Il Grillo secondo Formica

Il Grillo secondo Formica

Grillo secondo Formica. E ce n’è pure per Renzi- Il grande Rino socialista si sfoga con Francesco Merlo e prevede che Alfano sulla Cirinnà calerà le braghe per un tozzo di pane. Quando la plebe era classe sociale e la politica coniugava idealismo con realismo, tanto tempo fa…..                                                                                                                                      

 

Merlo Francesco

Il giornalista Francesco Merlo

Ovviamente si comincia con Quarto e Beppe Grillo, con l’ ideologia e la religione della trasparenza, con la trappola morale e con l’ ingenuità, con il mito sempre infranto della purezza e quello invece roboante ma inconcludente della protesta “che non può essere politica”, dice, “perché la politica è mediazione dei conflitti e dei contrasti. E se stai nelle istituzioni non puoi mica protestare, devi governare”.

Ma dopo un po’, ascoltandolo, si capisce che a lui il Movimento di Grillo sta forse meno antipatico di quanto non sarebbe lecito immaginarsi, o forse considera i cinque stelle un epifenomeno trascurabile, chissà, come una nuvola destinata a essere portata via dal vento: è con Renzi che lui ce l’ ha di più.

E allora è sul nome del presidente del Consiglio che Rino Formica calca la voce e anima il suo corpo di ottantanovenne rapido e ben conservato, perché “la riforma costituzionale di Renzi è inutile”, si accende, “è persino dannosa. Io voterò ‘no’ al referendum. Ma senza aderire al comitato per il ‘no’, perché io non sto mica con gli immobilisti alla Zagrebelsky, e non coltivo nemmeno feticismi costituzionali. Tutto il contrario.

Penso però che prima della seconda parte della Costituzione bisogna modificare la prima, che è già stata consegnata all’ obitorio con i trattati internazionali. Bisogna modificare quella parte della Costituzione che stabilisce le norme vincolanti sui diritti sociali e politici, quelle regole ideali che adesso sono state superate, affidate al vincolo estero o al vincolo di bilancio”.

E sembra che lui, due volte ministro delle Finanze, con Spadolini e con Andreotti, poi ministro del Lavoro tra il 1987 e il 1989 nei brevissimi governi Goria e De Mita, adesso guardi con un certo partecipe dispetto il formicolio della politica contemporanea, la politica come gioco intellettuale e ginnastica del pensiero, passione e umori, una malattia dalla quale non si guarisce mai, nemmeno alle soglie dei novant’ anni.

Rino Formica

Rino Formica

“Guardi”, dice accompagnando le parole con un’ ombra di sorriso, “dopo Mani Pulite solo una classe politica di coglioni poteva accettare il perpetuarsi della rivoluzione giudiziaria, accontentandosi degli onori formali del potere”.

E questa è la spiritosa premessa, sta a monte di tutto, tutto precede e tutto filtra, come un paio di lenti attraverso le quali Formica osserva con un certo acuto cinismo, appena incrinato da una nota di bonario disprezzo, la pazzotica realtà dell’ Italia istituzionale.

Sangue e merda, diceva lui un tempo, “e intendevo dire passione e contaminazione”. Quella contaminazione che Grillo, per esempio, vuole sfuggire. “Ma nessuna forma di potere può rinunciare a confrontarsi con il male”. E allora Grillo dovrebbe studiare Andreotti? “Non dico questo. Ma fare politica significa trovare un punto di equilibrio tra il reale e l’ ideale.

Ce lo spiegava Nenni quando eravamo ragazzi”. Nenni coniò quella famosa, e abusata, espressione con la quale ammoniva di ben guardarsi dai puri, perché poi arriva sempre un puro più puro che ti epura. “Era l’ esasperazione del moralismo come canone interpretativo della realtà e della politica.

Ma bisogna anche guardarsi dagli iper-realisti, io sono molto critico nei confronti delle falangi del realismo straripante, anche perché li trovo fasulli”. E Formica parla di Renzi, evidentemente. “Lui usa il realismo per piegare gli idealisti del suo partito. Ma non ha nessuna visione. E’ un uomo dai tratti tipicamente strapaesani”. Renzi e Grillo, dunque. “Un provinciale e un populista”.

E seduto in poltrona, con alle spalle un proclama dei tempi della Repubblica romana, Formica tratteggia in pochi, precisi dettagli l’ aporia e le contraddizioni che secondo lui rendono impossibile la vita del Movimento 5 stelle nelle istituzioni: “Dc e Pci erano partiti di matrice idealistica”, dice. “Ma l’ eccesso di ideale trasforma la mediazione nobile della politica in sensalìa, in una forma di contrattualismo interessato”.

E qui Formica fa una pausa, tono ironico -didattico: “Prendi Alfano, tanto per capirsi. Quello, sulle unioni civili, sarebbe disposto a cedere qualsiasi cosa, basta che gli dai mezzo sottosegretario”. Chiusa parentesi. “Ecco. Una volta che la mediazione è stata declassata in sensalìa, la trasformazione, o meglio la deformazione della politica è inevitabile.

Formica Il fatto

Rino Formica nella sua lunga e recente intervista al Fatto Quotidiano

E allora ci si rifugia nei fondamentalismi, si rompe ogni rapporto tra reale e ideale.

E si arriva dunque ai cinque stelle, cioè al punto in cui i popolarismi diventano populismo. Per noi socialisti il popolo era il proletariato, cioè una classe dotata di coscienza, non una plebe. Il populismo assume invece il compito di fare sue le pulsioni plebee”. Ma perché non riescono a governare, i 5 stelle? “Ci arrivo.

Il Movimento cinque stelle è il collettore di tutte le proteste, di tutte le pulsioni che non trovavano più sfogo in una politica capace di mediare e ricomporre i conflitti. Ma a questo punto, assieme ai voti, e al personale politico eletto, dentro il Movimento esplode anche una contraddizione gigantesca, che è tipica di tutti i populismi quando si istituzionalizzano: il consenso facile che si raccoglie negli infiniti rivoli della protesta, quando si trova di fronte al governo, che per sua natura è ricomposizione dei conflitti, va in cortocircuito”.

Ed ecco dunque il caso di Quarto Flegreo, ma anche le tensioni tra Grillo e Pizzarotti a Parma per l’ inceneritore, ecco l’ espulsione del sindaco di Gela che non voleva chiudere il petrolchimico, ed ecco i guai con la spazzatura del sindaco Filippo Nogarin a Livorno.

Matteo Renzi

Matteo Renzi colto in una sua tipica posa

“Loro sono antisistema, ma pure coltivano la velleità di gestire il sistema”. Un’ aporia da sciogliere, dice Formica, una contraddizione in termini che in questi giorni, come si vede, scoppietta tra minacce e rinfacciamenti: uno si dimette, uno viene cacciato, l’ altro rimane al suo posto, uno cade dalle nuvole, l’ altro grida che lui l’ aveva detto, un trombettiere squilla l’ unità del movimento, un coro assordante intona l’ inno di ciò che si doveva fare, di ciò che si farà e non si farà.

“Ma io nelle espulsioni che fa Grillo non ci vedo niente di strano visto che abbiamo accettato che i partiti non esistono più”, dice Formica. “Qual è la differenza con lo ‘stai sereno’ di Renzi a Letta? La regola è che tutto è lecito nella disarticolazione. Mi capita talvolta di pensare alla reazione di Sandro Bondi quando ha lasciato Berlusconi. Nella sua pochezza, Bondi ha detto la verità: ‘In questi anni ho fatto il servo’. Ma se è così, se funziona così, davvero ci dobbiamo stupire di Grillo?”.

E allora il vecchio Formica solleva lo sguardo e dice che “più dello scollamento di Grillo dalla realtà, mi inquieta il fasullo ‘realismo del fare’ di Renzi. Lui si occupa del Senato, vuole la semplificazione, pensa sempre alla catena di comando corta. Questa sua idea che si debba sempre rifuggire dalle fatiche della democrazia è perniciosa.

I socialisti degli anni Settanta non ponevano un banale problema di semplificazione, che è un problema da gestione condominiale, ma pensavano che la costituzione avesse bisogno di un profondo ripensamento. L’ Italia ha bisogno di un’ assemblea costituente, la Carta va riscritta, ma riscritta tutta, in maniera coerente. E la nuova Costituzione deve servire a spiegare come il nostro paese può stare in Europa e in un sistema sovra nazionale di libero mercato.

Beppe Grillo come Mao tze tung che attraversa lo Stretto di Messina

Beppe Grillo, come Mao tze -tung, mentre attraversa lo Stretto di Messina

E’ ancora compatibile la prima parte della nostra Costituzione, che tanto affida allo stato, con un’ Europa che ha il suo inquadramento in un contesto di libera contesa politica ed economica? Non lo è. E occuparsi del Senato solo per comprimere il meccanismo democratico denota miopia, diciamo così. Per essere buoni”. E per essere cattivi? “Una sicumera che non promette bene.

Guardi, le astuzie di Berlusconi sono durate vent’ anni. Renzi naturalmente è più fresco di astuzie, ma è già in via d’ esaurimento”. Dunque? “Troverà la sua mozione Grandi sul tavolo”. Un 25 luglio. “E lo convocherà lui”. La sicumera.

Salvatore Merlo per Il Foglio

 

 

Così la pensa Geppetto

Così la pensa Geppetto

 

 

GeppettoLa riccioluta Cirinnà, che di nome fa Monica, politica di lungo corso, già verde ora democratica, ha il suo momento di notorietà. Porta il suo nome il disegno di legge sulle unioni civili che si sta discutendo in questi giorni al Senato.  Stando ai sondaggi, l’opinione pubblica italiana è largamente favorevole al riconoscimento delle coppie omosessuali, con annessi diritti fra i conviventi. La Chiesa non ha mancato di farsi sentire, esprimendo la sua contrarietà. Già nel 2007 la questione venne presentata, ma Rosy Bindi, ministro della sanità e Romano Prodi, presidente del Consiglio, non la spuntarono. Finirono sotto il fuoco di fila orchestrato dal cardinale Ruini. Anche questa volta il cardinale si esprime sui quotidiani nazionali e ci va giù duro:  “Quella legge è inammissibile, la Chiesa si batte per i figli, devono avere padre e madre” L’ex capo della Cei che guidò il no alla fecondazione eterologa ribadisce: “Giusto dare diritti alle persone omosessuali, non alle coppie”. Giudicare inammissibile, come fa Ruini, un disegno di legge di una senatrice in uno Stato parlamentare è un po’ come farla fuori dal vaso; meglio sarebbe stato dire “sbagliata” per rientrare nella legittima libertà di espressione. Ma al cardinale, degnissima persona, possiamo perdonare. Non siamo nell’anno della misericordia?

La senatrice pd Monica Cirinnà

La senatrice pd Monica Cirinnà

Sulle unioni gay – già spiegava Ruini all’Huffington Post del 22/10/2014-: “non ho cambiato parere. È giusto tutelare i diritti di tutti; ma i veri diritti, non i diritti immaginari. Se c’è qualche diritto attualmente non tutelato che è giusto tutelare, e ne dubito, per farlo non c’è bisogno di riconoscere le coppie come tali; basta affermare i diritti dei singoli. Mi pare l’unico modo per non imboccare la strada che porta al matrimonio tra coppie dello stesso sesso”. Poco importa che si parli di unioni civili, e non di matrimonio. “Se il contenuto è molto simile, serve poco cambiare il nome del contenitore” .

Il cardinale Camillo Ruini

Il cardinale Camillo Ruini

Papa Francesco

Papa Francesco: “comunicare verità con misericordia, creare ponti non esclusioni”

Anche il Papa non ha mancato di esprimersi, ma con accenti diversi. Sull’Osservatore Romano di ieri, si legge: “Nel percorso sinodale sul tema della famiglia, che il Signore ci ha concesso di realizzare nei due anni scorsi, abbiamo potuto compiere, in spirito e stile di effettiva collegialità, un approfondito discernimento sapienziale, grazie al quale la Chiesa ha – tra l’altro – indicato al mondo che non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”. Giusto, coerente e rispettoso.

Io non sono fra coloro che accreditano o immaginano fantomatiche divisioni fra i capi della Chiesa. Sono solo due modi di esprimersi e di interpretare i nostri tempi che non toccano gli aspetti dottrinari, ma solo quelli pastorali.

Il cantante Elton John, col compagno e i figli adottati

Il cantante Elton John, col compagno e i figli adottati

Quindi, nonostante qualche “giapponese” post democristiano, la norma passerà, seppure annacquata in un linguaggio eufemistico che non toccherà la sostanza. Resta il nodo della possibilità per le unioni civili di potere adottare un figlio.

Ma, attenzione, chiariamo bene in premessa  questo punto: di quali figli si parla? Qui riprendo Ruini, molto chiaro nel merito. Domanda Paolo Rodari, che il 20 gennaio lo intervista per la Stampa di Torino:

D: La stepchild adoption è uno strumento di fatto già ammesso dalla legge 184. Perché non va bene? R:”Ma la legge 184 parla di adozioni compiute da coniugi, cioè da due persone di sesso diverso: tanto è vero che il disegno di legge Cirinnà propone di inserire nel testo della legge 184, dopo la parole coniuge, le parole “o dalla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”. È questo che non va bene. Metto inoltre in guardia da un equivoco: molti pensano che la stepchild adoption significhi che un partner può adottare il figlio che l’altro partner ha avuto in precedenza, quando era eterosessuale. Ma non è così: quel figlio non può essere adottato perché ha già due genitori. La stepchild adoption riguarda i figli avuti con l’utero in affitto, se i due partner sono uomini, o con la fecondazione eterologa, se sono donne.”

milano unioni civli

Piazza Duomo Milano-Manifestazione odierna in favore delle unioni civili

Utero in affitto e fecondazione eterologa, dunque. Non i figli naturali avuti in precedenti unioni, che hanno già un padre e una madre. Per la Chiesa la pratica dell’affitto e dell’eterologa non vanno bene e quindi  essa è contraria, anche perché teme che, come per la fecondazione eterologa ammessa alla Corte Costituzionale nel 2014, ciò preluda inevitabilmente ad aprire anche agli uteri in affitto.

unioni civili

Roma, 24 gennaio 2016: manifestazione per le Unioni civili

La vera domanda sul tappeto è perciò: siete contrari o no all’utero in affitto e alle tecniche di fecondazione eterologhe?  Quest’ultime, che pure qualche problema l’hanno creato, mi pare siano oramai entrate nella prassi medica e socialmente accettate dai più. Resta il tema spinoso dell’utero in affitto.

Donzelli

Ha scritto Gianpaolo Donzelli, esperto neonatologo ed opinionista  su La Repubblica fiorentina del 22 gennaio scorso:” …Quindi sì alla step-child adoption però entro limiti rigorosi: che esista (o sia esistita) una madre. Una madre, non una donna inseminata con l’ovulo comprato da un’altra in un paese che lo consente, fecondato con il seme dell’aspirante padre, e retribuita per la gravidanza e per il parto. Questa industria dei bambini cash&carry, nati da uteri in affitto, deve essere considerata una nuova forma di schiavitù e in quanto tale, non ammissibile.” Chiarito ciò, ognuno si formi il proprio convincimento.

 

 

 

 

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