FRA RIMINI E RICCIONE,UN’ESTATE Al MARE

22 Ago 2023 | 0 commenti

Un po’ per celia, un po’ per non piangere, diamo conto di quanto sta avvenendo al Meeting di Comunione e Liberazione, in svolgimento a Rimini, e dell’estate di un governo che, una volta, si sarebbe detto balneare, cioè destinato a durare poche e afose settimane, mentre questo sembra destinato a vivere più a lungo.

Lo facciamo spigolando qua e là sul Foglio Quotidiano, la cui linea editoriale è oscillante fra plausi, mascherati sotto benevoli suggerimenti di linea di condotta, e l’aperta, ammirata derisione delle tante piroette di ministri, nani e ballerine.

 Meloni a Riccione

Venga a Riccione, signora presidente, e scoprirà un’Italia naturaliter moderata, sensata, perfino ragionante, nemica degli estremismi e delle avventure, sospettosa sia del fighettame fintamente progressista da Ztl che delle scemenze autenticamente fasciste del Vannacci di turno, insomma democristiana nell’intimo. Ascolti i discorsi sotto l’ombrellone di una media borghesia di provincia, che poi alla fine è ancora quella che tiene in piedi il Paese o quel che ne resta, e vedrà che in realtà si accontenta di poco: un minimo di decoro da parte di chi comanda, un minimo di efficienza nei servizi basici, un governo che, come diceva lord Melbourne, primo ministro di Vittoria, prevenga i crimini e faccia rispettare i contratti. Senza palingenesi, rivoluzioni, grandi riforme e ponti sullo Stretto che tanto poi non si faranno mai. Una decorosa medietà giolittiana o degasperiana, evitando eccessi ostentatori, proclami, cafonate. Macché Twiga o Papeete, ogni tanto una mangiata di pesce e sempre il gelato alla sera durante la passeggiata con il golfino, casomai rinfrescasse (magari)……. E forse Riccione è così affascinante, antropologicamente affascinante, perché è la cristallizzazione dell’Italia nella nostra età dell’oro, i favolosi anni Cinquanta e Sessanta, quando si pensava che andassimo davvero verso quelle sorti progressive che poi si sono rivelate assai meno magnifiche.

Resta almeno questa quieta decorosità borghese, un po’ scettica dopo le molte fregature ma ancora disposta a dare credito a chi mantenga almeno qualcuna delle tante promesse, anche solo un taglietto alle accise, una decente riforma della giustizia, un’immigrazione sotto controllo magari senza strillare di blocchi navali prima delle elezioni salvo implicitamente ammettere che sono impossibili dopo averle vinte, robetta così, si sa che in Italia nulla è più straordinario dell’ordinaria amministrazione. Meno inaugurazione e più manutenzione, insomma, come si fa qui. Finché c’è Riccione c’è speranza.

Ma quale Albania, la premier vada in Romagna, immagine dell’unico conservatorismo possibile in Italia….Gggiorgia sbaglia a fare le vacanze in Puglia o in Albania. Dovrebbe andare a Riccione. E non per le ragioni cui state maliziosamente pensando, perché anche Lui faceva il bagno lì o perché la costa è punteggiata dalle provvide colonie per i balilla (il Duce ha fatto anche cose buone? Chissà. Di certo queste architetture fascio-razionaliste sono bellissime e andrebbero recuperate). No, il/la presidente dovrebbe andare a Riccione o più in generale sulla Riviera romagnola perché sono l’immagine dell’unico vero conservatorismo possibile in Italia. E infatti: tradizione, decoro, continuità, stessa spiaggia stesso mare una generazione dopo l’altra, Riccione è questo, il posto dove nell’ombrellone accanto ritrovi un decennio dopo l’altro la stessa famiglia, con i figli, i figli dei figli e così via. L’eterno ritorno del sempre uguale, rassicurante come il tortellino della nonna o un discorso di Forlani, senza rinunciare all’innovazione, ma che non diventi rivoluzione. ….

Estratti dall’articolo di Alberto Mattioli per Il Foglio Quotidiano

 Giorgetti contorsionista

Mercato, pensioni e fisco. Al Meeting il ministro riesce a smentire se stesso e il governo

Parla poco Giancarlo Giorgetti ma le poche volte che lo fa – ad esempio al Meeting di Rimini, di cui è ospite fisso – dice di tutto. E anche il suo contrario. Nel descrivere la sua visione di sviluppo economico, il ministro dell’economia ha affermato che: “Confidare unicamente nella mano invisibile del mercato non è la soluzione corretta”, sostenuto dal padrone di casa Giorgio Vittadini che elogia il “nuovo interventismo positivo” del governo Meloni, spingendo il concetto di sussidiarietà verso nuovi lidi. Eppure solo un anno fa, sempre al Meeting, Giorgetti da ministro dello Sviluppo economico (Mise) dimissionario esaltava gli animal spirit del mercato: “Lo sviluppo economico lo fanno gli spiriti animali ma degli imprenditori”. L’anno prima, nel 2021, da disciplinato ministro del governo Draghi, Giorgetti diceva al pubblico di Cl a Rimini che “lo sviluppo non passa attraverso il governo. Meno c’è il Mise, meglio è”. Ora il governo, fra tasse sugli extraprofitti del Mef e manovre per controllare i prezzi del Mise di Adolfo Urso, agli spiriti animali mette guinzaglio e museruola pensando di placare l’inflazione o quantomeno gli effetti sul consenso.

Ci sono altri aspetti contraddittori nella visione esposta da Giorgetti al Meeting. Il ministro sostiene che il problema di crescita dell’Italia non lo si risolve “aumentando la domanda”: “Ci si deve concentrare sul lato dell’offerta”, dice.

Quella di Giorgetti è un’involontaria autocritica, visto che il governo sul fronte dell’offerta ha fatto poco o nulla, a partire dalla concorrenza. In un altro passaggio sui problemi strutturali, Giorgetti dice lucidamente che con la crisi demografica che affligge la società italiana “non c’è nessuna riforma previdenziale che tenga nel lungo-medio periodo”. Vuol dire che anche una dura e necessaria riforma come la legge Fornero potrebbe non essere sufficiente a rendere sostenibile l’abnorme spesa previdenziale. L’opposto del programma della Lega con cui Giorgetti si è candidato che prevede, come vuole anche la Cgil, una controriforma delle pensioni come Quota 41.

E’ chiaro che la promessa “abolizione della Fornero” non ci sarà mai, al limite qualche accrocchio provvisorio come Quota 103 per tenere buoni gli elettori salviniani. E’ questa la “responsabilità” di cui si vanta il ministro dell’economia: non mantenere le promesse che sfascerebbero i conti, limitandosi a qualche versione omeopatica. La stessa sorte, probabilmente, toccherà alla grande riforma fiscale, annunciata da Giorgia Meloni come la svolta che si attendeva “da 50 anni”. Per ora si vedono solo provvedimenti spot, come la tassa sugli “extraprofitti” delle banche che, come rivelato dal Corriere della Sera, dopo l’annuncio roboante e le imbarazzate retromarce, si potrebbe trasformare in un “prestito forzoso”: un anticipo delle banche che poi recupereranno negli anni come credito d’imposta. Tassa o prestito che sarà, in ogni caso è un’entrata una tantum che però vari esponenti del governo si sono già affrettati a spendere sui giornali per tagliare le tasse, le accise e anche i mutui. E’ l’altra faccia della medaglia dei condoni: misure estemporanee per raccattare qualche miliardo, al costo della credibilità del sistema economico, da usare per coprire qualche bonus o spesa temporanea come ad esempio il rinnovo della decontribuzione. Questo è al momento l’orizzonte della legge di Bilancio di Giorgetti, molto più ridotto rispetto ai discorsi sul lungo termine e sui problemi strutturali del paese.

Estratti dall’articolo di Luciano Capone per Il Foglio Quotidiano

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