Fuochi d’artificio

Fuochi d’artificio

Fernanda Pivano con Kerouak

Fernanda Pivano con Kerouak

Mi sono accorto che da qualche tempo le mie letture si sono via via spostate verso autori della seconda metà’ del secolo scorso, in quegli anni che hanno coinciso con la mia formazione di adolescente e poi di giovane adulto. E’ una maniera per rivivere le esperienze personali, ma anche per capire cosa è rimasto di valido in quelle idee di allora.

Trovo, ad esempio, nelle Memorie di Fernanda Pivano scene e episodi oppure considerazioni sue o da lei riferite che confermano quanto capriccioso e superficiale sia il giudizio che diamo delle cose che accadono attorno a noi.

Le mode ideologiche e i paraventi di classe sono stampelle interpretative di assai dubbia solidità’, anzi sono spesso la strada certa per giudizi sommari e inconsistenti.

Porto l’esempio del giudizio, ricordato dalla Pivano ( e certo da lei condiviso), espresso da Bob Dylan in una intervista del 21 giugno de l1984 sulla politica in generale e, in particolare, su Reagan.

“Il diavolo, la politica è il diavolo, uno strumento del diavolo. Credo che sia ciò che uccide, non porta con s’è mai niente di vivo. La politica è corrotta, lo sanno tutti.”

Susanna Sontag, Gregory Corso, ritenevano, come molti degli intellettuali di allora secondo un cliché in voga fra i radical- yuppie, il governo Reagan come pericoloso, verso il quale occorreva fare qualcosa!

Fernanda Pivano con Fabrizio De Andrè

Fernanda Pivano con Fabrizio De Andrè

 

In realtà, gli artisti a cavallo fra anni 60-80, genericamente compresi nella beat generation, fatta esclusione per chi si è bruciato con la droga o l’alcool per intrinseca debolezza, hanno avuto comportamenti quotidiani assai borghesi, e scelte di perfetta integrazione con la classe dominante e l’establishment..

Anche per questo la letteratura di allora, così altalenante fra sogni psichedelici e realtà disperante, sembra avere oggi perso molto del suo appeal.

Certo, rimarrà qualcosa, anche per la generosa attività di diffusione nella quale la Pivano si è prodigata per tutta la vita.

La Pivano finì per sposare un credo poetico distruttivo e disperato che però non fu mai realmente suo, lei moglie borghese, tradita e separata, allieva di Pavese, compagna di classe di Primo Levi nel mitico liceo D’Azeglio di Torino, azionista timida, innamorata dell’America come forse un critico obiettivo non dovrebbe essere.

Il credo è quello che Kerouac riassume meglio di altri nel suo Sulla strada:

“L’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi di parlare, pazzi di essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi artificiali che esplodono attraverso le stelle”. La vita come un bel fuoco di artificio: c’è tanta tristezza in questa immagine, ma quanta verità?

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