MUSSOLINEIDE

MUSSOLINEIDE

MUSSOLINEIDE: LA FOLLIA TETRA DI UN GAGLIOFFO DALLE GAMBE A RONCOLA, AUTOEROTOMANE E LUETICO, CHE COME UN GRADASSO SI SPERTICA DAL BALCONE SU PIAZZA VENEZIA PER INGANNARE GLI ITALIANI- RITORNA EROS E PRIAPO IN FORMA INTEGRALE, NELLA LINGUA ARTIFICIALE DI CARLO EMILIO GADDA 

 

Pubblicato nel lontano 1967 da Garzanti, molto emendato e mutilo, esce ora per i tipi di Adelphi il saggio Eros e Priapo, di Carlo Emilio Gadda. Il testo, pubblicato in parte, la prima volta, con il titolo Il libro delle furie, nel 1955-1956, in quattro numeri della rivista “Officina”, esce nella sua forma integrale, grazie all’autografo ritrovato nell’archivio Liberati di Villafranca Veronese.

La saggista Marcella Rizzo

Ne leggo una bella recensione di Marcella Rizzo, contenuta nel testo collettaneo Scuola e ricerca anno III-2017, pubblicato a cura del liceo scientifico G. Banzi Bazoli di Lecce, Edizioni Grifo.

Come sempre in Gadda ci troviamo davanti un testo che è difficile incasellare in un genere letterario. Nel risvolto di copertina lo stesso editore pone sotto interrogativo la definizione di “saggio” sulla origine e sulla affermazione del Fascismo. La definizione di libello antimussoliniano ne descrive l’oggetto, ma lo riduce entro motivazioni storicistiche che non sembrano essere la vera origine del libro. Ne è consapevole Marcella Rizzo, che, infatti, nel tentativo di definirne le diverse e intriganti sfaccettature, dà diverse definizioni di Eros e Priapo: un atto di accusa violento e oltraggioso, una controstoria, un pastiche e metaforico calderone, storia del Logos e non dell’Eros, atto di denuncia e di auto denuncia, un’autobiografia nazionale, un trattato sul caratteri “narcissico” degli italiani…

Carlo Emilio Gadda in una curiosa foto “segnaletica”

Giustamente Marcella Rizzo ricorre a riferimenti autobiografici, che per quanto dissimulati, possono aiutare l’interprete nel misurarsi con un testo scritto “con una lingua artificiale, complessa, straniante, inventiva, sperimentale, nuova e arcaica nello stesso tempo, una lingua mimetica della realtà”. Gadda, scrive Marcella Rizzo, aderisce al Fascismo nel 1934, dopo il delitto Matteotti e le leggi “fascistissime” del 1925. In realtà la data è controversa. Giano Accame, nel suo La morte dei fascisti, Mursia-2010, citando Sergio Luzzato, sposta l’iscrizione fin dal 1921. Solo nel 1944 comincia il ripensamento dello scrittore rispetto al regime, dopo il devastamento di Roma del luglio del 1943 e con l’Intera Italia sotto le bombe. Secondo alcuni proprio nel 1944 comincia la stesura di Eros e Priapo. Ma perché Gadda si distacca dal Fascismo? E poi, perché così tardivamente?

Nel libro si trovano risposte scontate, prevedibili; quelle vere si possono solo intuire o dedurre. Più che su un piano storico (troppo freschi sono gli avvenimenti quando Gadda ne scrive) il suo è un distacco emotivo, psicologico, un fluviale esame di coscienza, dissimulato nel magma linguistico e stilistico, annegato nel livore delle invettive, che poco servono a illuminare quegli anni, ma solo denotano il nervo ancora scoperto di una partita, quella fra Fascismo e Gadda, che rimane aperta.

Il rapporto fra lo scrittore e il Fascismo, viene così spiegato da Marcella Rizzo, che fa suo il seguente giudizio di Peter Hainsworth: “ Il fascismo di Gadda era certo anticonformista, ma non era un elemento incidentale o accidentale della sua esperienza e della sua opera durante il Ventennio. Sebbene possa sembrare oggi ingenuo o illuso, egli era convinto di dare al regime un appoggio misurato e meditato. Il fascismo rispondeva al suo bisogno di ordine e di dignità in un mondo che, secondo la sua traumatica esperienza durante e dopo la prima guerra mondiale, era privo di entrambi”.

Appoggio “misurato e meditato”? Difficile e arduo proponimento, anche per il più idealista e ingenuo dei letterati, se riferito a un regime illiberale e guerrafondaio come il Fascismo.

Ma cos’ha spinto in definitiva Gadda a scrivere il libello?  Spiega Marcella Rizzo, “Ciò che sta alla base dell’opera è dare una spiegazione alla nascita e alla legittimazione del fascismo da parte del popolo italiano, spiegazione che si rifà alle teorie psicanalitiche e darwiniane”, che Gadda conosceva.

Più verosimile appare a me invece la interpretazione di Luzzato,che addebita il tardo livore antifascista e antimussoliniano del Gadda-post Gran Consiglio che depone Mussolini (25 luglio 1943), all’atteggiamento tipico “dell’innamorato deluso”, al capovolgimento amoroso del vissuto e dei fatti di esperienza.

Insomma, l’interpretazione psicoanalitica che Gadda tenta con Eros e Priapo, ripercorrendo il ventennio fascista e la capacità di presa del regime sulle masse, può essere realmente dirimente solo se trasformata in un’autoanalisi introspettiva a sfondo espiatorio, a sua volta proiettata in ambito sociale dove trova un senso quell’ “intreccio di pulsioni elementari che, meglio di ogni interpretazione storica, serve a spiegare la follia collettiva degli italiani durante il Ventennio”, come scrive Marcella Rizzo.

.Carlo Emilio col fratello Enrico, morto nel 1918

Che Gadda fosse stato sinceramente attratto dalla figura di Mussolini è naturale, se solo pensiamo al fatto che egli era stato un convinto interventista e volontario nella 1° guerra mondiale. Il riscatto nazionale era anche il suo, essendo ancora bruciante in lui il ricordo della rotta di Caporetto e i lunghi mesi di prigionia a Celle in Germania. Prova ne sia che il libro che racconta questa esperienza, Giornale di guerra e di prigionia, a lungo occultato, esce tardivo solo nel 1955. Il secondo motivo è tutto psicologico, e nasce dallo stridente contrasto fra le due personalità. Come scrive Marcella Rizzo “ la fragile virilità di Gadda si confronta con la prepotente virilità di Mussolini, l’uno e l’altro soffrono della stessa sindrome “narcissica”. Gadda è qui come Mussolini esibizionista, innamorato di se stesso, voglioso di stupire e di essere ammirato.”

La satira, come in tutti i capovolgimenti amorosi, è spietata e trasuda da ogni pagina del libro. Si getta veleno sul traditore, naturalmente senza mai nominarlo. Scrive Marcella Rizzo: “Protagonista indiscusso è Mussolini, mai citato direttamente nel corso dell’opera se non attraverso una vasta gamma di appellativi e nomignoli dispregiativi: appestato, batrace, bombetta, maramaldo, fava, farabutto, impestato, Gran Somaro, Gran Pernacchia, merda, Fottuto di Predappio, Provolone, Finto Cesare”.

Descrivendo il carattere degli italiani, sottomessi al delirio narcisistico del Duce, Gadda – osserva giustamente Marcella Rizzo- scrive un atto tardivo di accusa, che nello stesso tempo è un’autoaccusa, cioè la denuncia della deriva cui la retorica, la manipolazione, l’idolatria perversa possono ridurre un popolo e una nazione.

A tale proposito precisa Marcella Rizzo: “Spinto dal bisogno di comprendere il Fascismo al di là delle interpretazioni storiche, sociologiche e politiche, che solo in parte riescono a cogliere l’interna dinamica distruttiva ed autodistruttiva, Gadda punta la sua attenzione sulle forme della comunicazione pubblica in cui il regime si espresse (a partire dalle “adunate oceaniche” e dal dialogo diretto tra il leader e il suo popolo) nonché sulla teatralità dei gesti del Duce che comunicava con la folla non tanto e non solo con frasi fatte, formule vuote, tirate retoriche, ma con una gestualità e una fisicità allusive, dalla frequente protrusione delle labbra, agli slanci con cui si ergeva in avanti sul balcone, al dondolamento dei fianchi ottenuto col levarsi sulla punta dei piedi che suscitavano gli ululati ritmicamente scanditi della moltitudine stipata in piazza, quasi in un delirio amoroso”

Di colassù i berci, i grugniti, lo strabuzzar d’occhi e le levate di ceffo d’una tracotanza priapesca: dopo la esibizione del dittatorio mento e del ventre, dopo lo sporgimento di quel suo prolassato e in cinturato ventrone, dopo il dondolamento, in sui tacchi, e ginocchi, di quel culone suo goffo e inappetibile a chicchessia, ecco ecco ecco eja eja eja”

Il regista Ettore Scola

Nessun dubbio, quindi, specie su una personalità come quella di Gadda, timida, introversa e atrabiliare, persa nelle sue nevrosi, che la delusione e il tradimento degli ideali giovanili siano presenti come fonte di ispirazione del libello, non esclusa la nota misoginia. Qui si apre un capitolo interessante e scivoloso per Gadda. L’avversione per le donne porta Gadda a individuare nel sesso debole la parte che più aveva ceduto alle lusinghe del priapesco Duce, assecondando l’idea -scrive Marcella Rizzo contestualizzando- di coloro che asserivano che “il fascismo andava spiegato, tra l’altro, con la passione delle donne per il corpo del Duce”. Insomma siamo alla misoginia elevata a ragione storica. Ben diversamente, nella realtà quotidiana, legge il ruolo delle donne Ettore Scola, tratteggiando magistralmente la figura di Antonietta, madre di sei figli nel suo film Una giornata particolare. 

Ma scrive ancora Marcella Rizzo: “ Se i maschi italiani… vedevano nel Duce un alter ego, le donne avevano scoperto una passione inestinguibile; tutte, indistintamente, avevano vissuto nella speranza di sperimentare la leggendaria virilità di Mussolini.”

La locandina di Una giornata particolare

“Pronte e spedite in gridi, venuti di vulva, a sospingere ‘l sangue loro fraterno o filiale e la mortuaria medaglia o quel muto e disarcionato cadavero di cane loro debbendo porgerlo al Kuce, e alla gloria e a le balconali vartardige del Predappiofava, a i’ Kuce grasso e Culone in Cavallo; e appiattato Scacarcione a dugento miglia da battaglia co’ sua cocchi, e co’ l’ulcera pestiferata sua”

L’incipit del commento di Marcella Rizzo è il seguente: “Ci sono libri che hanno un effetto deflagrante per temi, ricerca e innovazione linguistica. Eros e Priapo è uno di questi”.

Effetto che forse il libro avrebbe avuto, se non fosse stato pubblicato così lontano da quegli anni terribili. Già il giorno dopo della caduta del Duce, i 40 milioni di fascisti italiani avevano dimenticato di esserlo stati. Rimosso il peccato nessuno ama che esso gli venga riproposto, neppure sotto forma di satira. Ai nostri giorni, morti i protagonisti sopravvissuti, il Fascismo è sempre più un fatto di folclore, annegato fra gadget e marcette d’Oltremare. Fra qualche anno, il Ventennio finirà dimenticato in qualche polveroso libro di storia, alle cui pagine l’insegnante arriverà frettolosamene. Nel XXI secolo di Mussolini rimarrà solo il busto, magari come grottesco portalampada.

Il saggio integrale di Marcella Rizzo è disponibile all’indirizzo www.liceobanzi.gov.it

Le parti in corsivo sono citazioni di brani tratti dal libro di Gadda.

Segue un video con una celebre scena del film di Scola

https://www.youtube.com/watch?v=X1sjuGWH-sI&t=151s

 

 

I veri scrittori

I veri scrittori

Carlo Emilio Gadda

Carlo Emilio Gadda

I veri scrittori sanno riconsegnarci le parole non come “riconoscimento”, ma come “visione”.

Questa frase è stata scritta da Aldo Grasso, giornalista e critico televisivo,  in un articolo di feroce commento dell‘ultima performance televisiva di Roberto Saviano. Commento che condivido, ma non voglio qui parlare di eloqui o sproloqui, ma del mestiere di scrivere e di che cosa distingue uno scrittore vero da un assemblatore di parole.

Prescindo dal fatto che uno “abbia qualcosa da dire”, perché lo do come il naturale presupposto del “ben detto”, anche se esempi contrari sono ormai una folla, davanti ai quali rimango incredulo e mi domando: ma cosa mai può spingere uno a scrivere (che costa fatica!) se non ha nulla da dire? Risposta impossibile che si inabissa nei meandri della psiche, a meno che non ti chiami Luciana Littizzetto, Alex Del Piero,  o come altra scosciata  velina o sportivo di turno, perché in questo caso il gretto movente venale è addirittura sfacciato.

Il tragitto dai campi sportivi, dai  talk show televisivi, dagli scranni del Parlamento, dalle scene del delitto, dalle ruberie e dagli scandali sessuali al libro, è oramai una linea retta e una predestinazione editoriale.

Non è un caso, ma la tristissima realtà, che il libro più venduto nel caravanserraglio del Salone del Libro di Torino del 2014, venghino signori, venghino, è stato di Del Piero, centravanti della Juve; ciò ha suscitato le ire del togato figlio del giovane Holden,  Alessandro, che ha borbottato: è come se io mi mettessi la maglia del numero 10 e fossi osannato calciatore. Bravo, bene, bis! Caro Baricco, chi di spada ferisce di spada perisce!

Ma si diceva riconsegnare le parole, che non possono che essere quelle inevitabilmente consunte dall’uso, secondo un lessico corrente, ne bastano un migliaio per scrivere un romanzo, un po’ come le 7 note per scrivere una sinfonia.

Manganelli

Giorgio Manganelli con Elsa Morante da giovane

Certo, posso essere come Gadda o Manganelli e resuscitare dalle catacombe le parole più desuete, ma non per questo meno polverose, anzi.

Allora la funzione di “riconsegnare”  un grumo di parole ben disposte sulla pagina, parole familiari, e perciò stesso riconoscibili, ma che nello steso tempo siano come trasfigurate, non è facile.

A da dove passa questa trasfigurazione vista come anticamera della “visione”? Il parallelo con la musica mi aiuta. Come nella tonalità armonica e nel succedersi melodico, ciò che conta è la sequenza di apparizione, il reciproco legame e la piena rispondenza fra significante e significato; più semplicemente fra parola e insieme deve formarsi una eco espressiva in grado di illuminare le parole sottraendole alla genericità e all’oblio. Quando questa riesce allora le parole mutano di senso, hanno una loro vita autonoma e il racconto si allontana dall’atto dello scrivere per diventare atto creativo e fondativo, pronto a ricevere la “visione” vivificante di chi legge, che lo fa con la trepidazione della scoperta, come se fosse per la prima volta.

In una parola è l’ispirazione e un poco di mestiere che fanno la differenza e poi la fortuna di non essere troppo in anticipo sui tempi.

Gadda e Céline, due funamboli della parola

Gadda e Céline, due funamboli della parola

Carlo Emilio Gadda

Carlo Emilio Gadda

Mi è capitato in mano Accoppiamenti giudiziosi, un libro di Carlo Emilio Gadda che raccoglie racconti scritti fra il 1924 e il ’58 e pubblicati in Italia nel 1963.

E’ inutile che sottolinei  l’inesauribile invenzione linguistica e la graffiante ironia che rendono queste pagine memorabili.  L’umore che ne esce, il sapore finale che persiste nella mente come il profumo di certi vini di pregio ricordano alcune pagine di Céline, un altro fantastico inventore della lingua scritta.

Non so se i due abbiano avuto modo di leggersi, erano coetanei, Gadda nato il 1893 e Céline il 1894, ma le loro parabole furono così diverse che forse uno ignorava dell’altro.  Poi ci furono di mezzo ben due guerre.

Eppure, punti di contatto se non di affinità si possono riscontrare, ad esempio  l’uso dei tre punti sospensivi. Per Gadda, i puntini sono la sospensione del discorso per dare alla pagina un andamento discorsivo, più vicino alla lingua parlata; altre volte sono spazi riempiti di silenzio eloquente, di sottointesi, di allusioni.

 

Ferdinand Céline

Ferdinand Céline

Per Céline, i puntini rappresentano, come pure scrisse, le traversine dei binari sui quali fare scorrere il treno delle emozioni del linguaggio parlato attraverso quello scritto.

Non siamo solo di fronte a un indugio sospensivo, ad una ripresa di fiato; lo spazio segnato di puntini non è solo più temporale, ma concettuale. L’inudibile, l’indicibile, l’incomprensibile trovano modo di stiparsi in quello spazio, urtandosi e soffocandosi,  simili a folla chiassosa, irrequieta, mutevole, capricciosa.

Uno spazio che fa da eco, che diluisce e prolunga, spesso distorce, impressioni e sentimenti.

E’ lo spazio dell’accusa non formulata, del giudizio non pronunciato, ove le cose dimenticate o abbandonate rispuntano come rimorsi. Uno spazio in cui Céline trova un impossibile rifugio, una tregua che gli permette di scrivere, fra una febbre dell’anima  e l’altra.

Chissà se fra la minuta, ariosa e curatissima prosa di Gadda, nutrita di barocchismi smaglianti, e quella di Céline, spezzata, sincopata, stropicciata, ma viva come un risentimento doloroso, non vi siano altri punti di disturbato contatto.

 

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