RAI: AVANTI C’E’ POSTO !

RAI: AVANTI C’E’ POSTO !

QUANTO CI COSTA IL BARACCONE RAI ?– MILENA GABANELLI SU DATAROOM: IL CONTRATTO GIORNALISTICO IN RAI È IL PIÙ BLINDATO D’ITALIA. SENTITE CHE PACCHIA: UN CAPOREDATTORE (CE NE SONO 210) PRENDE 200 MILA EURO DI STIPENDIO, UN NEO ASSUNTO 70 MILA – “NEL MONDO NESSUNA TV PUBBLICA HA COSÌ TANTI TG NAZIONALI” – IL FLOP DEL SITO DI RAINEWS, LE SPESE FARAONICHE DELLE SEDI REGIONALI- POTRA’ MAI CAMBIARE UNA AZIENDA CHE E’ L’APOTEOSI DELLA LOTTIZZAZIONE? TUTTA  A SPESE DI PANTALONE, NATURALMENTE (1 MDL e 700 MLN IL CANONE). I PENTALEGHISTI? FARANNO LA STESSA COSA:LITIGARE PER LE POLTRONE E PER CHI PIAZZARE A CAPO DELLE RETI.

 

milena gabanelli dataroom rai 3Svincolata dai partiti, doveva decollare tre anni fa. Invece la più grande azienda culturale del Paese è rimasta nel parcheggio, invischiata nelle clientele e nelle inefficienze di sempre.

Mamma Rai impiega 13.058 dipendenti, di cui 1.760 giornalisti, suddivisi in 8 diverse testate: Tg1, Tg2, Tg3, TgR, Rainews 24, Il Giornale Radio, Rai Parlamento e Rai Sport. Il contratto giornalistico Rai è il più «blindato» d’ Italia: il costo azienda medio annuo è di 200.000 euro per ciascuno dei 210 capiredattori, 140.000 euro per i 300 capiservizio, 70.000 euro per i neoassunti.

milena gabanelli dataroom rai 6Nel mondo, nessuna Tv pubblica ha tanti telegiornali nazionali. Un’ anomalia che risale ai tempi della «lottizzazione»: a ogni partito la sua area di influenza. Negli anni ha generato costi enormi poiché ogni testata ha un direttore, i vicedirettori, i tecnici, i giornalisti. E tutte le testate a coprire lo stesso evento.

milena gabanelli dataroom rai 5Che senso ha, visto che ogni rete ha già gli spazi dedicati agli approfondimenti e ai talk, proprio per rappresentare le diverse letture dei fatti? La Bbc, una delle più grandi e influenti istituzioni giornalistiche al mondo, diffonde in Gran Bretagna un solo Tg: BBC news.

milena gabanelli dataroom rai 4La Rai, con le tre testate nazionali, realizza ogni giorno oltre 25 edizioni di Tg; in Francia e Germania le edizioni quotidiane sono 7, nel Regno Unito e in Spagna 6. All’ offerta ipertrofica si aggiunge il canale Rainews 24, che trasmette notizie 24 ore al giorno. Abbiamo la più grande copertura informativa d’ Europa e un esercito di giornalisti, eppure, nonostante i telespettatori siano inesorabilmente in calo perché si informano sul mondo digitale, la Rai non ha un sito di news online.

milena gabanelli dataroom rai 2

Poi c’ è il tema delle sedi regionali: i 660 giornalisti fanno capo alla direzione Tgr, mentre le 22 sedi, con altrettanti direttori, che si occupano solo dei muri e dei tecnici, fanno capo a una fantomatica Direzione per il coordinamento delle sedi regionali ed estere.

Gli edifici sono faraonici, con interi piani inutilizzati, ma la qualità della cronaca locale non è sempre brillante: potenzialità enormi, inefficienza cronica. Ma, essendo i Tg regionali luoghi in cui sindaci e governatori esercitano la loro influenza, oltre che bacino di consenso per il potente sindacato Usigrai, si tira a campare.

Qualche esempio. In Emilia Romagna non c’ è una buona copertura del segnale e, in alcune zone, si vede il Tgr Veneto o il Tgr Marche; è presente una obsoleta «esterna 1» per le dirette, un mastodonte costoso usato solo per la messa della domenica, con una squadra di 5 persone che, per ragioni sindacali, non può fare altro quando il mezzo è fermo.

milena gabanelli dataroom rai 7

Al Tgr Lazio regna il degrado: dalle luci al neon fulminate alle cuffie della radiofonia fuori uso; tutti i giornalisti stanno a Saxa Rubra, nessun corrispondente dalle province. A Torino, per poter usare un mezzo satellitare leggero, adatto alle dirette, la Tgr deve chiedere l’ assenso a 4 diversi responsabili, una procedura che non si adatta ai tempi delle news. In Puglia, i due redattori territoriali hanno la telecamerina in dotazione, ma non la usano perché il sindacato non vuole.

milena gabanelli dataroom rai 1

A Sassari, 4 specializzati di ripresa non escono con la troupe, non guidano la macchina e stanno in studio, per quei due movimenti di camera che potrebbero anche fare i tecnici. Il caporedattore non può decidere sul loro utilizzo, perché dipendono dal direttore di sede. In Sicilia, gli impiegati di segreteria sarebbero disponibili e qualificati per archiviare e metadatare le immagini, ma non hanno accesso al sistema.

La Tgr Lombardia (con 50 giornalisti) è quella che collabora di più con i Tg nazionali; però Tg1, Tg2, Tg3, Rainews e Rai Sport hanno comunque tutti i propri giornalisti a Milano. Il materiale grezzo viene buttato, perché nessuno lo cataloga. Poi c’ è un aspetto che la dice lunga sulle competenze dei dirigenti: le testate nazionali e quelle regionali sono state digitalizzate con sistemi che non comunicano fra loro, per cui è difficile lo scambio di immagini.

Il Consiglio d’ amministrazione insediato nel 2015 è partito in quarta dando vita a Ray Play, ma la mission era proprio quella di rendere più efficiente la TgR, riorganizzare l’ offerta informativa nazionale e colmare il gap digitale. In questi 3 anni, il Cda è riuscito a far naufragare tutti i progetti.

Incluso quello per la nascita del sito unico di news online, già sviluppato dalla Direzione Digital e con la formazione presso le redazioni regionali già avviata (oggi sei regioni hanno il loro sito). Il motivo? Prima di dar vita a una nuova testata, bisognava ridurre il numero di quelle già esistenti.

milena gabanelli e la sua ultima puntata di report 3

Sta di fatto che il sito nazionale esistente è dentro a Rainews 24 e produce un traffico irrilevante. Questa è la classifica Audiweb degli utenti unici giornalieri, nell’ ultima settimana di giugno: RaiNews 95.000, TgCom 967.000, Corriere della Sera 1.300.000, Repubblica 1.400.000.

In sostanza tutti i cittadini sono obbligati a pagare il canone (1 miliardo e 700 milioni l’ incasso del 2017), ma chi si informa soltanto online non ha un servizio pubblico degno di questo nome. In compenso, lo stesso Cda ha portato avanti uno studio di fattibilità di un nuovo canale tradizionale in lingua inglese.

A occuparsene in prima persona la presidente Monica Maggioni, a fine mandato, e quindi in cerca di una futura direzione.

Questa è la Rai, che attende il prossimo giro di giostra. Il capitale umano che lavora ai piani bassi, dove si realizza il prodotto, ha bisogno di una forte spinta; speriamo che la giostra sia un «calcinculo». Con un management esperto e libero dai condizionamenti della politica, potrebbe uscirne un’ azienda leader in Europa.

mario orfeo monica maggioni

Mario Orfeo, direttore e Monica Maggioni, presidente RAI

Alitalia è stata sventrata da decisioni scellerate, poi è arrivato un Commissario capace che la sta rianimando. La responsabilità di indicare il nuovo Amministratore delegato è nelle mani del ministro Tria: potrà reclutarlo in base alla lunghezza del curriculum o in base ai risultati prodotti nella gestione di aziende complesse. Le due cose non coincidono quasi mai.

Milena Gabanelli per “Dataroom – Corriere della Sera”

 

STAI SERENO, ROTTAMATORE

STAI SERENO, ROTTAMATORE

ASSALTO ALLA INFORMAZIONE: DA UN PARTE DE BENEDETTI, DALL’ALTRA AVANZA URBANO CAIRO. MEDIASET IN SURPLACE. RENZI, SENZA FARE FERITI, CONQUISTA LA RAI NELL’ILLUSIONE CHE GLI PORTI I VOTI CHE GLI MANCANO. LA LEOPOLDA E’ MORTA E SEPOLTA, ORA SI FA SUL SERIO. FRA PROMESSE, TWITTER, NANI E BALLERINE SI CONSUMA LA PARABOLA DEL FU ROTTAMATORE.

 

Geppetto

 

Articolo di Geppetto per Ninconanco

 

Renzi sta prendendo troppo sottogamba la questione RAI. Sarà perché deve grattarsi la rognosa questione del Monte dei Paschi, la senese più antica banca al mondo, parecchio malconcia dopo la cura del suo partito e di un tal Mussari, ai bei tempi dello scialo, quando il sunnominato rivestiva la carica di capo dei banchieri italiani (sic!). Se le bugie hanno le gambe corte, più lunga è la memoria degli italiani, ahimè per Renzi. Nel programma del PD leopoldiano si leggeva: «La grande scommessa è quella di provare a cambiare non soltanto le facce di chi sta lì da 30 anni, ma anche di provare a cambiare le idee e portare speranza» Bene, anzi benissimo! Ma poi? Prendiamo la RAI, perché l’informazione è la ciccia di ogni sistema democratico. Non a caso un autocrate come Erdogan, dopo lo pseudo golpe turco, ha fatto piazza pulita nella redazioni di giornali e tv.

Matteo Renzi, segretario PD e premier

Matteo Renzi, segretario PD e premier

In Italia il sistema è duale: “servizio pubblico” da una parte, monopolio privato in mano a Mediaset. Da poco si è affacciato Cairo, che in termini di audience è marginale. La legge Gasparri, col suo gioco di prestigio compromissorio su frequenze e budget pubblicitari, ha consolidato tale sistema.

Sul tema televisioni Renzi, pur confermando la necessità di un servizio pubblico, aveva allettato molti prefigurando la secca alternativa fra canone o pubblicità, oltre alla riduzione delle reti pubbliche a favore del mercato.

Con la penuria di soldi che lo Stato ha e il malloppo del debito pubblico sul groppone, non mi sembravano le sue cattive idee: più soldi per le politiche del lavoro, per pagare meglio gli insegnanti, per l’assistenza di poveri e malati cronici. Un programma di “sinistra” per dirla alla Civati. Inoltre, le reti, se cedute con oculatezza, potevano innescare un maggiore pluralismo a tutto vantaggio della concorrenza e della qualità.

Per tale programma avrei messo da parte la mia obiezione di fondo, cioè a che serve il servizio pubblico televisivo in una democrazia parlamentare avanzata? Poteva andare bene nel regime sovietico, ma oggi?

Oggi lo Stato deve (dovrebbe) fare una sola cosa: il regolatore, per evitare abusi, senza impicciarsi di più. Magari con l’autority che già esiste.

opr - Fotografo: opr

Qual è il risultato della riforma leopoldina? Se non paghi la tassa più odiata dagli italiani vai in penale (!) ti spengono la luce e ti sguinzagliano dietro Equitalia. La pubblicità imperversa peggio di prima e per vedere la fine di un film devi fare le ore piccole, fra sbuffi e cristonate. Il CdA Rai è ancora più lottizzato e dipendente dai partiti, strapaghiamo persone senza incarichi, mentre ne assumiamo di nuove “fedeli alla causa”, le “consulenze” agli amici sono una greppia vergognosa. Tutto ciò mentre l’Istat ci dice che 4 milioni e mezzo di italiani sono sotto la soglia della povertà! Una controriforma gabbata per buona, amen. Tutto annegato nell’euforia vacanziera? 

carosello - fotografo: carosello

Antonio Campo Dall'Orto

Antonio Campo Dall’Orto

La RAI, con quasi 12 mila dipendenti (votanti e con famiglia), di cui 550 (!) dirigenti, ha più personale di tutte le altre tv messe insieme. E’ una struttura elefantiaca, dove tutto è triplicato secondo la magica ripartizione partitica, eredità della prima repubblica (Renzi, a proposito di rottamare, non dimentichi nulla?!). Nove sono i centri di produzione Rai, 21 le sedi regionali (misteriose entità che spuntano a mezzodì e verso sera, come le lumache quando piove, per i tg regionali con la cronaca della sagra del paese), 8 sono le testate giornalistiche (un miracolo paragonabile per fantasia alla moltiplicazione dei pani e dei pesci). Gubitosi, ex d.g. voleva poereto accorparle: l’hanno cacciato via subito! Ah, no!, qualcosa hanno tagliato: i poveri maestri d’orchestra. Prima le orchestre Rai erano due, Roma e Torino, oggi resta solo a Torino. Esempio preclaro di investimento in cultura, quintessenza del servizio pubblico nella patria del bel canto.

Adesso viene fuori la questione stipendi, resi pubblici, dopo lungo e penoso tira e molla e con supremo sprezzo autolesionistico, sul sito ufficiale della tivù di stato. Naturalmente tutti cadono dal pero: la sedicente commissione di vigilanza, convocata d’urgenza (sic!), persino tale Matteo Orfini presidente del PD, il partito che lì ha messa questa allegra brigata. Rallegriamoci con loro, al bando ogni invidia: abbiamo vertici aziendali e giornalisti nulla facenti e demansionati che beccano più di Obama, della Merckel, forse anche di Marchionne. Chi dice che l’Italia è in crisi? Gufi! Gufi! Possiamo stare al passo con la BBC, ma forse aveva ragione Arbore: no, non è la BBC.  Questa è la Rai, dove si dice: è il mercato, la qualità bisogna pagarla. Così si ostina a ripetere con ammirevole faccia di bronzo il miracolato d.g. RAI Campo dall’Orto. Peccato che i soldi sono i nostri e non di Elckan. Peccato che i soldi in via Mazzini o Saxa Rubra continuano a darli anche a chi non ha più incarico. E’ mai successo a voi di essere pagati per mansioni che non svolgete più, peggio per non far nulla? A loro succede, un’altra razza. Come mai sia venuta in mente a Renzi l’idea che un sistema simile potesse essere riformato? Ingenuità, certo, ma letale per il premier, ‘sta storia alla gente brucia. Ha ragione Carlo Freccero, uno che se ne intende: questi hanno gettato una tanica di benzina in un incendio.

Fra tutti i compensi, scusate, ma proprio non mi vanno giù quelle 200 mila corrisposte alla svenevole, impalpabile e crepuscolare conduttrice (per mancanza di prove) delle Invasioni barbariche, programma spentosi, dopo un penoso travaglio di audience, come una miccia bagnata. Questa giornalista per chiamata diretta, di cui mi sfugge il nome, che non era nemmeno riuscita a laurearsi al DAMS, oggi dirige Rai Tre. D’accordo, nella vita ci va culo, purché nei limiti della decenza!

cavallo rai

 

Come spera di prendere il consenso degli italiani Renzi? Per disperazione? Perché è un simpatico bullo e D’Alema è antipatico? Imperversando come fa nelle tv? Vedremo. Nel frattempo, stai allegro anche tu, o almeno sereno, Renzi!

 

 

 

 

 

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