Da un collaboratore che vuole rimanere anonimo, riceviamo e pubblichiamo:
Non mi è mai stato molto simpatico, vabbè! Credo anche ad altri, troppo tignoso, polemico, al limite dell’insolenza. Anche se abilmente sapeva mutare registro, quando entrava nella parte che, in fondo, gli era più congeniale: quella dell’economista. Sto parlando di Renato Brunetta.
Da quanti anni lo conosco: 30, 40 anni? Dovrei cercare le carte, io militante politico, quadro dirigente del PSI veneto, quello di De Michelis; lui che partecipava ai direttivi, da esperto, appunto, in quanto non credo si fosse mai iscritto al partito. Interventi asciutti, i suoi, senza troppi ghirigori, a volte con inutili e perciò fastidiosi toni stentorei, che annegavano su una platea spesso annoiata. Allora, quando c’erano i partiti ed erano articolati sul territorio, gli intellettuali, gli accademici, prima ancora che i manager, erano corteggiati, allettati: si chiamavano indipendenti di sinistra e non di rado finivano per sedersi a Montecitorio o a palazzo Madama. A lui questo non riuscì, né credo sarebbe riuscito se Mani pulite nel 1992 non avesse demolito il craxismo e la prima repubblica. La discesa in campo di Silvio Berlusconi nel 1994 piacque allora a molti socialisti, oramai déracinés, certamente a lui, come all’altro veneto di rango: Maurizio Sacconi.

Nel 1999 Brunetta riesce a diventare un non troppo assiduo parlamentare europeo. Poi nel 2008 deputato italiano, poi due volte ministro nel ventennio d’oro del berlusconismo, e ora nel governo appena defunto. Gli è scappato il premio Nobel che, a sentire lui, era vicino, vicino. Non disperava però di terminare la carriera sul più alto dei Colli, il Quirinale, così dichiarava in un’intervista a Mentana. Megalomane o creativo visionario? Polemista a strascico, rancoroso e monocorde, o appassionato tribuno?

Perché, mi domandavo, Brunetta se la piglia, da ministro, con gli statali fannulloni, i poliziotti imbrattacarte e panzoni inadatti a controllare le piazze, chiede la testa dei commissari antimafia che giudica inutili, definisce il CSM un mostro, la Sinistra che è solo “merda”, le leggi finanziarie che sono solo “marchette”,ecc.ecc.?
Perché un uomo colto e piacevole conversatore, in grado di argomentare in maniera convincente quanto pacata, si abbandona allo sbracamento verbale?
Si sa che la strada dell’impopolarità in politica, si nutre del sistematicamente contro; ma alla fine si ritorce contro che la pratica. Matteo Renzi ne è l’ennesima prova. Brunetta un adepto incorreggibile?

Per tutti questi anni la risposta (superficiale) che mi sono dato al modo di essere di Brunetta è stata quella di un cattivo carattere. Sbagliavo.
Ne ho avuto la riprova ascoltando l’intervista a Brunetta del 24 luglio durante la trasmissione di Maria Annunziata Mezz’ora in più su Rai Tre.
Rivolgendosi alla compagna di Silvio Berlusconi Marta Fascina, che nei giorni scorsi, alludendo a Brunetta, ha pubblicato su Instagram una storia affermando che ‘Roma non premia i traditori’ e aggiungendo le note della canzone di Fabrizio De André che racconta la vicenda di un nano, Renato Brunetta non si è inalberato, non ha replicato sprezzante, ma ha ringraziato la donna, chiamandola quasi affettuosamente per nome:
“È una vita che io vengo violentato per la mia altezza, bassezza. Mi dicono tappo o nano. E ho sofferto su questo e continuo a soffrire, non mi è passata, ma ho le spalle larghe. Grazie Marta Fascina vai avanti così perché mi consentirai di sdoganare anche queste violenze, perché parlarne vuol dire elaborare. Non mi era mai riuscito parlarne in pubblico, adesso ne parlo. Sdogano qui questo termine che mi fa male. Per cui dico Marta grazie, grazie Marta Fascina.”
Si è trattato di una inaspettata confessione a cuore aperto, che mi ha fatto aprire gli occhi e la mente. Questo è dunque il vero Brunetta, fragile nella sua umanità dolente, uno di noi, ora anche simpatico.
Chi urla spesso non c’è l’ha con noi, ma con se stesso. Cerca vicinanza, complicità, amicizia, se non amore.
Certamente anche solidarietà. Ma non uno dei suoi ex compagni di partito si è fatto sentire a sua difesa, e nemmeno fra le fila dell’opposizione. Così va il mondo, caro Brunetta, si sia da alta o bassa statura.
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