La linea delle gambe, lentamente definita dall’obiettivo con un filo di luce, anzi con un velo d’ombra, quasi a richiamare la carezza di seta delle calze. Il taglio dell’abito che, nel chiaroscuro, fa monumento del corpo nel momento stesso in cui lo nasconde, invitando l’osservatore a guardare, cercare, rincorrere la bellezza, sognandola oltre il visibile. Poi, il viso, disegnato nel gioco di palpebre rigorosamente chiuse a contrasto con labbra morbide a suggerire un inatteso e fintamente rubato languore.
Infine, il fumo, voluta bianca che si fa sipario, dichiarando la natura della figura ritratta, non più semplice donna, ma diva: Marlene Dietrich. È nel movimento dello sguardo, ricreato e sollecitato, la seduzione degli scatti di Helmut Newton nato Helmut Neustadter – maestro dell’obiettivo, grande firma della fotografia di moda, più in generale artefice e narratore di una bellezza emozionante, sensuale, altamente materica e al contempo intellettuale.
A sedici anni dalla morte dell’artista, di cui oggi ricorre l’anniversario è scomparso il 23 gennaio 2004 a West Hollywood e a cento dalla nascita, il 31 ottobre 1920 a Berlino, la GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino dal 30 gennaio al 3 maggio ospita la retrospettiva Helmut Newton. Works, promossa da Fondazione Torino Musei e prodotta da Civita Mostre e Musei con la collaborazione della Helmut Newton Foundation di Berlino.
Dagli anni 70 con le molte copertine per Vogue al ritratto di Leni Riefenstahl del 2000, l’esposizione, curata da Matthias Harder, direttore della fondazione tedesca, presenta sessantotto fotografie – tra i set preferiti dal maestro, il suo garage a Monaco – selezionate per illustrare la lunga carriera di Newton, nonché la sua filosofia di scatto. «Il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare – diceva – tre concetti che riassumono l’arte della fotografia».

Allievo della fotografa Yva, pseudonimo di Else Simon, specializzata in ritratti, nudi e foto di moda, Newton costruisce il suo sguardo in giro per il mondo. Nel 1938 lascia Berlino per raggiungere Trieste, poi lavora come fotografo a Singapore, nel 1940 si arruola nell’esercito australiano, dalla metà degli anni 50 compie vari viaggi in Europa. Nel 1956 firma un contratto con l’edizione britannica di Vogue. Nel 1961 inizia a lavorare a tempo pieno a Parigi per l’edizione francese del magazine. In città, nel 1975 tiene la prima mostra personale. L’anno seguente pubblica il primo volume di foto, White Women. Ormai ha conquistato il successo. Internazionale.

Intanto, si è sposato, nel 1948, con l’attrice June Brunell, che, con il nome di Alice Springs, nel 1970 inizierà la carriera da fotografa, sostituendolo, mentre è malato, per una pubblicità di sigarette. Nel 1971, Newton ha un infarto a New York. Ciò non ferma, né rallenta la sua carriera, che prosegue tra mostre, libri, cover, il calendario Pirelli – nel 2014 The Cal, in occasione dei 50 anni, ha pubblicato suoi scatti censurati nel 1986 – premi, fino alla morte a Los Angeles, un anno prima della realizzazione della Fondazione a lui dedicata.

«La fotografia di Helmut Newton, che abbraccia più di cinque decenni, sfugge a qualsiasi classificazione e trascende i generi, apportando eleganza, stile e voyeurismo nella fotografia di moda, esprimendo bellezza e glamour e realizzando un corpus fotografico che continua a essere inimitabile e ineguagliabile»,spiega Harder.

Tramite il suo obiettivo, capace di donare una patina di perfezione e soprattutto desiderio a ogni soggetto, Newton invita l’osservatore a spiare il mondo. Gli presta i suoi occhi. Lo rende partecipe di momenti unici. E personalissime intuizioni. «Helmut è un gran manipolatore per June Newton – Sa esattamente quello che vuole ed è implacabile nel cercare di ottenerlo sulla pellicola. Gli piace la teatralità della fotografia. Le modelle diventano le sue creature, i suoi personaggi». Così, nei suoi scatti di moda, l’eleganza algida di alcune modelle è distacco studiato ad accendere le fantasie.
I ritratti dei personaggi noti, invece, si fanno paradossalmente più vicini. Davanti al suo obiettivo, Marlene Dietrich è il mito incarnato. Andy Warhol è il dio umanizzato, ritratto dormiente, come morto. In questo chiaroscuro di personaggi composti o scomposti ad arte, Newton racconta il 900, tra aspirazioni, fantasie e modelli. Ecco allora Gianni Agnelli, Paloma Picasso, Catherine Deneuve, Anita Ekberg, Claudia Schiffer, Debra Winger. Ed ecco anche i servizi per le grandi Maison, da Mario Valentino a Thierry Mugler. Poi, i nudi. Non sono solo immagini, ma icone del secolo, strumenti per indagarlo, documenti per raccontarlo. Elementi di narrazione del suo immaginario e spunti di costruzione di quello collettivo. «Non m’interessa il buon gusto. affermava – Mi piace essere l’enfant terrible».
Articolo di Valeria Arnaldi per “il Messaggero”
Helmut Newton in mostra a Torino nel 2020. Un inizio d’anno in grande stile alla GAM di Torino con la mostra “HELMUT NEWTON. Works” a cura di Matthias Harder, curatore della Helmut Newton Foundation di Berlino, e organizzata da Civita Mostre Musei. FINO AL 3 MAGGIO.