LETTERA DA PRATO DELLA VALLE

LETTERA DA PRATO DELLA VALLE

LETTERA PREGHIERA DI ERNESTO OLIVERO: CERCO GIOVANI CHE SIANO “DOMANI”– NELLE SUE PAROLE LA STESSA TENSIONE MORALE DI ERNESTO BALDUCCI CHE AUSPICAVA L’UOMO INEDITO, PERCHE’ L’UOMO NON E’ ANCORA “UOMO”– TRASFORMARE LE ARMI IN STRUMENTI DI LAVORO E LA COMMOZIONE PER POVERI E INNOCENTI UCCISI SIA OCCASIONE PER UN RADICALE CAMBIAMENTO

 

Cari amici,

Ernesto Olivero, fondatore del Sermig (Servizio missionario giovani), monastero metropolitano, punto di accoglienza per giovani e poveri.

vorrei scrivere una lettera, ma una lettera dal cuore, davvero dal cuore. Vorrei che questa fosse una lettera-preghiera. Vorrei trovare le parole giuste per aiutare ogni uomo, ogni donna, ognuno di noi, a capire chi siamo. Possibile che l’ultima guerra mondiale non ci abbia insegnato nulla? Una guerra finita dopo due bombe atomiche, che uccisero in un colpo solo centinaia di migliaia di persone. E le tante guerre ancora in corso sparse nel mondo? Possibile che la storia continui a non essere maestra? E oggi che dire dei morti di fame? Se li mettessimo insieme, uno sopra l’altro, vedremmo una catasta di cadaveri che arriverebbe fino al cielo. Oppure, pensiamo ai giovani. Quanti ancora devono morire di droghe e di niente, perché qualcuno decida di fare qualcosa? Quanti ancora devono scappare dai propri Paesi, affrontando viaggi infami, trovando anche la nostra indifferenza? Tutto questo purtroppo non ci turba più.

Eppure, il mio cuore e la mia mente non si rassegnano. E nel silenzio chiedono: «Cos’altro ancora deve succedere per farci dire basta?»

La verità è che l’uomo non è ancora diventato uomo, non è ancora diventato pienamente umano. E questo male rischia di bloccare tutto, di impaurire anche la speranza. Nonostante tutto, vorrei trovare le parole giuste per dire che l’oltre è nelle nostre mani e che solo la saggezza può renderlo presente. Ma cos’è la saggezza? È fare della commozione un’occasione per cambiare, dire no alla guerra, per chiedere un organismo internazionale finalmente credibile, capace di intervenire di fronte alle ingiustizie, fosse anche per salvare una piccolissima minoranza. Saggezza è chiedere, senza ideologie e strumentalizzazioni, un disarmo totale ed effettivo perché nessuna guerra è giusta. Saggezza è non uccidere per nessun motivo, a maggior ragione nel nome di Dio. Perché Dio dice: «Non uccidere!». Il nostro mondo non deve più costruire armi perché le armi uccidono. Uccidono veramente, uccidono i sogni dei giovani, uccidono la loro creatività, uccidono l’amore che hanno dentro. Le armi non devono più essere costruite.

Quando entreremo finalmente nella saggezza di Isaia, nelle parole profetiche che indicano un mondo in cui le armi saranno tramutate in strumenti di lavoro e i popoli non si eserciteranno più nell’arte della guerra?

Padre Ernesto Balducci, scolopo fiorentino, fondatore dell’editrice Cultura della pace e della rivista Testimonianze, scrittore e animatore del Concilio Vaticano II

Vorrei che questa lettera-preghiera fosse anche una richiesta di perdono per tutte le persone morte ingiustamente. E vorrei che questa lettera commuovesse Dio. Perché Lui esiste, ha un volto, ha un nome, ha un cuore. Se questa commozione diventerà il nostro respiro, il mondo cambierà. E la nostra unica passione sarà educare i bambini, sarà dare vita a ogni uomo, a ogni donna, sarà garantire con ogni sforzo casa, lavoro, cure e istruzione per tutti. Questa commozione farà miracoli se avvolgerà soprattutto il cuore dei giovani, le loro speranze, le loro attese. Giovani che con la commozione nel cuore cambieranno davvero la loro vita. Entreranno in politica e faranno bene il loro dovere con onestà e passione.

Si sposeranno e formeranno famiglie accoglienti e credibili. Diventeranno preti, imam o rabbini e saranno uomini di Dio.

Ernesto Olivero in piazza Castelloa Torino, durante una manifestazione di giovani per la pace

Avranno una responsabilità e la vivranno come un’occasione di servizio. Avranno una cultura e la condivideranno con gli ultimi. Solo con questa commozione, potremo costruire una normalità di bene, che farà del bene a tutti. Una normalità che lentamente ma decisamente ci aiuterà a vedere nell’altro il nostro volto, a scoprire che la nostra felicità si rispecchia solo nella felicità degli altri. La felicità che noi stessi possiamo alimentare e custodire certi che «se ripartiamo dall’amore l’odio non ci fermerà».

La sede del Sermig in Torino, già arsenale militare

Ma tutto questo diventerà “domani” se i giovani ci metteranno la loro faccia, la loro vita, il loro impegno e lo ameranno perdutamente. Lo spero con voi, con ognuno di voi. Cerco giovani che con me vogliano essere questo domani.

Vi voglio bene!

Ernesto Olivero

Padova – Prato della Valle 13 maggio 2017. Per approfondimenti www.sermig.org

 

Ernesto dà il buon giorno…

Ernesto dà il buon giorno…

Ernesto Olivero nel suo convento metropolitano

Ernesto Olivero nel suo convento metropolitano

 

 Ernesto, dal suo convento metropolitano, dà agli amici nel mondo il suo quotidiano buon giorno.

La voce un poco fioca, che l’età ha reso più debole, addolcisce sempre in forma di preghiera per Maria madre di  Gesù. Parla sempre di temi difficili come sa farlo lui: con una semplicità disarmante, al limite del banale. Ieri,  ascoltandolo (ma lui non lo sa che lo ascolto), ho colto una frase: “la luce del male è molto appagante, ma ci porta  poi verso il buio”. Ernesto non ignora il male perché lo vede tutti i giorni, né ignora la tentazione, ma nel suo  colloquio ininterrotto con Dio, sa che le lusinghe del male tanto sono allettanti, quanto più sono effimere e false.

Possiamo andare verso il buio oppure verso la luce, sentieri sempre incerti, mentre certa è la libertà di scelta che possiamo fare giunti al bivio di questi due percorsi. Ciò che mi sembra più riprovevole, se ho ben interpretato Ernesto, è l’ignavia perché essa è peggio del male. L’ignavia, il sottrarsi ad una scelta etico/morale è ben più grave, perché rende inutile la stessa venuta di Cristo e la sua messa in croce.

Dante colloca gli ignavi, nel III canto dell’Inferno, nel limbo; essi sono coloro che “visser sanza infamia e sanza lodo” Sono mischiati agli angeli che “non fur ribelli né pur fedeli, ma per sé fuoro”. Virgilio stesso li ha così in disprezzo che invita Dante: “non ragioniam di loro, ma guarda e passa”.

Ecco perché spesso Ernesto dice: ma quante volte deve venire in terra il Signore perché gli uomini lo sappiano riconoscere, riconoscendo con ciò se stessi come uomini e non come accidenti della storia.

Per evitare l‘ignavia oggi la domanda è perciò non tanto non ho fatto del male, ma ho fatto del bene? Esorta infatti Ernesto: via e fai! Quanti di noi non si ritengono ignavi di fronte ai grandi mali della terra?

 

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