NON SEMPRE IL TEMPO INSEGNA

23 Nov 2019 | 0 commenti

 

RETICENTE E SUPERFICIALE INTERVISTA DI CLAUDIO MARTELLI, EX DELFINO DI CRAXI E EX MINISTRO DELLA GIUSTIZIA- SI SOSTIENE CHE LA CADUTA DELLA PRIMA REPUBBLICA FU VOLUTA DAGLI USA IN COMBUTTA CON IL PCUS DI ELTSIN, MENTRE FU UN’AUTO DA FE,’ INFLITTA A FUROR DI POPOLO A UN SISTEMA ISTITUZIONE ESANGUE E CORROTTO- MARTELLI: “CRAXI E I SOCIALISTI LA LORO BATTAGLIA L’HANNO VINTA SUL PCI- SI’, A TAL PUNTO CHE SONO SPARITI ENTRAMBI.

 

Il segretario del PSI (Partito Socialista Italiano) Bettino Craxi stringe la mano del sindacalista italiano Agostino Marianetti a un comizio elettorale. Il vicesegretario del PSI Claudio Martelli fuma in mezzo a loro. Milano, 28 maggio 1983

Cronache dall’estate: Walter Veltroni intervista in prima pagina sul Corriere della Sera Aldo Tortorella e Rino Formica, sui magazine rispuntano le foto di Achille Occhetto che bacia Aureliana Alberici a Capalbio, Lorella Cuccarini annunciata alla conduzione di un importante programma, Paolo Cirino Pomicino fisso al suo posto nei talk del mattino. Sembra un’estate di fine anni Ottanta e invece è proprio questa qui appena finita, quella del 2019. Uno dice: e Raffaella Carrà? In palinsesto pure lei, in attesa del ritorno della lambada e delle pennette alla vodka. Se per spiegare i fenomeni di moda e di costume, però si può sempre ricorrere ai ritorni ciclici che funestano – o allietano, dipende – ogni epoca, per la politica il tema é più complesso: cosa ci riporta sempre là? Perché abbiamo sempre bisogno di quel confronto (o di quello scontro)? Perché quei protagonisti sembrano non passare mai?

Per esempio, si ipotizza, perché non troviamo quello che cerchiamo nella classe dirigente attuale? Perché i conti sono ancora aperti? Perché ci fa sentire giovani? (Su questo tema primeggia, come sempre, la gloriosa categoria dei giornalisti: basta andare a controllare chi firmava i pezzi in ricordo di Francesco Saverio Borrelli, gran capo del pool di Mani Pulite scomparso lo scorso luglio: omaggiato, criticato ma quasi mai oltraggiato dagli stessi che scrivevano più o meno sugli stessi giornali all’inizio degli anni Novanta). «Non so perché ci sia tutta questa attenzione», dice Claudio Martelli, ex ministro, leader socialista della Prima Repubblica, ospite ambito nei salotti delle signore romane, una condanna per la maxi tangente Enimont, visione politica da vendere, «e non so neanche se chiamarla nostalgia o ripensamento. Sicuramente é una riflessione più serena su quello che è stato».

Ma qual era la caratteristica di quella Repubblica, cosa è cambiato rispetto a ora?
Glielo riassumo in un titolo: “Partiti forti e istituzioni deboli”.

Istituzioni deboli?
Lei come le definirebbe? Come definirebbe una forma di governo che nella Costituzione ha dedicate appena tre righe?

Ma come: la Costituzione più bella del mondo, c’era anche un programma di Benigni che…
È la più bella del mondo soprattutto per chi non ha letto le altre.

Tipo?
Serve che le citi il diritto alla felicità contenuto in quella americana? Mi pare un concetto ben più ampio che «fondata sul lavoro», no?

Torniamo alla Prima Repubblica.
Guardi che io ero un critico della Prima Repubblica anche quando era considerata intoccabile da molti.

Bettino Craxi con Gianni De Michelis

E poi? Mi dica quando è finita.
Lì la follia fu prendersela con i partiti invece che con le istituzioni.

Beh, neanche i partiti dell’epoca erano esenti da critiche, non trova?
Ma certo. Però lì è avvenuto qualcosa di diverso: i partiti sono proprio stati azzerati, c’è stato uno sdegno, un rifiuto totale.

È da quel periodo che siamo arrivati a quello che viviamo oggi?
Calma, non scordi che tra allora e oggi c’è di mezzo la Seconda, di Repubblica.

Ma quello che voglio chiederle è: all’epoca non si aspettava veramente quello che è accaduto poi?
Vede: qualche fenomeno politico c’era anche, come la Lega nascente, ma erano poca cosa.

Allora cosa accadde?
Nel ’92 fu il momento in cui ci fu un’iniziativa improvvisa sul finanziamento illecito ai partiti, si mise un accento esagerato su quel reato.

Chi lo mise?
La Procura di Milano, mi pare chiaro.

Che ricordo ha di Borrelli?
Con me è sempre stato cortese, disse che ero stato il miglior ministro della Giustizia, assieme – aggiunse poi – al suo amico Giovanni Maria Flick. Negli ultimi anni Borrelli, a proposito di Mani Pulite, disse che «non valeva la pena di buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale».

Un cambio di atteggiamento, secondo lei?
Sicuramente c’entrava il suo giudizio sulla classe politica della Seconda Repubblica. Un giudizio che rivalutava i politici della Prima, e non riesco a immaginare cosa avrebbe detto della situazione attuale.

Durante Mani Pulite il clima era diverso?
Ricordo una sua intervista rilasciata nel 2000: disse che fintantoché si trattava di decapitare il re la gente si eccitava, quando poi ci si è accorti che la lotta alla corruzione è una cosa un po’ diversa, qualcuno ha cominciato a infastidirsi. Colpisce la metafora usata, “decapitare il re”, in cui è evidente che Borrelli si identificava coi giacobini, con Robespierre.

Erano gli anni dei “ladri socialisti”.
Sì: ladri solo quando eravamo al governo con la Dc. Quando sul territorio governavamo insieme al Pci d’incanto non eravamo più ladri.

Il Pci godeva di uno status particolare, diverso dagli altri, secondo lei?
Si rilegga le parole di Gherardo Colombo che ammise questa vicinanza tra comunisti e magistrati giustificandola col fatto che, se non ci fosse stato il pool, sarebbe stato isolato politicamente.

Qual era il contesto?
Cerchi su YouTube: c’è un video di quel tempo. Si vedono il presidente americano Clinton e quello russo Eltsin al termine di un incontro: ridono, scherzano, sono alticci, sembrano due comici.

 

Il vicesegretario del Partito Socialista Italiano Claudio Martelli, il ministro delle Partecipazioni Statali Gianni De Michelis e Rino Formica (Salvatore Formica) partecipano ad un comizio del Partito Socialista Italiano. Parma, 16 gennaio 1983

(Dopo un controllo) Sì, in effetti c’è: sono a New York nell’ottobre del 1995. E allora?
Ma non capisce? Era finita la Guerra fredda, Dc e Psi erano qualcosa da cui liberarsi, il nuovo alleato Usa sarebbe stato il Pds.

Lo zampino americano, quindi, secondo lei.
Oramai è passato molto tempo e ci si dimentica di episodi dell’epoca, tipo quello del console americano che si vedeva spessissimo con Di Pietro e a cui il Pm avrebbe anticipato la volontà di compiere alcuni arresti prima di eseguirli (questa è la versione data dal console, Peter Semler, contestata da Di Pietro, nda).

(Mentre chiacchieriamo con Martelli i telegiornali aprono sulla vicenda dei presunti finanziamenti russi alla Lega di Salvini. Una questione che da subito ha rimandato alla Prima Repubblica: i soldi da Mosca, i rubli! Ovviamente glielo si chiede). Se l’aspettava?
Diciamo pure che non avevo dubbi. Mi scusi: ma se legge di un partito italiano al 4% che stipula un trattato con un partito russo che sta al 70% lei cosa pensa? Perché questo è quello che è accaduto anni fa tra la Lega, quando la prese Salvini ai minimi storici, e Russia Unita di Putin.

Però neanche è automatico…
Ma dai!

Ma mica solo Salvini ha rapporti con Putin: Berlusconi, ad esempio.
Berlusconi era diverso: lui almeno con Putin cercava di cavarne accordi con la Nato.

Cercando assonanze tra la Prima Repubblica e adesso non si può non ricordare che lei firmò la prima legge (nel 1990, legge Martelli, appunto), che regolava i flussi di immigrati.
E io sono felice che lo ricordi. Anche qui: dal 1991 e per i 10 anni successivi, gli immigrati sono aumentati di 600 mila unità in 10 anni. Poi, con le leggi Turco-Napolitano e Bossi-Fini sono diventati 5 milioni.

Solo merito della sua legge?
Ma no, certo, vanno anche considerati i flussi di migranti provenienti dall’Est, come dopo che la Romania entrò nella Ue e 800.000 badanti furono regolarizzate con la gestione Maroni.

Claudio Martelli, si intravvedono riconoscibili Enrico Manca, Rino Formica e, dietro Martelli, il giornalista Rai Alberto La Volpe

Cosa aveva la sua legge rispetto a quelle attuali?
Era severa ma giusta. All’epoca mi dicevano che avevo aperto le porte ai migranti, ma in realtà io quelle porte le ho costruite. Era una legge che programma i flussi, una legge seria come le altre che ho fatto sull’asilo politico e sulla cittadinanza.

Poi cosa è successo?
Sino al Governo Letta tutti i governi che si sono succeduti, di tutti i colori, facevano leggi che avevano come premessa il contrasto all’immigrazione clandestina. Da quel momento in poi invece, col ministro Alfano, per quattro anni abbiamo lasciato entrare in Italia 150/180.000 mila immigrati all’anno.

Secondo lei quel periodo è l’origine della situazione che viviamo oggi?
Assisto a un estremismo umanitario parolaio. In questi anni non abbiamo accolto queste persone, le abbiamo salvate e questo è giusto, poi le abbiamo abbandonate o fatte “passare” nei Paesi confinanti. In questo modo abbiamo esasperato sia i nostri partner europei sia il popolo italiano.

Però parliamo di un fenomeno marginale, ci sono altri Paesi come la Grecia o la Spagna dove sbarcano molti più immigrati che in Italia.
Ma lo vogliamo capire che l’immigrazione è ciò che sposta i flussi elettorali?

Dice?
È un fatto: guardi in Germania, dove sui migranti si è rotto l’asse con la Spd e il partito della Merkel ha perso punti e punti di consenso. E la Brexit: anche con quella c’entra l’immigrazione. E in Francia…

Il tema sarà anche quello delle frontiere, però queste persone neanche possono morire in mare.
Certo che no. Però è anche vero che l’accoglienza indiscriminata porta malessere nelle città, i benefici del welfare sono limitati. Non dico di bloccare le frontiere ma di accogliere nei limiti delle nostre capacità, anche il Papa l’ha detto.

Sempre per stare sull’attualità: lei si è arrabbiato molto per il ricordo che quasi tutti i media hanno dedicato a Gianni De Michelis: la foto iconica di lui scamiciato che balla in discoteca…
Mi sono arrabbiato molto, certo, per quello che non è stato un equivoco.

E cosa è stato allora?
Una volontà premeditata, superficiale e cinica, per sminuire la sua immagine pubblica.

Claudio Martelli, oggi

Ma non negherà che l’ex ministro De Michelis in discoteca ci andava volentieri: il soprannome «avanzo di balera» datogli da Biagi, il libro scritto di suo pugno Dove andiamo a ballare stasera? presentato anche al Bandiera Gialla di Rimini…
E cosa c’entra? Sì, ci andava, e allora? Mica passava le sue giornate a ballare: stiamo parlando di un personaggio che aveva intuizioni straordinarie, come quella dei “giacimenti culturali”.

«I socialisti vogliono rifare il minculpop», cito.
(Sorride) È vero, dicevano così. Ma non avevano capito che avevamo ragione, che i socialisti erano dei modernizzatori, che la cultura, sostenuta dall’impegno privato, era il futuro.

Quest’anno si sono ricordati anche i 35 anni dalla morte di Enrico Berlinguer: lei in quel 1984, quando alcuni vostri delegati lo fischiarono al congresso di Verona (e Craxi disse: «Non ho fischiato solo perché non lo so fare», anche se dopo si pentì), era vicesegretario del suo partito. Che ricordo ne ha?
Quella morte fu quasi un sacrificio in pubblico (Berlinguer ebbe un malore durante un comizio a Padova e dopo poco si spense, nda) e non poteva non emozionare.

Ma?
Ma il giudizio politico, che mi pare confermato dai fatti, non è positivo: l’eurocomunismo in cui tanto si era impegnato, che doveva avvicinare i grandi partiti di Italia, Francia e Spagna, si rivelò una fiammata e nulla più.

Però il compromesso storico, la convergenza con la Democrazia Cristiana…
Il compromesso storico! Sa quali furono gli effetti, al di là della tragica morte di Moro?

Quali?
Un corteggiamento ai ceti imprenditoriali concretizzato con il patto Agnelli Lama che portò l’inflazione al 17%.

Berlinguer sollevò anche la questione morale, in una celebre intervista a Scalfari: almeno su questo aveva ragione, o no?
Ecco, vede, è proprio questo il punto: la questione morale, con la quale si voleva certificare la diversità morale dei comunisti. Ma questo rende la politica di fatto intrattabile.

Però ha posto un tema.
Sì, ma senza fornire soluzioni.

Lei fu il delfino di Bettino Craxi: il prossimo anno saranno 20 anni dalla morte. Crede nella riabilitazione?
Beh, quella è in corso già da tempo, e sa perché?

Perché in Italia tutto passa?
Perché Craxi e i socialisti la loro battaglia l’hanno vinta: nel 1992 socialisti e comunisti hanno preso gli stessi voti (considerando anche i socialdemocratici, attorno al 16%, nda), un risultato impensabile sino a poco prima, un risultato prima di tutto di portata culturale per questo Paese.

Ha nostalgia per quegli anni?
Sono portato ad andare avanti e a tener conto del passato, ma non sono un presentista.

Chi è Claudio Martelli?
Io ho sempre fatto politica. E continuerò a farla.

Intervista di Francesco Caldarola  per la Rivista Studio

Le immagini in bianco e nero sono di Getty Images/Mondadori Portfolio

Sul tema dei rapporti col PCI di Berlinguer leggi qui (https://www.ninconanco.it/berlinguer-e-la-terza-via/)

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