BACON E FREUD

BACON E FREUD

L’allestimento della mostra al Chiostro del Bramante. L’opera nella foto è Study for a portrait di Francis Bacon, 1952, Tate. (Giovanni De Angelis)

Entrare in una sala piena di quadri di Francis Bacon può dare alla testa. E non è sindrome di Stendhal, anzi, lui avrebbe riso con una punta di disprezzo davanti a un concetto così salottiero applicato alla sua pittura. È una specie di reazione fisica, un senso di smarrimento, di nausea. Le grandi tele di Bacon esposte alla mostra Bacon, Freud e la scuola di Londra, a Roma fino al 23 febbraio 2020, viste una accanto all’altra hanno il potere di divorare lo spazio fisico intorno a loro e di attirare lo sguardo in un buco nero.

Lui lo teorizzava: la sua pittura di figura ma non figurativa, il suo uso della prospettiva teatrale ma non barocca, il suo modo di rendere la materialità della carne sfuggendo sia al realismo sia all’espressionismo creano dei quadri che sono trappole, tagliole per l’occhio dello spettatore. L’artista li voleva sempre sotto vetro, come gli antichi capolavori del Louvre o del Prado, proprio per accrescere la loro alterità e quindi il loro fantasmatico richiamo. Bene hanno fatto i curatori a evitare ogni dialogo diretto tra la pittura di Bacon e quella degli altri ottimi artisti in mostra, primo fra tutti il suo amico e sodale Lucian Freud. I legami tra Bacon, Lucian Freud, Frank Auerbach, Paula Rego, Leon Kossoff e Michael Andrews, la loro figuratività nervosa e materica, il loro sguardo paranoico, mai eroico o superomistico sono ben visibili allo spettatore che vaga tra una sala e l’altra senza bisogno di essere imboccato.

 

A sinistra: Portrait of Isabel Rawsthorne, 1966, Francis Bacon. A destra: Study for portrait II (after the Life mask of William Blake), 1955. - The Estate of Francis Bacon/Tate

A sinistra: Portrait of Isabel Rawsthorne, 1966, Francis Bacon. A destra: Study for portrait II (after the Life mask of William Blake), 1955. (The Estate of Francis Bacon/Tate)

 

Bacon respirava la stessa Londra di molti di loro, la Londra tetra dell’immediato dopoguerra, la Londra ubriaca e viziosa di quando nessuno si sarebbe sognato che SoHo sarebbe diventata una graziosa vetrina turistica. Bacon parlava con loro, spesso beveva con molti di loro, ma la sua pittura veniva da un posto che solo i suoi amici più vicini, forse Freud, potevano provare a immaginare. Bacon non era un artista che amava la condivisione o la collaborazione. Era un gay masochista e traumatizzato, un uomo in fuga da un passato doloroso, gonfio di alcol, sepolto vivo nell’impossibile caos del suo studio. Usciva solo la notte, per bere e ridere con i suoi amici che erano per lo più gestori di pub, giocatori d’azzardo e marchette. La sua pittura era pura materia che usciva dalle sue mani, non aveva una teoria da esprimere a parole, un bel manifesto da enunciare o un messaggio da dare al mondo. La pittura di Francis Bacon era un prodotto della sua esistenza, anzi della sua immaginazione messa davanti al compito impossibile di esistere.

È bello che il primo quadro di Bacon che vediamo in mostra sia un suo studio del 1955 sul calco del viso del poeta e pittore William Blake. La testa di Blake emerge dal buio e i suoi occhi sono chiusi per noi ma aperti su chissà quale mistica allucinazione. Potrebbe quasi essere considerato un autoritratto in cui Bacon si dipinge come un William Blake senza la religione, un mistico senza dio, un profeta del nulla.

 

A sinistra: Girl with a kitten, 1947, Lucian Freud. A destra: Standing by the rags, 1988-1989, Lucian Freud. - The Lucian Freud Archive/Bridgeman Images/Tate

A sinistra: Girl with a kitten, 1947, Lucian Freud. A destra: Standing by the rags, 1988-1989, Lucian Freud. (The Lucian Freud Archive/Bridgeman Images/Tate)

 

Spostandosi nella sala al piano superiore, quella che contiene le opere di Lucian Freud, si passa dalla notte al giorno. Freud usa la luce per plasmare i suoi nudi e le sue piante, come Bacon usa il buio. Anche Freud, come Bacon, dipinge la figura umana come “fatto”, come agglomerato di materia sulla tela. I suoi nudi sono assenti, assorti, guardano altrove, su letti disfatti, su poltrone sfondate. Una delle sorprese della sala è trovarsi davanti al piccolo ritratto di Leigh Bowery, performance artist e figura centrale della vita notturna londinese degli anni ottanta. Bowery era famoso per il suo trucco e i suoi costumi (è stato lui a ispirare Boy George), ma Freud lo ritrae nel 1991, struccato, con la testa reclinata su una spalla, addormentato. Eppure, spogliato da ogni orpello, catturato in un momento di estrema vulnerabilità, è sempre lui, lo sgargiante, polisessuale patron del Taboo.

Bacon, Freud e la scuola di Londra è una mostra compatta e molto a fuoco sul suo tema: senza forzature riesce a creare interconnessioni tra artisti molto diversi tra loro. Unica nota stonata: la comunicazione tutta hashtag e inviti a instagrammare e postare selfie, tipica del Chiostro del Bramante, è un po’ invasiva. Soprattutto in una mostra in cui la forza delle opere esposte parla da sola. Siamo sicuri che sia questo il modo giusto di avvicinare un pubblico nuovo all’arte contemporanea?

Articolo di , giornalista di Internazionale

ARTI&AMANTI

ARTI&AMANTI

AMORE D’ARTISTA – AL BARBICAN DI LONDRA UNA MOSTRA CELEBRA LE COPPIE PIU’ ICONICHE DELL’ARTE: FRIDA KAHLO E DIEGO RIVERA, TOMMASO E BENEDETTA MARINETTI, DORA MAAR E PABLO PICASSO…. 

 

frida kahlo diego rivera 2

Diego Rivera con Frida Kahlo

Per la Cultura Occidentale un classico leitmotivvincente nella trama dei libretti d’opera – e in seguito dei film – è l’accoppiata “Amore/Arte”. “Modern Couples” al Barbican Centre di Londra ne elenca, come fosse un prontuario ufficiale, le tantissime possibili combinazioni. E’ una collaborazione con il Centre Pompidou-Metz e fa parte di una serie di iniziative chiamate “The Art of Change”. E’ stato coinvolto un piccolo reggimento di curatori (Emma Lavigne, Jane Alison, Coralie Malissard, Elia Biezunski, Cloe Pitiot). Una quarantina sono le storie trattate che si dipanano attraverso gran parte del Ventesimo Secolo, con particolare attenzione ai decenni della cosiddetta Avanguardia.

Il “genio” visto finalmente come processo condiviso o almeno come una questione di “family business”. Dove il partner è anche un collega e viceversa. Innumerevoli le varianti attraverso cui la vita domestica (privata) e la carriera professionale (pubblica) sono state capaci di convivere assieme.

picasso dora maar

Picasso con Dora Maar

Si possono intravedere, nei complessi sodalizi dei personaggi, le influenze personali e intime sul processo creativo (nel bene e nel male, ovviamente). La passione, il sesso, l’amore, l’ammirazione, l’amicizia, l’affetto (in proporzioni variabili) dialogano e combattono con il lavoro, l’ispirazione, la ricerca, l’ambizione. Ma c’è anche lo sfruttamento e la gelosia, poco importa se sessuale o professionale, in molti casi i due aspetti si mescolano al punto da essere difficilmente distinguibili (probabilmente proprio ciò che è successo tra Auguste Rodin e la povera Camille Claudel, che finisce i suoi giorni in manicomio). Molti di questi rapporti sembra siano finiti in realtà più per antagonismo professionale che per le solite complicazioni amorose.

Il cervello, le viscere e il cuore lavorano in una delicata e fragile sintonia quando si crea e per capire correttamente la genesi di un’opera d’Arte può essere fondamentale studiare come questa sintonia si evolva all’interno di una dinamica di coppia (meglio ancora, forse, se di coppia aperta e/o fortemente problematica si tratta).

tommaso benedetta marinetti

Tommaso Marinetti con la moglie Benedetta

Relazioni mediamente complicate (lui + lui oppure lei + lei). Oppure “acrobatiche”: più soggetti coinvolti, di solito due lui e una lei o anche due lei e un lui. Anche in quattro o in cinque qualche volta. O addirittura – doppio salto mortale – con un cambiamento di sesso di uno dei partnerlungo il percorso (come nel caso di Lili Elbe e Gerda Wegener, vicenda raccontata al grande pubblico nel 2015 dal film “The Danish Girl”).

tommaso benedetta marinetti 2

Alcune collaborazioni sono assolutamente leggendarie e arcinote (Frida Kahlo e Diego Rivera) altre invece sono, in pratica, conosciute solo agli specialisti (PaJaMa: Paul Cadmus, Jared French, and Margaret French, moglie di Jared). Un terzetto a tutti gli effetti, PaJaMa, che aveva la sua base nella New York degli anni trenta. Con la loro casalinga semplicità le loro opere fotografiche, surrealiste e visionarie, hanno preceduto (e probabilmente anche ispirato) sia la ricerca di Robert Mapplethorpe che quella di Shindy Sherman.

il busto in gesso fatto da man ray usando come modella lee miller 1

Busto di gesso di Lee Miller realizzato da Man Ray

 

Ci sono relazioni relativamente brevi come quella durata neanche due anni tra Vanessa Bell e Roger Fry (Vanessa, sorella di Virginia Woolf, era una pittrice, e Roger anche lui pittore, entrambi gravitavano nel mondo incantato del Bloomsbury Group). Altre che sono durate quasi una vita: per esempio i due artisti russi Natalia Goncharova e Mikhail Larionov, rispettivamente madrina e padrino del movimento “raggista” (niente paura, non c’è nessun riferimento alla sindaca di Roma….) sono stati  felicemente assieme per cinquantaquattro anni. Anche il matrimonio di Aino e Alvar Aalto, i due celebri architetti finlandesi, appartiene alla lista dei “regolari”. Così pure per Tommaso e Benedetta Marinetti. Benedetta, che sopravvisse molti anni al celebre marito, mostrò di avere una verve artistica personale autonoma tutta da riscoprire.

Lee Miller, fascinosa indossatrice e talentuosa fotografa di moda americana, prima ha una breve ed intensissima liasona Parigi con il grande Man Ray, con il quale condivide la concezione (e la realizzazione) di alcuni capolavori iconici dell’Arte Moderna. Poi ne ha un’altra, a Londra, più tranquilla e lunga (circa quarant’anni) con Roland Penrose, poeta e  pittore surrealista.

La bellissima Alma Schindler (per tutti Alma Mahler) comunque non la batte nessuno. È stata, oltre che una pittrice e una compositrice musicale, una vera e propria Musa di professione. Prima di Gustav Mahler, poi di Walter Gropius (il genio del Bauhaus), poi di Franz Werfel. Coltivando nel frattempo per parecchi anni un amore clandestino con il pittore Oskar Kokoschka. Non si è fatta mancare niente.

Ma ci sono anche vicende dove è il maschio che quasi finisce a fare la parte della Musa e la donna diventa il personaggio di successo. E’ il caso di Tina Modotti e di Edward Weston. Dal Friuli, dove è nata, va agli USA dove incontra Weston. Finisce nel turbolento Messico dove diventa un mito della Storia del Socialismo e della Fotografia.

Sonia Delaunay

Una delle coppie vincenti e più equilibrate è stata quella di Sonia (di origine ucraina) e Robert (parigino doc) Delaunay. Ha funzionato in camera da letto e ha funzionato sul lavoro, i quadri e le stoffe ne testimoniano la fortuna.

Probabilmente pochi sono al corrente che Gustav Klimt aveva una fidanzata, Emilie Flöge, che fu per lui molto rilevante anche sul piano professionale oltre che sentimentale. Era una stilista di moda viennese di grande ingegno e rinomanza.

Maria Martins davanti a una sua scultura

Si parla e si scrive sempre tanto (giustamente) della somma importanza di Marcel Duchamp ma invece poco o niente si sa circa Maria Martins, la sua compagna brasiliana. Eppure non era il tipo che stava in casa a ricamare o a riassettare la cucina: era una scultrice molto brava e aveva pure un grande ascendente su Duchamp stesso.

Pablo Picasso e Dora Maar: almeno per lei, slovena e aspirante artista oltre che modella, c’è una stabile presenza nel Gotha della Storia dell’Arte Contemporanea  grazie ritratti che lui le ha fatto.

emilie floge fidanzata di klimt 2

Emilie Floge fidanzata di Klimt

Visitare la mostra è una esperienza davvero intensa e ricolma di emozionanti suggestioni. Un paio di ore non bastano per una persona mediamente curiosa. Tra le molte cose presenti nelle sale si incrociano, grazie ad alcuni dipinti, anche temperamenti come quelli della fatale Tamara de Lempicka (una delle pochissime fanciulle che ha saputo dire di “no” a quell’insistente satiro che fu Gabriele D’Annunzio) o della italianissima, elegante e sfortunata Marchesa Luisa Casati.

d'annunzio tamara de lempicka

Dannunzio e marchesa Casati

Al Barbican stavolta c’è davvero la possibilità – cosa rara ovunque – di imparare una cosa non banale: a ben guardare, tante creazioni artistiche assomigliano alla fine più a delle “suonate a quattro mani” che a degli assoli. Nota Bene: il merito e la gloria però purtroppo, non sono stati, almeno finora, equamente divisi.

dora maar

Dora Maar in un quadro di Picasso

 

Articolo di Antonio Riello per Dagospia

In copertina un quadro di Sonia Delaunay

L’ARTE DI PICASSO FRA EROTISMO E DENARO

L’ARTE DI PICASSO FRA EROTISMO E DENARO

ALLA “TATE MODERN” DI LONDRA UNA MOSTRA RACCONTA IL 1932 DI PICASSO, UN ANNO D’ORO PER LA CREATIVITA’ DELL’ARTISTA, ALLA RICERCA DELLA FAMA E SOSPINTO DA UNA FORTE CARICA DI EROTISMO

 

picassoPablo Picasso: classica mostrona estiva, un nome che è una garanzia per riempire di visitatori qualsiasi museo. Potrebbe essere l’equivalente del “CinePanettone” per i cinema italiani a Natale. Apparentemente una scelta forse un po’ troppo facile per la Tate Modern (per la cronaca: le sale sono effettivamente davvero affollatissime!).  Non parliamo poi di scrivere qualcosa su Picasso, oceani di inchiostro hanno scandagliato ogni sua coordinata privata, politica o artistica che sia. Anche molti film ci hanno dato dentro, compresa la recente serie TV “Genius”.

E invece “Picasso 1932” (prodotta assieme al Musée National Picasso di Parigi, con la cura di Achim Borchardt-Hume e Nancy Ireson) non è affatto la tipica mostra “nazionalpopolare”. E’ invece un curioso e ben riuscito esperimento curatoriale di tipo “verticale”, ovvero l’analisi particolareggiata,  mese per mese, del 1932 e di cosa, in quel fatidico anno, il grande Pablo (cinquant’anni compiuti) ha combinato.

Picasso: Olga Khokhlova con la mantiglia

Inizia l’anno. La boheme è finita da un pezzo per lui, è già un artista celebre ed invidiato. Ha una moglie bella e famosa, la ballerina russa Olga Khokhlova, e un figlio, Paulo, che adora. Guadagna molto bene tanto da potersi permettere una bella casa e un’ automobilona con autista incluso.

picassoSa comunque che deve ancora conquistarsi la stima di parte della critica, soprattutto di quella che parteggia per Matisse, suo pericoloso rivale nello star system artistico parigino.

Alla Tate, stanza per stanza, viene meticolosamente rendicontato quanto e cosa Picasso artista produce: una quantità soprendente (e una qualità straordinaria) di disegni, dipinti e sculture. Sembra capace di realizzare anche quattro quadri importanti la settimana. Tanto per citarne uno, la sua celebre “Ragazza di fronte allo specchio” prodotta nel mese di Marzo ottiene clamore e grande apprezzamento. Qualcuno parlerà di “anno d’oro” per ciò che riguarda la sua creatività.

Picasso: ritratto di Marie-Thérèse Walter-1932

L’uomo Picasso invece, nel frattempo, intensifica la relazione (che comunque dura già da tempo) con Marie-Thérèse Walter, la sua attraente modella francese.

Compera un castello del settecento in Boisgeloup, in Bretagna, e ne fa il suo suo secondo atelier, dopo quello di rue La Boétie a Parigi. Parte dell’edificio diventa subito anche il nido d’amore che ospita la sua storia di passione per l’amante. Tutto ciò a dispetto del suo sincero attaccamento alla moglie (pare sia un fenomeno questo che è successo, e succede, a molti….).

picassoLavora come un dannato per la sua grande retrospettiva di Giugno programmata alla Galeries Georges Petit. E’ influenzato in questi mesi dalle stampe giapponesi erotiche (note come shunga) e da alcuni notevoli filmati realizzati da Jean Painlevé. Nasce, tra molte altre, l’opera “Donna seduta su poltrona gialla”.

Quando finalmente è il momento dell’inaugurazione c’è tutto il beau monde che conta ma lui manca perchè ha deciso di andare proprio quella sera al cinema. I danni della Grande Depressione sono ancora presenti e incombono sui mercati europei che sono ancora molto incerti. Le vendite non decollano affatto e la Gallerie Petit chiuderà per sempre nel 1933.

Picasso con Marie-Thérèse

Lui qualcosa comunque lo vende lo stesso e ritorna a Boisgeloup dove si dedica a nudi femminili e soggetti di carattere marino. E soprattutto, furiosamente, disegna con il carbone su delle tele bianche e su carta. I suoi schizzie su carta di quel periodo compongono oggi volumi e volumi.

picassoInizia anche a lavorare sul tema della crocifissione ispirandosi al trittico di Ishenheim fatto da Grünewald.  La sua ricerca intanto è recensita, con sua grande gioia, da Andrè Breton sulla prestigiosa rivista “Minotaure”. Dipinge anche “Il salvataggio” che sarà poi il punto di partenza per la madre e il fanciullo dell’opera “Guernica” (dipinta nel 1937).

Intanto i casini della sua vita privata sono subdolamente in agguato. Marie-Thérèse rimane incinta (nascerà la figlia Maya). Olga lo viene a sapere, lo lascia e si sposta nel sud della Francia con il figlio. Per Picasso è una perdita e un dolore che lui stesso definisce come uno dei più terribili della sua intera vita.

Le cose cambiano non solo per l’artista. La disoccupazione è molto alta ovunque, la crisi economica non è passata, il fascismo è di moda in Europa, la tragedia della Guerra Civile spagnola è prossima e così anche l’ascesa di Hitler in Germania. L’anno si chiude tra tristezza e profonda inquietudine: un mondo sembra finire e quello che deve ancora arrivare promette di essere pieno di oscure (e fondate) minacce.

riello

Antonio Riello

Vale la pena di vedere questa mostra per le tante e magnifiche opere presenti (ce ne sono anche parecchie realizzate negli anni precedenti). Si esce dalla mostra con un po’ di sgomento perchè viene da pensare proprio al contesto dei nostri giorni e questo accidentale e drammatico rimando all’attualità ha, bisogna ammetterlo, un suo sinistro sottile fascino.

Articolo di Antonio Riello per Dagospia

Mostra: PICASSO 1932 – LOVE, FAME, TRAGEDY Tate Modern, Londra, fino al 9 Settembre 2018

 

Contact Us