SCARABOCC DI TONINO

4 Giu 2018 | 0 commenti

 

FIGLIO DI CONTADINI ANALFABETI, DEPORTATO IN GERMANIA, MA GIA’ POETA E SCRITTORE- SCENEGGIATORE PREDILETTO DAI GRANDI REGISTI, PREMIO OSCAR E PALMA D’ORO- UN MUSEO A SANTARCANGELO DI ROMAGNA, ANTICA CITTA’ DEI MALATESTA, RACCOGLIE LIBRI, SCULTURE, QUADRI E ARAZZI, PREZIOSO LASCITO DI  TONINO GUERRA ARTISTA GENIALE E VERSATILE-

 

Tonino Guerra (Sant’Arcangelo di Romagna 1920-Sant’Arcangelo di Romagna 2012) è da considerare un poeta creaturale, oltre che un aforista straordinario, un narratore che si è cimentato in romanzi brevi, racconti, aneddoti densi di una levità terrigena. Creaturale nel senso che ha espresso un linguaggio, sin dall’inizio della sua attività, che proviene, simbolicamente, da una vecchia fiaba di paese, da una ricreazione infantile, stupefatta. La vista delle cose coincide con una conoscenza emotiva, come quella del bambino che registra un effetto ottico per la prima volta. Guerra, al grande pubblico, è conosciuto soprattutto come sceneggiatore cinematografico che ha scritto più di 120 testi per Fellini, Antonioni, Rosi, i fratelli Taviani, Petri, Lattuada, De Sica, Monicelli, Tarkovskij, Angelopoulos ecc., ma è stato anche un protagonista nella letteratura del Novecento.

Museo Tonino Guerra a Santarcangelo di Romagna

 Peraltro ha sempre dipinto ad acquerello, ad inchiostro, su tela, su stoffa e realizzava sculture. Per i Classici Bompiani è stato appena dato alle stampe, in due tomi, il corposo cofanetto L’infanzia del mondo. Opere 1946-2012, ottimamente curato da Luca Cesari e Rita Giannini, che raccoglie poesie, traduzioni, narrazioni, prosimetri, viaggi, favole, script, teatro, proverbi, massime. Dopo la Liberazione, Guerra si laureò in Pedagogia ad Urbino con una tesi orale sulla poesia dialettale. Vissuto per trent’anni a Roma, con lunghe soste in Russia divenuta la sua seconda patria, alla fine degli anni Ottanta si trasferì a Pennabilli, città malatestiana del Montefeltro, dove era solito trascorrere lunghi periodi estivi e nella quale è sepolto. La raccolta esordiale I scarabocc (1946) conteneva la prefazione di Carlo Bo. A Santarcangelo nacque una fucina poetica nella quale si distinsero Raffaello Baldini, Nino Pedretti e Gianni Fucci. 

Tonino Guerra a Pennabilli

libro guerraNella scrittura ha un ruolo centrale il mattocchio (che piaceva molto a Contini, Pasolini e Siciliano): lo strampalato di paese, il creativo emarginato, l’omino non cresciuto che ha un’“anima bianca”, ma che percepisce il mondo a suo modo, trovando una logica, una coerenza. È questo il motivo per cui la lingua più aderente all’individuo che abita le sperdute campagne è il dialetto, ma come afferma Cesari, che vede in Guerra un antico mugnaio, “tutto è mescolato e si confonde la notte con il giorno, l’italiano e il romagnolo, si amalgama al senso di contemporaneità di ogni tempo”. Guerra ha dimostrato, come nel cinema e nella poesia, che non solo il personaggio lunare è la leva dell’estrosità, ma anche il luogo: marginale come l’uomo stesso, provinciale, paesaggistico, rurale, contadino. Da menzionare la raccolta poetica, probabilmente la migliore, Il miele (1981), come i lacerti di prosa e poesia Il polverone (1978); La capanna (1985) e Il libro delle chiese abbandonate (1988), in cui si muove un Ulisse rivisitato della Valle Marecchia, che trova e perde continuamente una terra promessa, un posto indimenticabile, che si appresta a compiere un viaggio atemporale. Da Il polverone: “Delle volte il mio paese / è chiuso dentro la nebbia / con tutti gli uccelli fermi sui rami / che guardano l’aria sporca / come la guardi tu / da dentro la tua macchina”.Guerra è un raccontatore, un intelaiatore di storie, a volte surreale, situazionista, altre volte epico e mitico. Interessante, in questo nuovo e davvero completo lavoro, l’antologia critica, ricchissima e con note, interventi organici di grandi nomi che hanno consacrato questa versatilità. Gianni Rodari notò la fantasia e l’amore trasformati in poesia; Pier Paolo Pasolini l’atteggiamento psicologico costante come forma di ricerca disanimata; Elio Vittorini la realtà che scaturisce dalla rivelazione affettuosa di impressioni fuggevoli; Gianfranco Contini un veicolo espressivo con una “verginità culturale”; Italo Calvino l’acutezza d’uno sguardo caricaturale; Andrei Tarkovskij la gioia integrale della creazione e dell’essere. E ancora Maria Corti che si soffermò sulle cose della natura, soprattutto gli animali, come ultimo baluardo della felicità; Angelo Guglielmi che annotò di una memoria antropologica resistente agli assalti dell’attualità; Elsa Morante con il miracolo di gratitudine di questa poesia offerta al mondo presente; Gianni Celati e le parole ritrovate sotto gli strali di frasi fatte del parlare adulto; Roberto Roversi con la meditazione e il canto sussurrato in un’implacabile fermezza; Pier Vincenzo Mengaldo che captò specie il poeta oggettuale. Di Tonino Guerra rimangono anche delle splendide installazioni a Pennabilli e dintorni, un regno di fantasia, un museo di sapori tra giardini, strade, angoli. Mi piace menzionare il “Santuario dei Pensieri”, che ho visto poco tempo fa, cinto dai muri di un’antichissima casa, con gigantesche sculture in pietra sagomate, con forme astratte affiancate un’altra. Quelle pietre sembrano ispirare una confessione, un’immaginazione, perfino un contatto con l’aldilà. Sono una connessione con ciò che sentiamo intimamente e le si guarda rigorosamente il silenzio. Un aforisma di Tonino Guerra calza a pennello: “Noi siamo già stati in Paradiso e spesso ci torniamo quando entriamo dove vive la memoria”.

Articolo di Alessandro Moscè per  

In copertina un’opera di Tonino Guerra

La belèzza

La belèzza

Quand che t’à mé pórt la próima vólta
a guardè e’ Bolschoj
e’ parévva che tótt i pèlch
i fóss una muntagna d’ór
ch’ l a m caschévva madòs.
E mè a stévva sla schéina pighéda;
mo tè t’à mé détt:
“Sta drètt che la belèzza l’a n pàisa”.

 

Quando mi hai portato per la prima volta
a vedere il Bolschoj
sembrava che tutti i palchi
fossero una montagna d’oro
che mi cadeva addosso.

E io stavo con la schiena piegata;
ma tu mi hai detto:
“Stai dritto che la bellezza non pesa”.

Si fa notte presto

Adesso sto sempre in casa
e sposto carte o guardo
oltre i vetri della finestra
le mandorle secche attaccate ai rami
che arrivano fino quassù
e sembrano pendagli alle orecchie
di gente che non c’è più.
O sto seduto su una sedia
vicino al camino
e si fa notte presto
con la luce che cade dietro le montagne
e io vado a letto con la voglia di sognare
i giorni che nevicava a Mosca,
e io ero innamorato.

Amarcord

Lo so, lo so, lo so
che un uomo, a 50 anni,
ha sempre le mani pulite
e io me le lavo due o tre volte al giorno
ma è quando mi vedo le mani sporche
che io mi ricordo di quando
ero ragazzo

L’aria

L’aria l’e cla roba lizira
che sta dalonda la tu testa
e la dventa piò céra quand che t’roid

 

L’aria è quella cosa leggera,
che sta intorno alla tua testa
e diventa più chiara quando ridi.

I Bu (I Buoi)

Andé a di acsè mi bu ch’i vaga véa,
che quèl chi à fat i à fatt,
che adèss u s’èra préima se tratour.
E’ pianz e’ còr ma tòtt, ènca mu mè,
avdai ch’i à lavurè dal mièri d’ann
e adèss i à d’andè véa a tèsta basa
dri ma la còrda lònga de’ mazèll.

 

Ditelo ai miei buoi che l’è finita
che il loro lavoro non ci serve più
che oggi si fa prima col trattore.
E poi commoviamoci pure
a pensare alla fatica che hanno fatto per mille anni
mentre eccoli lì che se ne vanno a testa bassa
dietro la corda lunga del macello.

La farfalla

Contento, proprio contento
sono stato molte volte nella vita
ma più di tutte quando
mi hanno liberato in Germania
che mi sono messo a guardare una farfalla
senza la voglia di mangiarla.

 

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