli undici uomini, in ogni caso sono cose che non si fanno e rafforzano l’idea di bandire per sempre i suoi film. Sarà opportuno pertanto non indossare più abiti di stilisti, ci vestiamo solo da Zara.

Albert Einstein

Infine non so se lo sapevate ma c’è un’altra bruttissima notizia, di proporzioni cosmiche: Albert Einstein era un grandissimo porco, e ci provava con tutte le studentesse carine, che oggi andrebbero a Le Iene a denunciarlo. Sia quindi immediatamente ritirata la teoria della relatività, lo spazio-tempo smetta di essere curvo e si torna a Isaac Newton, una persona perbene.

Articolo di Massimiliano Parente per www.ilgiornale.it

 

Ma non è finita: il Principe Azzurro non è una persona seria e il caso Weinstein finisce anche per colpire le favole. Leggete sempre sul tema quanto scrive Valentina Ruggiu per www.repubblica.it

SARAH HALL CHIEDE L ELIMINAZIONE DELLA BELLA ADDORMENTATA DA SCUOLASARAH HALL CHIEDE L ELIMINAZIONE DELLA BELLA ADDORMENTATA DA SCUOLA

E se la Bella Addormentata non voleva essere baciata? Nel Regno Unito sta facendo discutere la richiesta avanzata dalla madre di due bambini, Sarah Hall, di rimuovere dal programma scolastico della scuola di suo figlio la favola della Bella Addormentata. Dopo aver chiamato la scuola, Sarah ha espresso il suo disappunto anche su Twitter e da quel momento è nata la polemica: il caso Weinstein delle favole.

Il motivo della proprosta Sarah lo spiega in un tweet: “Fino a quando verranno presentati questi testi nelle scuole non riusciremo mai a cambiare degli atteggiamenti che oggi sono ormai radicati nei comportamenti sessuali”.

la bella addormentataPer la mamma a quel bacio manca un elemento essenziale: il consenso. Sorte che, fa notare qualche altro utente nelle risposte, è toccata anche a Biancaneve.

“Nella società di oggi non è appropriato mandare questi messaggi – ha aggiunto la mamma nei commenti successivi -. Mio figlio ha solo sei anni e assorbe tutto ciò che vede. Con lui è ancora presto per trasformare gli input in conversazioni costruttive su questo tema”.

In molti hanno criticato l’osservazione di Sarah. Lei però ha risposto prontamente a tutti spiegando che le tante storie di abusi raccontate dai media dopo il caso Weinstein e la campagna social #MeToo, l’hanno portata a riflettere sui messaggi che, anche involontariamente, aiutano a creare una cultura in cui il consenso non è considerato importante. “Le fiabe – ha spiegato la donna – dicono ai bambini cosa è giusto e cosa è sbagliato”.

BELLA ADDORMENTATA“Non credo – continua Sarah – che eliminare dalla circolazione questa fiaba sia giusto. Penso che possa rappresentare una grande risorsa per i bimbi più grandi, con cui si può fare un ragionamento più complesso e spiegare loro la questione del consenso e di come la principessa si può sentire”.

“A preoccuparmi sono i bambini più piccoli. Non chiedo molto, solo di aprire un dibattito sulla possibilità o meno di considerare queste favole adatte anche a loro”. E a quanto pare ci è riuscita.

 

LO SGUARDO IN 3D

LO SGUARDO IN 3D

 

DA CARAVAGGIO EXPERIENCE A LOVING VINCENT, COSA STA CAMBIANDO FRA OPERA E SPETTATORI?- NON BASTA PIU’ GUARDARE PER LA NUOVA DIDATTICA DELL’ARTE, MA IMMERGERSI, FARE PARTE DELLO SPETTACOLO, ESSERE PROTAGONISTI, SCIVOLANDO MAGARI NELL’OVVIO, O IMPIGRITI NEL MERO SENSUALISMO- UN PERICOLOSO INGANNO?

 

Caravaggio experience, installazione

Un fenomeno a cui stiamo assistendo sempre più spesso, ultimamente, è quello delle mostre senza opere originali, che propongono nuovi approcci alle opere d’arte attraverso quelle che vengono descritte come esperienze “immersive” e “totali” nella pittura di questo o quell’artista, scelto tra i più popolari e suggestivi: Caravaggio, Van Gogh o Chagall. Si tratta di spettacoli multisensoriali di video-installazioni accompagnate da concerti di suoni e odori che, insieme alle avveniristiche ricostruzioni tridimensionali usate come supporto didattico nelle mostre tradizionali, e agli stupefacenti lungometraggi cinematografici realizzati con sequenze di fotogrammi che imitano la maniera di un artista, testimoniano un cambiamento del nostro sguardo: l’occhio non sembra accontentarsi più dell’immagine apparentemente statica di una superficie pittorica, da solo non è in grado di veicolare l’introiettarsi del dato visivo al di qua del nervo ottico nella pellicola impressionabile della nostra percezione, dove avviene ogni volta una rinnovata intuizione, ma richiede qualcosa di più coinvolgente.

Alla Venaria di Torino, ad esempio, la mostra Caravaggio Experience, conclusa da poche settimane, ha proposto ciò che viene definito “un approccio contemporaneo” che, usando “un sofisticato sistema di multi-proiezione a grandissime dimensioni, combinato con musiche suggestive e fragranze olfattive, porta il visitatore a vivere un’esperienza unica anche sul piano sensoriale, attraverso una vera e propria immersione personale nell’arte del maestro del Seicento”1; un anno fa era stata la volta di Van Gogh Alive. The Experience, dello stesso genere. Alla Permanente di Milano, in queste settimane, la mostra Chagall, sogno di una notte d’estate è stata presentata dagli organizzatori come “il primo spettacolo immersivo” dedicato al pittore bielorusso. Alla Reggia di Caserta sta per concludersi Klimt Experience, che grazie all’ausilio dei nuovi Oculus Samsung Gear VR “consente di entrare all’interno di quattro celebri opere di Klimt percependone tridimensionalmente ogni dettaglio figurativo e cromatico”.

“Esperienza”, “spettacolo”, “immersione” sono le parole chiave. Il significato corrente del termine “esperienza” quale percezione o conoscenza diretta di oggetti a noi esterni, acquisita per il tramite dei sensi, qui impercettibilmente vira sulla ricettività passiva da parte di uno spettatore a questa appositamente predisposto con suggestioni varie da una regia che gli imbandisce una selezione di immagini ripetute, ingrandite, tagliate e interpolate. Passiva è qui anche l’idea di immergersi, di abbandonarsi e lasciarsi avvolgere -il contrario che esercitare l’attenzione e l’osservazione- in un bagno di sollecitazioni controllate ed eterodirette tanto nella scelta dei valori estetici veicolati e amplificati, che nella reazione a ciò che si sta guardando. Non si dà infatti occasione di far scaturire, dal contatto tra soggetto e opera, sensi e percetti che non siano quelli indotti dalla scelta e dalla disposizione fatte dagli operatori di questa esperienza, perché sono individuati preventivamente il contenuto da veicolare e la temperatura emotiva a cui portare il soggetto.

Chagall: sogno di una notte di mezza estate

Dal fatto che l’osservazione dell’opera d’arte debba essere guidata con ausili tecnologici alla scoperta dei valori formali che la caratterizzano –composizione, prospettiva, colore- si può dedurre che l’occhio si sia come atrofizzato in seguito a un progressivo ispessimento di quella membrana che ci delimita e ci distingue dal mondo sensibile, rendendoci entità individuali, e attraverso la quale, allo stesso tempo, entriamo in contatto e ci relazioniamo con esso. Il risultato è che si perde progressivamente la capacità di leggere l’originale dell’opera d’arte che, quando è di alto livello, presenta invece tutti gli espedienti atti a comunicare con chi la guarda, a evocare la dimensione della profondità, o il movimento, laddove l’occhio fuori allenamento non vede più che una superficie piatta e statica. La mostra su Piranesi tenuta recentemente a Palazzo Braschi, per fare un esempio, era completata da un video 3D realizzato dal Laboratorio di Robotica Percettiva dell’Istituto di Tecnologie della Comunicazione, Informazione e Percezione della Scuola Sant’Anna di Pisa che, permettendo di esplorare con occhiali speciali una rielaborazione grafica di alcune Carceri d’Invenzione, mirava a “svelare il progetto architettonico che è nascosto dietro i tratti di Piranesi artista” e ad “estendere l’esperienza visiva del visitatore che potrà sentirsi letteralmente trasportato all’interno dell’opera di Piranesi, grazie anche ad un tappeto sonoro appositamente studiato e realizzato per completare l’esperienza percettiva”2.

Caravaggio experience

Dovrebbe essere inutile sottolineare che il Piranesi delle Carceri è quanto di più “tridimensionale” e “immersivo” si possa immaginare, senza bisogno di alcun ausilio, e che le linee, le luci e le ombre, e in generale la tecnica incisoria dell’artista veneto sono appunto esempi magistrali della sua capacità di dirigere lo sguardo a dovere nello spazio fittizio aperto al di là della superficie cartacea della stampa. Chi ha avuto il privilegio di poter osservare le matrici di Piranesi sa che sulla matrice stessa ciò corrisponde a un approccio “scultoreo”, precisamente tridimensionale, alla materia da incidere. Senza indagare troppo sulle ragioni culturali, sociali, psicologiche che hanno portato a questa pigrizia dell’occhio, si può rilevare che ciò ha a che fare probabilmente con una saturazione, un’assuefazione alle immagini in movimento e al digitale. Per penetrare un’immagine serve ora l’esperienza multisensoriale, un concerto di stimolazioni di tutti i sensi laddove un senso, la vista, da solo non avrebbe più vigore sufficiente. Dobbiamo, appunto, immergerci fisicamente.
Chiedersi quale sia la ragione della scelta di Caravaggio, di Van Gogh, di Chagall o di Klimt può essere utile a svelare il volgare inganno che si cela dietro di esse. Pensiamo alla pittura di questi artisti: ha senso invitare a “percepire tridimensionalmente i dettagli cromatici” di Klimt? Siamo passati dai video tridimensionali di supporto alla lettura di opere che, comunque, presentano in origine espedienti atti a fingere uno spazio esplorabile, all’invenzione di un valore formale che nel Klimt secessionista non c’è, ed è estraneo ai suoi intenti estetici. La tecnologia non serve, come si vuol far credere, ad “avvicinare il grande pubblico all’arte”.

Caravaggio-experience, installazione

Non viene usata a scopo didattico o divulgativo.Perché ciò che si sta vendendo al pubblico somiglia al vero meno di una banconota del Monopoly. Si capisce, è chiaro, che la scelta di artisti molto popolari ha a che fare con una qualità propria dei loro dipinti, che più di altri si prestano a un’esperienza “coinvolgente”, mentre non risulterebbe altrettanto coinvolgente immergersi negli equilibri siderei di un Kandinskij. Né lo sarebbe entrare nelle prospettive serene e lineari di un affresco di Beato Angelico. Il coinvolgimento ricercato mira infatti, in questi spettacoli, a unire l’esperienza estetica, o meglio meramente sensoriale, a quella emozionale.

Il grado successivo di questo fenomeno è forse annunciato con le sue conseguenze dal biopic Loving Vincent, in questi giorni campione d’incassi nelle sale italiane: uno stupefacente lungometraggio di Nexo Digital, composto da 62,450 immagini dipinte da un team di centoventicinque pittori nello stile di Vincent Van Gogh. I personaggi della vita del pittore olandese -il dottor Gachet, Théo, il postino Roulin, Pére Tanguy- assumono il volto di attori veri che hanno posato dal vivo interpretandoli a partire dai ritratti originali; nel flusso della trama, la sequenza si fissa momentaneamente sulle riproduzioni di più di cento quadri tra i più famosi, o parti di essi. Vedere con gli occhi di Van Gogh, entrare nel suo mondo: è un sogno già evocato da Kurosawa in Yume nel 1990, che in questo film genera, però, un pasticcio enfatico, stucchevole e menzognero.

Una dei 125 artisti impegnati nel lungometraggio Nex digital su Van Gogh

Siamo oltre i problemi posti dalla riproducibilità tecnica dell’opera d’arte e dalla sua diffusione: nonostante la somiglianza delle immagini del film con i dipinti originali, ciò che viene riprodotto non è la pittura di Van Gogh, ma un’imitazione superficiale e approssimativa che riduce la strenua ricerca dell’artista a un cliché, a uno stile, semplificandone i valori e i caratteri.

Nella società della post-truth, in cui la manipolazione dei fatti interviene proditoriamente proprio nella comunicazione e nella trasmissione del sapere e della memoria, ciò significa cambiare la verità di un uomo realmente vissuto, l’artista, e di un fatto realmente accaduto, la sua arte. E in questo stesso modo, anche la sceneggiatura di Loving Vincent travisa la verità: normalizzato e reso più avvenente il volto irregolare e sgradevole che conosciamo dai suoi strazianti autoritratti, da cui quello sguardo tenero, truce, disperato e nudo ci fissa e ci inchioda, si scagiona Vincent Van Gogh dallo scandalo del gesto suicida, facendo di lui l’oggetto di una melensa compassione. Facendo di lui, ancora una volta, il “suicidato della società”. Ma noi, commossi, appagati e impigriti, non ci accorgiamo di aver assistito a tutto questo.

Articolo di Mariasole Garacci su Micromega (temi.repubblica.it/micromega-online/)

In primo piano: Poranesi, fabbrica dell’utopia, palazzo Braschi Roma

1 Dal sito dell’azienda CoopCulture, che ha gestito la mostra http://www.coopculture.it/events.cfm?id=594
2 “Dall’utopia all’architettura: il progetto tridimensionale delle Carceri della Scuola Superiore Sant’Anna”, in Piranesi. La fabbrica dell’utopia, a cura di Luigi Ficacci e Simonetta Tozzi, De Luca Editori d’Arte, 2017

 

 

 

Il PENTIMENTO

Il PENTIMENTO

 

 

Maria Maddalena in estasi, quadro recentemente attribuito a Caravaggio ora esposto a Tokio

Maria Maddalena in estasi, quadro recentemente attribuito a Caravaggio, ora esposto a Tokyo

FINO A CHE PUNTO PUO’ ARRIVARE IL PERDONO? – L’OMICIDIO E’ AL DA LA’ DEL BENE E DEL MALE E NON AMMETTE IL PERDONO?

CHE VALORE DARE AL PENTIMENTO, ANCHE SE SINCERO, DI FRONTE AL DELITTO CAPITALE? 

 

Lisa,

mi hai chiesto oggi cosa penso dell’omicida pentito, quale sia il valore del pentimento di chi ha soppresso la vita di un proprio simile, e se sia giusto che possa essere messo al pari di chi, magari per circostanze o in forza di convincimento, abbia proseguito per la retta via, ligio ai propri doveri a alla legge morale.

Su questi temi assai complessi, la tradizione laica e i precetti religiosi, ognuno nel suo campo, sono chiari.

Numerosi sono gli esempi nella Sacre Scritture di pentiti che vengono riammessi alla grazia di Dio. A cominciare da Maria Maddalena alla quale fu molto perdonato perché molto aveva peccato. Come non ricordare la parabola del peccatore e dl fariseo (Lc 18,9-14) o quella del ladrone (Lc 23,43)? E Zaccheo, Matteo, il fatto che Dio fa festa per un solo peccatore che si converte più che per 99 giusti?

Papa Francesco stesso è tornato sul tema, come potrai diffusamente leggere in questa recente omelia all’indirizzo: ( w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2013/documents/papa-francesco-cotidie_20131111_peccatori-ma-non-corrotti.html  )

Da un punto di vista del diritto positivo, il nostro e altri ordinamenti concepiscono la pena detentiva, particolarmente severa in caso di omicidio -solitamente ergastolo-, come risarcimento del danno sociale, scontata la quale la persona viene riammessa in società, senza necessità di pentimento, almeno palese, essendo il reo considerato “ope legis “riabilitato”. Ti ricordo che la pena di morte è stata eliminata in Italia fin dal 1948, anno di entrata in vigore della Costituzione.

Fedele agli insegnamenti di Cesare Beccaria, il legislatore giustamente considerò che la “violenza legale”, concessa allo Stato per reprimere il crimine non potesse, in caso di omicidio, risolversi nella esecuzione capitale del reo, cioè con l’applicazione della legge del taglione.

Naturalmente, se si parla di pentimento, e quindi ci si addentra su un terreno morale e di etica pubblica, il discorso cambia.

In passato abbiamo avuto, e abbiamo tuttora, esempi di terroristi omicidi che, scontata la pena o sottrattisi ad essa perché latitanti, non solo non si dichiarano pentiti, ma conservano protervia e animo violento. Verso costoro lo sdegno sociale e la riprovazione restano immutate, e ogni riabilitazione morale è inibita in partenza.

Ma in caso di reale pentimento? Per i credenti restano le parole del Papa e il costante insegnamento della Chiesa. Per i non credenti, espiata la pena, se il pentimento è autentico e si manifesta in parole, atti, comportamenti e testimonianze incontrovertibili di una “rinascita” a nuova vita, credo che mortificarla sarebbe socialmente sbagliato e, in sostanza, una sconsiderata ammissione che il male ha sempre il sopravvento sul bene.

Certo, resta il problema di “che cosa sia il pentimento”. A questa domanda, frutto di prudenza valutativa e della giusta necessità di distinzione fra persone e percorsi diversi, non si può rispondere in astratto, ma solo esaminando, appunto, caso per caso. E abbiamo esempi, anche in letteratura, di quali  lunghi travagli e di quali sofferenze questo cammino comporta.

Ma tu ponevi un interrogativo ancora più spinoso: ci si può pentire di un delitto? Cioè della morte di un nostro simile, che non è solo il più terribile degli atti, ma atto irreversibile? Mi verrebbe da domandarti: gli uomini che hanno crocifisso Gesù Cristo, un loro simile, non sono stati perdonati? Ma questo aprirebbe una prospettiva troppo ampia, restiamo al nostro tema più circoscritto: il valore del pentimento.

Qui dobbiamo intenderci: pentirsi (almeno per me) è possibile sempre, ma ciò non vuole dire liberarsi del proprio fardello. Maria Maddalena redentasi resta sempre una donna che ha tanto peccato! Così l’omicida pentito resta sempre uno che ha ucciso.

Ognuno cammina col proprio fardello, chi più leggero, chi più pesante, ma non possiamo sbarrare la strada a chi cerca la via, si chiami redenzione o rettitudine. Il giusto è il giusto, il peccatore pentito è il peccatore pentito, ma con pari dignità, mi sembra di potere dire in conclusione.

Una superiorità morale andrebbe rivendicata dal primo? Mi sembra nelle cose, e semmai è solo un carico ulteriore di responsabilità (o, nel linguaggio di Papa Francesco, di spirito misericordioso).  Chi sta avanti aiuta chi sta indietro. Mi piacerebbe ricevere in merito il tuo punto di vista.

 

 

 

 

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