Tè piace ‘u presepe?

24 Dic 2015 | 0 commenti

 

 

 

Prof. Gianpaolo Donzelli, autore dell'articolo

Prof. Gianpaolo Donzelli, autore dell’articolo

In Toscana una ditta di calzature, per farsi pubblicità (?), annuncia che Babbo Natale è morto e che anche la Befana non sta bene. Alle orecchie di molti ciò è suonato come una profanazione di pessimo gusto. Quasi in contemporanea, nella ridente località valdostana Antey-St-Andrè, parroco e catechisti, all’uscita della chiesa, accolgono i bambini al grido: Babbo Natale non esiste! Chissà come l’avrebbe presa San Nicola, vescovo di Myra, il primo dei Babbi Natale della storia col nome anglofono di Santa Claus. Anche in questo caso secoli di tradizioni rinnegate. Né potevano mancare presidi premurosi nel rimuovere crocifissi e, in occasione del Natale, a proibire di fare nella scuola il presepe, per non “urtare” la sensibilità dei non cristiani. Speriamo che non ci tolgano anche Pinocchio, perché laico, superstizioso e miscredente. Episodi marginali, isolati ma che assurgono ad allarmanti sintomi del disorientamento che attraversa la società italiana. Le tradizioni, spesso misconosciute, sono abbandonate in nome di un modernismo senza capo né coda, e sovente ciò avviene nell’incuranza della sensibilità degli altri, del rispetto dell’immaginario collettivo e di quanto è radicato nella storia e nella coscienza del nostro Paese. La facilità con la quale siamo disposti a rinunciare all’archetipo tramandato per abbracciare il modello del momento, meglio se accompagnato dalla provocazione e dal sentore ubriacante dell’anticonformismo, denota la fragilità psicologica e la labilità della identità individuale e collettiva. Non avendo modelli né idee forti abbracciamo quelle degli altri, anche se non le capiamo, o le fraintendiamo, o sono l’antitesi delle idee che fino a ieri abbiamo sostenuto. Forse la debolezza delle democrazie occidentali passa anche da qui, forse non sono i nostri avversari ad essere forti e invincibili, ma noi inermi perché rinunciatari, passivi, accomodanti. Le politiche dell’accoglienza e dell’integrazione sono fallite in gran parte d’Europa perché è mancato, ai tanti emigranti pacifici e laboriosi, un modello forte di riferimento cui uniformarsi e adattarsi. Gli altri, i terroristi e i fanatici religiosi sono un’altra storia, naturalmente, in quanto è nelle cose l’impossibilità di qualsiasi integrazione con chi ti vuole uccidere.

Presepio napoletano del '700

Presepio napoletano del ‘700

Ci dobbiamo dunque interrogare perché sia successo che l’accoglienza si sia trasformata in una ospitalità senza corrispettivi, nella consegna simbolica delle chiavi di casa al primo venuto, per quanto bisognoso e meritevole di aiuto. La misericordia di cui parla Papa Francesco vuole dire sì apertura agli altri, ma in una comunione di reciproco rispetto e lealtà fra le persone. Fuori da tale comunione io non posso avere alcun obbligo o, al contrario, pretesa. Cattiva coscienza occidentale? Forse a ciò vanno collegati gli episodi ricordati, più che ad una autentica tolleranza verso chi non la pensa come noi. Rottamare Babbo Natale o relegare il presepe nel sottoscala, non spianano affatto la strada al dialogo, ma ottengono l’effetto contrario, radicalizzando le posizioni. O forse dobbiamo realisticamente ammettere che il divario di civiltà e di valori è incolmabile e ogni dialogo impossibile? Sento che questo modo di ragionare prende sempre più piede, e con esso l’ostilità e la paura. Arrivare a queste conclusioni vorrebbe dire, é bene esserne tutti consapevoli, porre le premesse per un conflitto insanabile, ritenere che quelle in corso siano le tante guerre di un unico evento mondiale. Personalmente non la penso così, la gente che incontro, anche in paesi lontani e molto diversi da noi, i loro propositi, gli impegni che assumono vanno in tutt’altra direzione. Gli uomini lavorano e si impegnano ogni giorno per la pace, per un mondo più prospero. E costruiscono ciò, fra mille problemi e difficoltà, non rinunciando a se stessi o alle loro idee, abitudini o tradizioni, ma mettendole a disposizione di tutti per l’unica sintesi possibile, sul piano della responsabilità e non su quello delle pretese.

Gianpaolo Donzelli, La Repubblica di Firenze, 23.12.2015. L’autore è neonatologo, docente universitario, presidente fondazione Mayer di Firenze. Ha pubblicato, oltre a testi scientifici,  il volume di poesie Stupore della nascita, Passigli editore, 2013 (cfr. in questo blog, sezione poesie ospiti)

 

 

 

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