Primo movimento
Remoto tempo di memorie
Pare te scovare nella solitudine
Che giorno seppellisce a giorno
Come grano di sabbia, o rintocco, o stillicidio
In fondo là, segreto.
Il grido o il singhiozzo forse
O l’atono stupore che l’anima attraversa,
Come passo le stanze ora sepolte,
Mano al buio incerta, esitante
Di riverberi perduti, rimpianto
Del sopito richiamo di una palla,
Che nel cortile giù rimbalza.
Secondo movimento
Ti guardo nel sonno leggera
Torpore diaccio silenziosa reliquia
Grande conchiglia mormorante
Mentre sui vetri la pioggia disegna
le sue misteriose, evanescenti mappe.
Una voce, una macchina sale
La strada arginale
S’apre il giorno al dubbio.
In mancanza di meglio
I ragni invecchiano nelle loro tele.
Non c’è mano che ti asciughi
Né solitudine che trapassi i giorni.
Ingannevole lo specchio
Che riflette e nega.
Terzo movimento
Poi è tardi.
A malapena distinto il viso, dimenticato il nome,
Ingiallita foto di antenati, occasioni perdute.
Poi è tardi.
Il campo è mietuto, neri corvi si aggirano.
Poi è tardi.
Sfilano lontane, verso terre senza nome, senza confini.
Qualcuna a volte si attarda,
Agita le braccia, sorride ti pare,
Ma forse è solo l’ombra della sera
Rappresa sul ciglio della strada.
Quarto movimento
Chiedi alla polvere, all’albero chiedi,
Al muro sbrecciato, alla lucertola.
Chiedi alla carovana paziente,
Alle api turbolente,
Ai pozzi infiniti,
Chiedi.
Non chiedere ai fondi di caffè
Alle astrali inclinazioni
Al tuo cuore non chiedere.
All’eco che non ritorna,
Allo specchio senza immagine,
Alla mano che non incontra,
A questi devi chiedere.
Quinto movimento
In fondo già t’avviti
E perdi luce e sguardo
Esci di scena, senza più battute
Mentre l’orizzonte già si disfa
Nella fresca notte stellata.
Che dici? È un bisbiglio un richiamo
O forse la parola che non dici
Voce notturna che si perde
Ma che pure vorrei sentire
Come mano cocente che ti guida
Dove festa è finita, se mai vi è stata.
Le tristezze dell’infanzia sono senza conforto.
Una speranza
Se dal dubbio nasceranno foglie
E dal silenzio parole
Se lo specchio non rifletterà se stesso
E la morte fra le solitudini umane
Non stenderà il suo manto
Allora
cesserà l’assenza che corrode
Allora
Ciò che è stato e ciò che sarà
Invecchieranno sui vocabolari
Come il mio o il tuo.
Allora
I baci migliori saranno quelli senza perché
Mi domanda: chi sarai quando a notte
Sarai giunto in fondo alla strada?
Nulla da aggiungere
Tutto e giusto e perfetto
Aiutatemi a finire i lavori
Amato amore.
Amato amore
Poi che l’amato ama
Come eco che ritorna
Specchio che riflette
Mano che combacia a mano.
Ora
Che sono in te
E altro non sono
Ora
Che non sento il mio
Ma il tuo cuore
Ora
Solo amato amore
Io amo.
Le immagini che illustrano le poesie sono opere (o tratte), nell’ordine, di Phofocrow, archivi wikipedia; graffiti preistorici Chauvet, Francia; olio di Renato Guttuso; altorilievo in marmo tardo romano in Venosa (PZ). Nell’intestazione un pastello di Ninconanco.