La pandemia consumistica

14 Ago 2020 | 0 commenti

La manipolazione delle menti è ormai inarrestabile: approfitta dell’insicurezza, della fragilità, della vanità delle persone offrendo loro riparo nei prodotti che comprano, sino ad identificarsi in essi

Due vite sono passate da quando Émile Zola scriveva “Al paradiso delle signore” (Parigi 1883), raccontando la disillusione di una giovane impiegata nei magazzini Bon Marché di Parigi, il primo esperimento di grande distribuzione in Europa. Quasi un secolo dall’apertura del primo supermercato a Milano (di Caprotti e Rockefeller) che già aveva nel marchio la famosa Esselunga.

Almeno due generazioni di italiani non hanno dunque conosciuto la ricerca dei prodotti nel retrobottega, le trattative individuali, le sarte e i prodotti su misura, perché erano già desueti un secolo fa.

Standardizzazione dell’offerta

Avanzava infatti, inesorabile, la standardizzazione dell’offerta, la politica dei prezzi fissi, il prêt à porter (e poi il prêt à manger). Le catene di produzione mutuavano dai macellai la tecnica dei ganci a rotazione, aumentavano i volumi e diminuivano i costi. Soffiava il vento della belle époque, con tutto accessibile a tutti; pure i beni di lusso venivano “socializzati”. Non più, dunque, stili di vita e gusti differenziati per strati sociali ma marketing e prezzi. L’industria, il Fordismo e il Taylorismo si saldavano col consumismo di massa, verso ciò che Pasolini chiamava “totalitarismo consumista”, tanto era diventato pervasivo il potere del mercato sulle labili difese culturali delle masse consumatrici.Veniva dunque messa in moto una potentissima macchina produttiva, a livello globale, alimentata da una crescente domanda di beni e servizi, alcuni reali, altri indotti. Poco importa: basta che il consumatore li percepisse come propri.

Da uomo a codice a barre

Centri commerciali

Ecco quindi affiorare i centri commerciali come “non luoghi” (come diceva Marc Augé), ove il consumatore perde contatto col territorio. Sotto il bombardamento massmediatico si compra per passare il tempo. Ma non basta mai. I produttori si inventano l’obsolescenza programmata. Il cartello “Phoebus”, già nel 1924, riduce la vita delle lampadine a 1.000 ore di esercizio. La DuPont capisce che il nylon è troppo resistente, occorre indebolire la fibra, le calze devono smagliarsi. Lo stesso varrà più tardi per Apple: la batteria dei dispositivi deve scaricarsi rapidamente. I prodotti, già voluttuari, debbono guastarsi presto per essere sostituiti con nuovi. Le cose non si riparano più, si usano e si gettano.

Manipolazione delle menti

Pier Paolo Pasolini, uno dei più critici verso la società dei consumi

La manipolazione delle menti è ormai inarrestabile: approfitta dell’insicurezza, della fragilità, della vanità delle persone offrendo loro riparo nei prodotti che comprano, sino ad identificarsi in essi. Le cose prendono il sopravvento, come ha scritto Trentmann (L’impero delle cose, Einaudi 2017). E chi si oppone viene emarginato, come Luciano Bianciardi, morto di stenti e solitudine per aver considerato “balordo” un miracolo economico ove “neanche i bisogni sono genuini: pensa la pubblicità a fabbricarli, giorno per giorno. Tu vorrai il frigorifero, dice la pubblicità, tu la macchina nuova, tu addirittura una faccia nuova. E loro vogliono quel che il padrone impone, e credono che sia questa la vita moderna, la felicità. Sgobbano, corrono come allucinati dalla mattina alla sera per comprarsi quello che credono di desiderare; in realtà quel che al padrone piace che si desideri” (La vita agra, Milano 1962).Vengono fagocitati tutti, produttori e consumatori. La produzione globale divora il Pianeta e lo rende un’enorme discarica.

Oggi la Pandemia Covid-19 ci ha imposto di fermarci e riflettere. E ci stanno provando in molti, economisti, ambientalisti; pure i neuroscienziati (come Pozharliev e Cherubino, La mente del consumatore, Luiss U.P 2020) che studiano come i biomarcatori e l’inconscio agiscono sulle scelte del consumatore. La manipolazione delle menti ci ha portato fin qui. Come ha detto Papa Francesco “pensavamo di rimanere sani in un mondo malato”. I medici hanno pensato che le droghe si diffondessero solo con pillole e siringhe; i giuristi che il consumatore andasse tutelato col recesso; i politici non hanno pensato affatto. Non potevamo farcela. Quando ad ammalarsi è la mente, l’unico recesso possibile è da noi stessi.

Articolo di Aldo Berlinguer per il Sole 24 Ore

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