Contro il Sinistrismo incapace di chiamare le cose col loro nome- Il Sinistrismo che non riesce a farsi alternativa-Buonismo o lotta di classe? Sinistra e destra contro l’Europa? Un articolo di Ugo Boghetta tratto dal sito http://goofynomics.blogspot.it/
Cosmopolitica era il titolo dell’assemblea con cui ha preso avvio Sinistra Italiana. Cosmopolitica è un nome, un programma, un’ideologia: il sinistrismo. Il sinistrismo è una delle malattie della politica italiana. La sinistra, infatti, non è la soluzione ma un problema.
Prima del ’89 il termine sinistra veniva usato in modo generico per indicare i partiti dai socialisti alla sinistra rivoluzionaria. Dopo l’89, con la nascita del PDS/DS, il termine nomina un partito. Il PD di Veltroni va oltre, ma sinistra resta come nome e peso allo tempo stesso. Con la scissione dal PRC, Vendola si aggiunge al treno: Sinistra Ecologia, Libertà. Solo Berlusconi, su indicazione dei sondaggisti, usava il termine comunista: quelli di destra si sa rimangono indietro. C’è il centro sinistra. I sistemi elettorali maggioritari, polarizzando gli schieramenti, hanno favorito questo lessico.
Questi passaggi comportano la cooptazione della sinistra nel sistema. Pds/DS, prima, Vendola poi, nascono anticomunisti e anticlassisti. Ciò porta a una visione liberale, con un po’ di ecologia e tanti diritti individuali: la/le libertà. Michèa chiama quest’area: liberallibertaria. I diritti individuali sono un pezzo forte. La vera ideologia del sinistrismo. Non il diritto individuale sacrosanto, ma anche il diritto individuale egocentrico di poter fare tutto: ogni limite è fascismo.
Se, ad esempio, si fa rilevare che l’utero in affitto può comportare un problema di classe, ti becchi del nazista. Cosa sarà mai questa anticaglia della questione di classe!? Dall’immaginazione al potere, al potere dell’ipertrofia dell’io desiderante e consumista. Elettoralismo e leaderismo ne sono i corollari con il seguito di primarie. Ogni progetto forte è abrogato. Così il marxismo e la lettura di classe che avevano imperato per oltre un secolo svaniscono come neve al sole.
In questo frullatore sono attratte anche culture comuniste. Ci riferiamo alla decadenza della galassia operaista (Negri, Revelli ecc) e dell’ingraismo (Bertinotti, Vendola ecc ecc ). Il sinistrismo, non a caso, trova terreno fertile negli eventi degli ultimi decenni. Il movimento noglobal è l’apoteosi e l’apparente conferma. Ma, alla fine, l’unico movimento global rimasto è quello del capitale.
L’altro momento è l’Unione Europea. L’Unione capitalista liberista, finanziaria è coperta dallo spinellismo diffuso: gli Stati Uniti d’Europa. Il superamento degli Stati viene visto come un fatto positivo quasi fosse l’estinzione di marxiana memoria. Ciò senza comprendere che, a differenza della lunga fase storica precedente, è lo stesso capitalismo a demolire una parte delle prerogative statali per avere meno inciampi alla sua libertà totale. Dall’altra, tuttavia, lo stato, ancor di più di prima, diventa un comitato d’affari che tutela i loro interessi. Se serve l’intervento pubblico per salvare banche, finanza e sistema, chi se ne importa della teoria. Basta che il linguaggio rimanga liberista.
Che l’Unione, metta in mora sostanziale e formale le Costituzioni post belliche (quelle che JP Morgan bolla come antifasciste e socialiste) appare secondario. E se gli Stati Uniti d’Europa, una volta realizzati, relegheranno le costituzioni nazionali a statuti regionali non importa. Però faranno la campagna per il no contro la deforma Renzi!?
Così il cosmopolitismo sinistrese diventa funzionale. Contro gli stati nazionali alimenta il superstato europeo. Contro il pubblico inventa il bene comune. L’euro diventata uno strumento di unione dei popoli: l’internazionalismo monetario.
Se si propone la riconquista della sovranità politica economica e monetaria nazionale, allora sei un fascista, reazionario, leghista.
A nulla serve ricordare che siamo stati i sostenitori di tutte le lotte di liberazione nazionali. Che Marx, Lenin, Gramsci hanno, in modi e tempi diversi, teorizzato il radicamento nazionale, l’autodeterminazione nazionale. E che, dunque, l’internazionalismo non è il cosmopolitismo borghese ma il rapporto fra proletariati nazionali. Per queste anime belle la nazione è un tabù.
Il sinistrismo non ha senso critico. Come il capitalismo, è una religione. I dogmi non si discutono: si ripetono come mantra.
Ma anche coloro che condividono la secessione dall’Unione hanno paura a usare il termine nazionale. È un tabù. Così si usa il termine sovranità popolare anche se questo termine non significa nulla al di fuori della riconquista dell’indipendenza. Tanto per non farsi mancare nulla, infatti, abbiamo anche il sinistrismo di sinistra. Questo è movimentista, “conflittista”, formalmente classista. Va da sé che senza movimenti e conflitti non si va da nessuna parte, ma questo sinistrismo li pensa e pratica come se questi movimenti in sé portassero alla meta. Basta farli crescere. Pensano che la soluzione a tutti i problemi sia: più conflitti. Espandendosi questi, si crea un’altra società, mentre il capitalismo deperisce. Così non ha senso più di tanto interrogarsi sull’alternativa di società, basta enunciarlo verbalmente: un altro mondo è possibile o un altro generico socialismo o comunismo sono possibili. Così non ha nemmeno senso interrogarsi sulla strategia, sulla presa del potere dello stato e la loro trasformazione.
Questi due sinistrismi hanno infatti in comune la mancanza di un progetto politico strategico, un percorso, le sue tappe, la transizione, i blocchi sociali. Hanno in comune il dissolversi del capitalismo.
Anche sul tema immigrazione il sinistrismo cosmopolitico dà degna prova di sé. Il problema non sta nella rimozione delle cause di questo fenomeno epocale: le enormi disparità, la rapina economica, le guerre, la fame, l’attrattiva del consumismo, ma lo approccia solo dal (giusto in sé) punto di vista umanitario. Che poi gli sfollati vadano a ingrossare le periferie, siano utilizzati come esercito di riserva per guerre fra poveri, non li tange. Che questo porti anche a conflitti culturali, religiosi, comportamentali è un aspetto secondario: nostra patria è il mondo intero. E la soluzione è il buonismo.
C’è anche l’aspetto cinico. Siccome le nostre società hanno bisogno di mano d’opera, di figli, di giovani (Boldrini), non importa che siano proprio le società di origine ad aver ancor più bisogno di loro. Che tutti costoro abbiano diritto di vivere in pace a casa loro. Così i confini, i limiti, che servono per costruire le identità, le sole che poi permettono di confrontarsi con l’Altro, sono sostituiti dalle frontiere aperte. Del resto, a costoro, sembra anche assurdo pensare di mettere i confini per imbrigliare i movimenti di capitali e di merci.
Viva il liberoscambismo capitalista. Viva il mercato dei capitali, delle merci, dei lavoratori.
Come si può ben vedere il sinistrismo culturale ed ideologico è l’altra faccia di quel liberismo economico che ha bisogno di individui senza limiti e senza freni. La sinistra non è l’opposizione, non è l’alternativa, ma ciò che impedisce opposizione ed alternativa. L’incapacità di chiamare le cose col proprio nome ha portato ad una visione fantastica della realtà: auto-illusione, produzione di parole a mezzo di parole. È tempo di rimettere le cose in piedi, i piedi per terra e dare alle parole il loro senso.
Articolo di Ugo Boghetta, pubblicato dal sito dell’economista Alberto Bagnai