LA CHIESA E IL SINODO

27 Ott 2023 | 0 commenti

I giornali italiani, forse perché presi della guerra fra Israele e i palestinesi di Hamas o perché intrigati dalla separazione della Giorgia Meloni dal suo farfallone amoroso, non hanno dedicato adeguato spazio al Sinodo dei Vescovi 2021-2023, sottovalutandone la portata.

Il Sinodo sulla sinodalità avrebbe dovuto concludersi nel 2023, preceduto da due anni dedicati all’“ascolto”, durante i quali ogni diocesi, ogni nazione e ogni continente avrebbe dovuto celebrare il proprio sinodo.

Per decisione di Papa Francesco il Sinodo sulla sinodalità si allunga e da evento si fa processo, concludendosi nel 2024. Cos’è successo, dato che nulla in Vaticano avviene per caso?

Il basso profilo mantenuto sul piano informativo, anche dalla sala stampa vaticana, che non ha mancato però di informare sull’andamento delle diverse fasi, è da collegare alla scelta di Papa Francesco di evitare gli abbagli, le storture, le strumentalizzazioni della scena mediatica. “Ascoltare più che parlare”, insomma. E per ben ascoltare evitare il vocio frastornante e la superficialità dei social. Un processo profondo di rigenerazione e rinascita, non un flash che dura un attimo.

Per ricostruire i primi passi del cammino sinodale, ma soprattutto intravvederne le finalità e concrete ricadute, dobbiamo partire del corposo documento prodotto dai lavori dell’assemblea generale dei vescovi sinodali del giugno 2023, intitolato “Instrumentum laboris”.

UN SOLO ANIMO, UN SOLO CAMMINO

La pratica del sinodo è vecchia di secoli, ma venne istituita come struttura permanente da Paolo VI solo nel 1967, sollecitato a mantenere vivo lo spirito del Concilio Vaticano II.

Etimologicamente sinodo significa “insieme” e “via”, cioè camminare insieme. Nella cultura greco-romana era sinonimo di assemblea, riunione. Nella prassi cattolica serve per definire una riunione di vescovi o sacerdoti, appositamente convocati per deliberare in materia religiosa.

Quello ora convocato da Papa Francesco conta 364 partecipanti con diritto di voto e 464, esperti, laici, canonici, teologi, ecc. senza questo diritto.

In premessa, Instrumentum laboris riassume il percorso fatto dai vari sinodi locali, ma soprattutto non manca di tratteggiare senza infingimenti i problemi che affliggono il mondo attuale e la Chiesa:

“ Il percorso compiuto finora, e in particolare la tappa continentale, ha permesso di identificare e condividere anche le peculiarità delle situazioni che la Chiesa vive nelle diverse regioni del mondo: dalle troppe guerre che insanguinano il nostro pianeta e richiedono di rinnovare l’impegno per la costruzione di una pace giusta, alla minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici con la conseguente priorità della cura per la casa comune; da un sistema economico che produce sfruttamento, disuguaglianza e “scarto” alla pressione omologante del colonialismo culturale che schiaccia le minoranze; dall’esperienza di subire la persecuzione sino al martirio a un’emigrazione che svuota progressivamente le comunità minacciandone la stessa sopravvivenza; dal crescente pluralismo culturale che marca ormai l’intero pianeta all’esperienza delle comunità cristiane che rappresentano minoranze sparute all’interno del Paese in cui vivono, fino a quella di fare i conti con una secolarizzazione sempre più spinta, e talora aggressiva, che sembra ritenere irrilevante l’esperienza religiosa, ma non per questo smette di avere sete della Buona Notizia del Vangelo. In molte regioni le Chiese sono profondamente colpite dalla crisi degli abusi: sessuali, di potere e di coscienza, economici e istituzionali. Si tratta di ferite aperte, le cui conseguenze non sono ancora state affrontate fino in fondo. Alla richiesta di perdono rivolta alle vittime delle sofferenze che ha causato, la Chiesa deve unire il crescente impegno di conversione e di riforma per evitare che situazioni analoghe possano ripetersi in futuro.”

Nonostante la scarsissima partecipazione alle assemblee (in USA non più dello 0,01% dei fedeli), il documento non manca di sottolineare alcuni aspetti positivi, che aprono alla speranza:

Poi abbiamo potuto toccare con mano la cattolicità della Chiesa, che, nelle differenze di età, sesso e condizione sociale, manifesta una straordinaria ricchezza di carismi e vocazioni ecclesiali e custodisce un tesoro di varietà di lingue, culture, espressioni liturgiche e tradizioni teologiche. Esse rappresentano il dono che ciascuna Chiesa locale offre a tutte le altre, e il dinamismo sinodale è un modo per metterle in relazione e valorizzarle senza schiacciarle nell’uniformità.”

Gli estensori dell’Instrumentum laboris  ci tengono a precisare che esso

 “non è un documento del Magistero della Chiesa, né il report di una indagine sociologica; non offre la formulazione di indicazioni operative, di traguardi e obiettivi, né la compiuta elaborazione di una visione teologica…. E’ quindi la prima tappa di un processo che non è ancora terminato, che espone le “ intuizioni” raccolte lungo la prima fase e soprattutto dal lavoro delle Assemblee continentali, articola alcune delle priorità emerse dall’ascolto del Popolo di Dio, ma non in forma di asserzioni o prese di posizione. Le esprime invece come domande rivolte all’Assemblea sinodale, che avrà il compito di operare un discernimento per identificare alcuni passi concreti per continuare a crescere come Chiesa sinodale, passi che sottoporrà poi al Santo Padre”.

Ma quali sono i segni distintivi che il Sinodo dovrà individuare in quanto caratteristici della nuova Chiesa sinodale? 

Con grande forza da tutti i continenti emerge la consapevolezza che una Chiesa sinodale si fonda sul riconoscimento della dignità comune derivante dal Battesimo, che rende coloro che lo ricevono figli e figlie di Dio, membri della sua famiglia, e quindi fratelli e sorelle in Cristo, abitati dall’unico Spirito e inviati a compiere una comune missione. Nel linguaggio di Paolo, «noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito» (1Cor 12,13). Il Battesimo crea così una vera corresponsabilità tra i membri della Chiesa, che si manifesta nella partecipazione di tutti, con i carismi di ciascuno, alla missione e all’edificazione della comunità ecclesiale. Non si può comprendere una Chiesa sinodale se non nell’orizzonte della comunione che è sempre anche missione di annunciare e incarnare il Vangelo in ogni dimensione dell’esistenza umana. Comunione e missione si alimentano nella comune partecipazione all’Eucarestia che fa della Chiesa un corpo «ben compaginato e connesso» (Ef 4,16) in Cristo, in grado di camminare insieme verso il Regno.”

Il documento fa quindi una lunga e analitica descrizione sulle caratteristiche di questa nuova Chiesa, a cominciare dalle sue istituzioni, strutture e procedure.

“….in modo da costituire uno spazio in cui la comune dignità battesimale e la corresponsabilità nella missione siano non solo affermate, ma esercitate e praticate. In questo spazio, l’esercizio dell’autorità nella Chiesa è apprezzato come un dono e lo si vuole sempre più configurato come «un vero servizio, che le Sacre Scritture chiamano significativamente “diaconia” o ministero» (LG 24), sul modello di Gesù, che si è chinato a lavare i piedi ai suoi discepoli (cfr. Gv 13,1-11).”

La Chiesa sinodale “è una Chiesa dell’ascolto»…. l’ascolto degli eventi della storia e l’ascolto reciproco tra le persone e tra le comunità ecclesiali, dal livello locale a quello continentale e universale… L’ascolto dato e ricevuto ha uno spessore teologale ed ecclesiale, e non solo funzionale, sull’esempio di come Gesù ascoltava le persone che incontrava. Questo stile di ascolto è chiamato a segnare e trasformare tutte le relazioni che la comunità cristiana instaura tra i suoi membri, con le altre comunità di fede e con la società nel suo complesso, in particolare nei confronti di coloro la cui voce è più frequentemente ignorata.”

…… “una Chiesa sinodale desidera essere umile, e sa di dover chiedere perdono e di avere molto da imparare. Alcuni documenti raccolti lungo la prima fase hanno rilevato che il cammino sinodale è necessariamente penitenziale, riconoscendo che non sempre abbiamo vissuto la dimensione sinodale costitutiva della comunità ecclesiale. Il volto della Chiesa oggi porta i segni di gravi crisi di fiducia e di credibilità. In molti contesti, le crisi legate agli abusi sessuali, economici, di potere e di coscienza hanno spinto la Chiesa a un esigente esame di coscienza «perché, sotto l’azione dello Spirito Santo, non cessi di rinnovare se stessa» (LG 9), in un cammino di pentimento e di conversione che apre percorsi di riconciliazione, guarigione e giustizia.”

……Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’incontro e del dialogo. Nel cammino che abbiamo percorso, questo riguarda con particolare forza le relazioni con le altre Chiese e Comunità ecclesiali, alle quali siamo uniti dal vincolo dell’unico Battesimo. Lo Spirito, che è «principio di unità della Chiesa» (UR 2), è all’opera in queste Chiese e Comunità ecclesiali e ci invita a intraprendere percorsi di conoscenza reciproca, di condivisione e di costruzione di una vita comune.”

…… “Una Chiesa sinodale è chiamata a praticare la cultura dell’incontro e del dialogo con i credenti di altre religioni e con le culture e le società in cui è inserita, ma soprattutto tra le tante differenze che attraversano la Chiesa stessa. Questa Chiesa non ha paura della varietà di cui è portatrice, ma la valorizza senza costringerla all’uniformità. “

Vissuta in una diversità di contesti e culture, la sinodalità si rivela una dimensione costitutiva della Chiesa fin dalle sue origini, anche se ancora in via di compimento. Anzi, essa preme per essere attuata sempre più pienamente, esprimendo una chiamata radicale alla conversione, al cambiamento, alla preghiera e all’azione che è rivolta a tutti. In questo senso, una Chiesa sinodale è aperta, accogliente e abbraccia tutti…..  La chiamata radicale è quindi quella di costruire insieme, sinodalmente, una Chiesa attraente e concreta: una Chiesa in uscita, in cui tutti si sentano accolti.”

Comunione, missione, partecipazione: tre questioni prioritarie per la Chiesa sinodale

“Tre le parole chiave del Sinodo: comunione, missione, partecipazione….che nella vita della Chiesa sinodale non sono indipendenti l’uno dagli altri. Invece si articolano, alimentandosi e sostenendosi a vicenda. In questa chiave di integrazione vanno sempre pensate e presentate….La comunione non è un sociologico ritrovarsi come membri di un gruppo identitario…..L’assemblea sinodale non può essere intesa come rappresentativa e legislativa, in analogia a un organismo parlamentare, con le sue dinamiche di costruzione della maggioranza. …”

I vescovi estensori cono consapevoli che: “….nella concretezza della nostra realtà storica, custodire e promuovere la comunione richiede di farsi carico dell’incompiutezza nel riuscire a vivere l’unità nella diversità (cfr. 1Cor 12). La storia produce divisioni, che causano ferite da curare e richiedono di avviare percorsi di riconciliazione. In questo contesto, in nome del Vangelo quali legami vanno sviluppati, superando trincee e steccati, e quali ripari e protezioni vanno costruiti, e a tutela di chi? Quali divisioni sono infeconde? Quando la gradualità rende possibile il cammino verso la comunione compiuta?…. Dalla preoccupazione per la partecipazione nel senso integrale qui ricordato scaturisce la terza priorità emersa dalla tappa continentale: la questione dell’autorità, del suo senso e dello stile del suo esercizio all’interno di una Chiesa sinodale. In particolare, essa si pone nella linea di parametri di derivazione mondana, o in quella del servizio? “

FRA CRITICHE A PAURE: UN DIFFICILE DIALOGO

Non sono mancate le critiche alla impostazione del documento e del Sinodo provenienti anche da esponenti della stessa Chiesa cattolica.

Le critiche riguardano la conduzione del sinodo, la nomina dei vertici destinati alla direzione dell’evento, che dimostrerebbero la volontà di orientarlo al fine di predeterminarne gli esiti.

Al riguardo si sottolinea il piglio “imperativo di Papa Francesco (pontificato il suo che ha prodotto finora 53 motu proprio, più di quelli dei suoi due predecessori messi insieme) e il fatto che la sinodalità a senso unico starebbe impedendo una vera collegialità.

Su La nuova bussola quotidiana, un periodico di cattolici fondato da Riccardo Cascioli, si legge nell’articolo a firma di Stefano Fontana dal titolo I tre buchi neri del Sinodo che mettono in pericolo la Chiesa:

“Perfino i teologi più favorevoli al sinodo, come mons. Giacomo Canobbio, notano la contraddizione di un sinodo sulla sinodalità spinto avanti centralisticamente. Nel fascicolo in corso di “Studia Patavina”, Canobbio coglie “un’insidia anche nell’insegnamento/comportamento di Papa Francesco: da una parte vuole coinvolgere tutti nel processo sinodale, dall’altra è ancora lui a determinare i percorsi delle Conferenze episcopali, non ultima quella italiana”. Questa fretta di bruciare le tappe della sinodalità per via di imposizione getta un’ambigua luce politica su tutto il processo in corso e conferma che si tratta di una sinodalità decisa a priori e imposta.”

Nello stesso articolo, a proposito dell’attitudine all’ascolto posta a fondamento del Sinodo, si legge:  

Tutti vedono che si tratta di un ascolto viziato in quanto già orientato ad ascoltare questo e non quello. È anche un ascolto strumentale per condurre le cose dove si vuole che siano condotte. Oltre a ciò, l’atteggiamento dell’ascolto è compromesso da una confusione tra il sensus fidei dei fedeli e la categoria di popolo propria della relativa “teologia del popolo”. Questo problematico aggancio è stato più volte teorizzato da Francesco. Il sensus fidei, o “istinto dalla fede”, secondo Francesco avviene con il soffio dello Spirito e fa sì che i fedeli battezzati godano di una certa connaturalità con le realtà divine da cui deriva una saggezza nel discernimento. Su questo egli fonda la necessità dell’ascolto all’interno della Chiesa, per evitare verticismi e clericalismi. A ciò, poi, associa la teologia del popolo, in quanto una certa connaturale assistenza dello Spirito Santo ci sarebbe anche fuori della Chiesa, nel popolo in quanto popolo. Ecco perché l’ascolto deve rivolgersi anche ai lontani. Per popolo si intende l’umanità, il mondo, sicché ci sarebbe un parallelo tra la Chiesa e il mondo, una pariteticità nell’ascolto. L’idea è certamente conforme a tante correnti della teologia contemporanea ma non per questo (anzi) non desta preoccupazione. Il pericolo di pensare al popolo in senso sociologico è incombente e il passaggio a sostenere che nelle rivendicazioni Lgbt di oggi è presente il soffio dello Spirito è immediato. In queste basi il Sinodo trova un fondamento molto equivoco.”

Infine, a proposito della c.d. democratizzazione della Chiesa nell’articolo si riprende l’opinione del già citato Giacomo Canobbio:

 “Immaginare che la verifica [sic!] del sensus fidelium non apra le porte a forme di democratizzazione della Chiesa significa cadere in una forma di spiritualizzazione della vita ecclesiale”. Se la sinodalità – dice ancora Canobbio – vuole tradursi in decisioni in un Sinodo, “non si potranno mettere da parte esperienze mutuabili dalle società democratiche”. Dal suo punto di vista ha ragione: se la democrazia verifica (sic!) il sensus fidelium, allora la Chiesa deve essere democratica. Oggi le decisioni dei sinodi sono messe nelle mani del vescovo o del papa, ma la prospettiva è di una nuova sinodalità, nella quale le decisioni dei sinodi, assunte democraticamente, non dovranno più rimandare al papa o al vescovo perché in questo caso si ricadrebbe nel clericalismo; “se tocca ancora a lui [il papa] a dire l’ultima parola, si rischia di preparare la strada a nuovi verticismi”. Il voto democratico attesterebbe la presenza dello Spirito Santo nelle decisioni sinodali. Una radicale promozione della democrazia procedurale moderna, fatta risalire nientemeno che alle esigenze dell’Incarnazione, ma in realtà si tratta di storicismo. Legittimo chiedersi se la Chiesa che uscirà dal Sinodo sulla sinodalità sarà ancora la Chiesa cattolica. L’allarme è altissimo, anche se a dirlo sono in pochi.”

Ogni cambiamento è scomodo, spesso osteggiato, ancora di più frainteso. Dalla risposta alle innumerevoli domande che il Sinodo si pone sapremo quale sarà il futuro della Chiesa e con essa di noi tutti, credenti o meno.

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