Non luogo a procedere

29 Nov 2015 | 0 commenti

Lo scrittore Claudio Magris

Lo scrittore Claudio Magris

A  pagina 187 si legge: “Una storia c’è solo alla fine -talvolta neanche allora, c’è solo una manciata di fatti slegati e sconclusionati, un mazzo di carte in disordine, non più nel mazzo e non ancora distribuite secondo il gioco” Parlo dell’ultimo romanzo dello scrittore triestino Claudio Magris: Non luogo a procedere, edito da Garzanti. Difficilmente leggo gli autori contemporanei, perché poi puntualmente mi pento. Se accedo in libreria lo faccio con riluttanza, e leggo i loro libri prevenuto, non so… Se poi questi superano le 150 pagine non li reggo. Ma è un problema mio. In questo caso avevo letto sul Domenicale del Sole 24 Ore la più che positiva recensione di Cesare De Michelis, critico serio e competente editore. Che così concludeva: “.. le pagine che Magris dedica all’amore che dura oltre se stesso sono tra le più alte e commosse che ha scritto e basterebbero da sole a rendere questo romanzo indimenticabile” Pochi giorni prima, in un cimitero ligure(cfr: www.ninconanco.it/se-mi-vuoi-bene/) avevo letto di un simile amore, e quelle parole mi erano rimaste impigliate alla mente.

Rastrellamento a Trieste

Rastrellamento a Trieste

Il romanzo di Magris, innanzi tutto, romanzo non è. Una “manciata di fatti slegati, se non proprio sconclusionati” non fanno un romanzo, anche se legati da un tenue tessuto connettivo, la storia di Silvia, la protagonista erede “dell’esilio ebraico e della schiavitù dei neri”.

Almeno la metà delle oltre 360 pagine parlano di un museo della guerra per la pace, con una acribia che di più non si potrebbe. I capitoli che strutturano l’opera non sono altro che il passaggio da una sala all’altra (31 se le ho contate bene) di questo museo “delle armi per la pace”, con prolisse descrizioni di carri armati, mezzi corazzati, cannoni, mitragliatrici, lanciafiamme, obici, zagaglie, ecc. che, nell’economia dell’opera, non si capisce che significato abbiano. Ci erudisce il Magris, ad esempio sul T-34, un carro di 26 tonnellate, cannone da 76,2 millimetri lungo 40 calibri, capace di perforare qualsiasi carro tedesco nell’operazione Barbarossa; che l’MP44 è un fucile d’assalto tedesco della seconda guerra mondiale, in dotazione al reggimento 1083 delle divisione 544 della Wermacht; sulla sirena antiaerea elettromeccanica Marelli, potenza 6 kW, tipo M6, funzionamento a corrente alternata trifase, 220 v. motore in asse verticale, carcassa in ghisa….e cosi via in decine e decine di pagine sparse.

Museo della guerra per la pace Trieste

Museo della guerra per la pace Trieste

E che dire della compulsiva passione di etnomologo di Magris. Sentite: “Animale da battaglia, la cimice (cimex domesticus Queretari). Grosso corpo nero appiattito in senso dorso-ventrale, profilo ovale oblungo. Il torace rivela due espansioni laterali del pronoto… ecc. E che dire dell’echinocactus grusonii? Non è un insetto, ma una pianta. Fiori a corona e spine gialle, diecimilaottocento per l’esattezza spine gialle, raggiere di luce, scheletri di ottaedri… e così. Grazie alla vocazione di etnomologo, di zoologo e di botanico di Magris scrittore passiamo disinvoltamente dalla medusa Plysalia physalis al panzerabwehrkonone, cannone anticarro, progettato da…..ecc. ecc., in ordine sparso, un po’ qua e un po’ là. E le pagine sull’amore? Ci sono quelle sugli indi Chamacoco, i Kalinagos, i Caribi della foresta, c’è Luisa de Navarrete, antica omonima della protagonista, c’è la Risiera di San Sabba, c’è la storia del soldato Schimek, il capitolo su Hitler, accostato a un cactus marcencens,  ma le pagine sull’amore, fra le più alte e commosse? Bah! C’è troppa roba per stare tutta insieme, senza correre il rischio di essere sconclusionata. E non c’è l’amore. Ci sono la colpa, l’orrore, la Trieste fascistoide e collaborazionista di quei brutti anni di guerra, già presente in altre pagine di Magris, il quale sembra avere perso, con questo libro, slancio e ispirazione.

Riseria San Saba

Riseria San Saba

Dopo una faticosa, noiosa lettura, alla fine Luisa, parlando del marito morto prematuramente in un incidente aereo, trova parole semplici, sincere, come troverebbe qualunque vedova innamorata: ”Ma il colpo era arrivato troppo presto, era arrivato prima che si fossero lasciati come era inevitabile e ora non più possibile. Se fosse tornato quando erano già lontani Luisa si sarebbe precipitata ad accoglierlo, a stargli vicino in ogni modo e fin all’ultimo, con tutto l’amore che resta  dopo la fine di un vero amore, che sempre è amore, anche se diverso, ma non meno intenso, breve come tutte le cose ma indistruttibile finché la morte non prende entrambi. Sarebbe stato diverso tenersi fra le braccia senza equivoci né tentennamenti; non l’abbraccio nella pienezza dell’amore, su cui nulla possono lo sfiorire e il deturparsi, e nemmeno l’abbraccio incerto cui si indulge per differire la fine, ma l’abbraccio di due che si sono amati e dunque si ameranno sempre anche se in un altro modo, non meno vero per il cuore” Ecco, queste sono belle parole sull’amore, mi ci sono volute 343 pagine di pazienza. Viene il dubbio che De Michelis, non volendo fare la solita marchetta, abbia voluto fare, come si dice a Roma, il paraculo, inventando un romanzo che non c’è.

 

Ricevo dalla segreteria editoriale Garzanti e pubblico:

“Gentile Ninconanco, grazie mille per la bella recensione, ci auguriamo che lei faccia belle letture come l’ultimo romanzo di Magris.”

Ringrazio per l’attenzione, mi sembra ci sia un bello di troppo.

Ninconanco

 

 

 

 

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